Pizzo Ricuca (2279 m)
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Dopo aver avuto un primo assaggio delle bellezze che le vette della Riviera celano, accolgo volentieri l’esortazione di ale84 ("quasi un mandato”... :-) ...) a visitarne un’altra, facente parte della “formidabile tetrade” brenniana, che comprende, oltre alla cima odierna e a quella linkata all’inizio, anche la Cima di Negrös e la Cima d’Aspra (da quest’ultima mi terrei per il momento lontano, per via dei frequenti movimenti della frana del Valegion; già con la salita da Moleno alla Cima di Visghéd ci sono andato abbastanza vicino…). Esistono varie alternative per la salita al Pizzo Ricuca: alla fine scelgo quella che sulla carta sembrerebbe la più diretta.
Il richiamo della CNS è irresistibile, e poco importa che i sentieri ufficiali coprano solo la primissima parte del tragitto: un sentiero selvaggio ha sempre in serbo la sua buona dose di fascino, basta affrontarlo con rispetto e pazienza. E le sorprese non mancano mai, come vedremo!
Parto dunque dal Bacino della Val d’Ambra (Baséria, 616 m) sotto lo sguardo di un capriolo ed in breve sono al bivio per il sentiero della destra orografica del Rierna. Salgo a sinistra sul sentiero che è attualmente in rifacimento (con una bella macchina operatrice piantata lì in mezzo) e raggiungo prima Badresc (853 m) e poi Monda (892 m). Qui abbandono il sentiero ufficiale segnato in bianco-rosso e salgo in direzione SSE oltre l’ultimo rustico su una traccia inizialmente segnata con dei paletti giallo-neri, poi con dei paracarri bianchi e neri (quelli che delimitano la carreggiata stradale) e successivamente con dei bolli arancioni abbastanza frequenti. Questo sentiero porta a Laghetto, 1087 m (o nei suoi pressi: infatti solo al ritorno vedrò il laghetto che dà il nome al luogo) e successivamente, attraverso un bosco a tratti molto cupo (faggi con sporadiche colonie di abeti e tassi estremamente fitti) a Sprüch (1348 m) ed infine a Malsegro (1513 m), punto chiave di giornata. Il sentiero da Monda a Malsegro è inequivocabile: non così da qui in avanti. Il mio obiettivo è di raggiungere l’Alpe Pianazzòra. Evito il primo errore non imboccando la traccia che scende verso il Rifugio Tör. Ma non il secondo: salgo così in direzione di due cisterne bianche e subito dopo, pensando di essere nel giusto, al bivio situato 50 metri più in alto prendo la traccia di sinistra. Il sentiero procede lungamente in piano, la traccia è bellissima anche se non più segnata, ma mi sarei aspettato di giungere a Pianazzòra un po’ prima… Invece ad un certo punto passo un gola ed un ponte sopra una zona franosa che dalla carta non sarebbero dovuti esistere. Arrivo in quella che giudico essere finalmente Pianazzòra, sotto lo sguardo della N del Poncione Rosso. Per farla breve, come scoprirò tra poco, sono all’Alpe Rogliei (1454 m), la gola che ho passato era la Val Rogliei e la sessantina di metri di dislivello persi sarebbero ancora il meno…: il guaio è che sono fuori strada e la perdita di tempo, come si vedrà in seguito dopo aver raggiunto Pianazzòra, è quantificabile in un’oretta abbondante (tra arrivare fin qui e risalire). L’errore si palesa subito dopo, quando nel prosieguo del sentiero incontro un cartello in legno indicante “Pianazzòra”. Archiviato l’errore salgo nel bel bosco e abbastanza brevemente raggiungo gli idilliaci pianori dell’Alpe Pianazzòra (1680 m). Il Brenna dice che si potrebbe salire “faticosamente” a Peronch e da qui in vetta: vedendo il terreno, preferisco continuare sul sentiero e raggiungere senza troppa fatica, ma con una perdita secca di 80 metri di dislivello, che il ritorno riproporrà, l’Alpe Matro Colmo (1787 m). L’idea iniziale era di raggiungere l’Alpe Stübiell e da lì la Bocchetta della Riva e poi la vetta dalla cresta SW (per evitare la neve), ma mi accorgo ben presto che da Matro Colmo “l’audace sentiero non è più chiaramente visibile” (io, almeno, non l’ho trovato). L’unica traccia visibile sale alle spalle della cascina dell’Alpe. Statuisco allora che salirò il Pizzo Ricuca in direzione W, come dice il Brenna “su di una costa cespugliosa (sentierino solo all’inizio) e poi detritica fino alla vetta”. Neve non se ne vede, a parte nella zona sommitale.
Il “sentierino della costa cespugliosa” effettivamente si perde nella successiva pietraia: io salgo per direttissima, avendo individuato un piccolo canale a sinistra di un grande blocco roccioso. L’alternativa più facile (penso, non ne sono sicuro perché non l’ho fatta) sarebbe tagliare a destra e da lì salire poi verso sinistra raggiungendo la cresta un po’ prima della vetta. In questo modo si eviterebbe la parte più rocciosa che invece ho fatto. Comunque la mia linea non si discosta troppo dalla direttissima Matro Colmo-Vetta (cresta E del Pizzo Ricuca). Arrivato alla base del blocco, lo evito salendo in un piccolo canale a sinistra (quasi verticale, ma non oltre il I°, di certo molto più semplice, ad esempio, rispetto al canale della Corona di Redòrta, e senz’altro più corto). Terminato il canale proseguo la facile arrampicata (le mani si usano, sì, ma non c’è mai bisogno di ricorrere alla forza) su traccia libera ed in breve raggiungo la vetta del Pizzo Ricuca (2279 m), dove il corredo di vetta, con buona pace di tutti, è rappresentato da una “finestra sul mondo” più un cospicuo omone in pietra sulla cima N.
Dopo pochi minuti di contemplazione (tra le altre cose, ho la Valle di Bri ai miei piedi, e con questo ho detto tutto!!!) vengo raggiunto da un’altra persona, che scoprirò poi chiamarsi Hans, essere molto esperto dei luoghi in quanto possessore di una cascina a Monda, ed essere originario del Canton Svitto, nonché ex-docente di biologia alle scuole medie. Da qui in avanti ci terremo compagnia fino a fine gita. Condivido con lui la birra di vetta (una Spaten, non la Falken Eidgenoss ritratta in foto) ed altre cibarie in reciproco scambio. Lui dice di essere salito da Peronch e successivamente dal versante NE, che definisce “duro” e “difficile”. Ci accordiamo per una discesa dal versante E, cioè da dove sono salito io. Dopo un’ora di permanenza in vetta scendiamo: prima in linea diretta per superare lo scoglio più arduo, poi lui opta per un passaggio sullo spigolo SE, quasi a picco sul baratro; successivamente pieghiamo nuovamente verso NE (io un po’ troppo, infatti mi “infogno” negli ontani, più alti di me) e riguadagnato il sentierino dell’andata raggiungiamo l’Alpe Matro Colmo. Hans mi dice che il sentiero che raggiunge l’Alpe Stübiell parte una ventina di metri sotto il prato. Ne prendo atto, e ripartiamo per Pianazzòra. Qui prendiamo il sentiero corretto (quello che avrei dovuto prendere io al mattino) e diretto per Malsegro. Arrivati poco sopra Malsegro, al bivio che ho “bucato”, mi accorgo che ci sono due abeti, con parte della corteccia abrasa, uno con una freccia a destra ed una “P” (Pianazzòra) e l’altro con una freccia a sinistra ed una “R” (Rogliei), comunque rese quasi invisibili dalle abbondanti colate di resina. Questo era il punto chiave per non sbagliare sentiero, e naturalmente al mattino non me ne sono accorto.
Proseguiamo ora sulla via proposta da Hans, cioè verso il Rifugio Tör (1285 m), che presto raggiungiamo. Uno sguardo all’interno (chiavi appese vicino alla porta) mi fa capire quanto sia curato, pulito ed in ordine: un bel lavoro da parte del Patriziato di Iragna. Da qui partirebbe il sentiero ufficiale bianco-rosso del CAS, ma Hans mi propone una traccia di cacciatori che dal Rif. Tör porta direttamente a Laghetto (non appare sulle carte, ma la traccia è abbastanza visibile, e nei punti più dubbiosi qualche ometto aiuta a prendere la direzione corretta). A Laghetto evitiamo il sentiero da me percorso al mattino e seguiamo una debole traccia (che lui conosce bene, ma che io stavolta non consiglierei, troppo labile) che, aggirando dei grossi salti di roccia riporta sull’ultimo tratto di sentiero ufficiale che conduce a Monda. Qui Hans mi invita alla sua cascina per una birra: come rifiutare un simile invito, a suggello di una grande giornata di montagna? Da qui, in ulteriori 20 minuti raggiungo l’auto e la fontanella di Baséria.
La via che ho seguito per il Ricuca non è certo l’unica: mi é sembrata comunque la meno complicata, anche se non mi sentirei affatto di classificarla “per famiglie”. In particolare, la “direttissima E” per la vetta va percorsa solo in assenza di pioggia ed umidità (la paglia della zona sommitale è infida già da secca, figuriamoci con l’umido).
Dai tempi totali si può tranquillamente togliere un’ora all’andata (a causa dell’errore di Rogliei) e limare qualcosa anche al ritorno (per via delle chiacchiere e dei sentieri dei cacciatori intrapresi).
Riconosco di essere stato un po’ prolisso, ma mi premeva indicare i dettagli “minimi” per chi volesse intraprendere l’ascensione al Pizzo Ricuca senza perdere troppo tempo alla ricerca della traccia “perduta”. Buona ascensione a tutti!
Tempo totale: 9 ore e 45’. Dettaglio:
Baséria – Rogliei – Pianazzòra: 3 ore e 40’
Pianazzòra – Pizzo Ricuca (dal versante E): 2 ore e 20’
Pizzo Ricuca – Alpe Matro Colmo: 45’
Alpe Matro Colmo – Baséria: 3 ore

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