Mont Avic 3006 m in traversata
|
||||||||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Un'altra pazza idea di Sam che preso un giorno di ferie ( visto il weekend di maltempo ) mi contatta poche ore prima. Conoscendolo sarebbe andato anche in solitaria. Poi un 3000 del genere non pensavo fosse fattibile in questa stagione.
Risalita la Valle di Champdepraz, lasciamo l'auto in località Veulla, risaliamo lungo la stradina di fondovalle fino alla località Magazzino 1453 (segnavia 6), qui sempre verso il Lago Gelato o Gelè su bella mulattiera in un bel bosco misto di Pini Uncinati e Mughi, si arriva in terreno aperto, e a quota 2440 circa si vede sulla destra una pietraia che risale fino a un orrido canalone: è la nostra via. Nel conoide della pietraia si cerca di individuare gli ometti, oppure si punta al canalone verso nord. La via si infila proprio dentro il canale, ma dopo qualche decina di metri +, bisogna uscire sul costone a destra, ma non è facile capire il momento esatto dell'uscita. Una volta sul costone lo si risale senza particolare difficoltà fino ad arrivare al ripiano superiore dove c'è anche un laghetto 2700 m. Ora che la via è evidente qualcuna ha iniziato a tracciare con vernice, a 2730 c'è una scritta grande 2 metri e poi numerosi bolli su facile pietraia che porta all'evidente intaglio (2940) tra la cima e la sua anticima ovest. Ma quando veramente i segni servono essi spariscono del tutto. Infatti dall'intaglio bisogna svoltare a destra per cenge e rocce con passaggi di secondo grado, un aggiramento a sinistra ( nord ) presenta neve ghiacciata. Infine si arriva alla vetta del Mont d'Avic 3006 m e alla sua madonnina. La disarrampicata al ritorno può dare problemi e noi avevamo anche la corda ma una coppia di ragazzi del luogo ci parla della "tranquilla Cresta Nord". Peccato che sia già fine ottobre.
Iniziamo allora la discesa del versante nord. Il primo piccolo tratto e sulla costa verso est ( senza neve ). Poi si comincia a scendere a nord si cerca di evitare la neve ghiacciata e si arriva a una corda d'acciaio, più sotto ancora uno spezzone malandato di corda in nylon e un altro cavetto aiutano nella progressione, altrimenti molto pericolosa visto la veste invernale della montagna da questo lato. Tutto sommato non si va oltre il primo grado, e infine arriviamo sulla facile pietraia ( c'è ancora neve ). Poi sui 2700m , prima del Col Varotta pieghiamo a destra ( est ) da qui non c'è più neve, la pietraia a massi grossi mette a dura prova le caviglie e la protesi di Sam, alla fine sui 2300 metri di quota sbuchiamo su un vero sentiero: è il n.7 che scende dal Col Varotta. Con questo giù rapidamente a Fiè 2100 ( ruderi ) e al bell'alpeggio di Prà Orsiè 1794, più giù si riattraversa la gora in metallo ( canale per l'acqua ) e si scende sulla strada sterrata quasi al villaggio di Veulla.
Risalita la Valle di Champdepraz, lasciamo l'auto in località Veulla, risaliamo lungo la stradina di fondovalle fino alla località Magazzino 1453 (segnavia 6), qui sempre verso il Lago Gelato o Gelè su bella mulattiera in un bel bosco misto di Pini Uncinati e Mughi, si arriva in terreno aperto, e a quota 2440 circa si vede sulla destra una pietraia che risale fino a un orrido canalone: è la nostra via. Nel conoide della pietraia si cerca di individuare gli ometti, oppure si punta al canalone verso nord. La via si infila proprio dentro il canale, ma dopo qualche decina di metri +, bisogna uscire sul costone a destra, ma non è facile capire il momento esatto dell'uscita. Una volta sul costone lo si risale senza particolare difficoltà fino ad arrivare al ripiano superiore dove c'è anche un laghetto 2700 m. Ora che la via è evidente qualcuna ha iniziato a tracciare con vernice, a 2730 c'è una scritta grande 2 metri e poi numerosi bolli su facile pietraia che porta all'evidente intaglio (2940) tra la cima e la sua anticima ovest. Ma quando veramente i segni servono essi spariscono del tutto. Infatti dall'intaglio bisogna svoltare a destra per cenge e rocce con passaggi di secondo grado, un aggiramento a sinistra ( nord ) presenta neve ghiacciata. Infine si arriva alla vetta del Mont d'Avic 3006 m e alla sua madonnina. La disarrampicata al ritorno può dare problemi e noi avevamo anche la corda ma una coppia di ragazzi del luogo ci parla della "tranquilla Cresta Nord". Peccato che sia già fine ottobre.
Iniziamo allora la discesa del versante nord. Il primo piccolo tratto e sulla costa verso est ( senza neve ). Poi si comincia a scendere a nord si cerca di evitare la neve ghiacciata e si arriva a una corda d'acciaio, più sotto ancora uno spezzone malandato di corda in nylon e un altro cavetto aiutano nella progressione, altrimenti molto pericolosa visto la veste invernale della montagna da questo lato. Tutto sommato non si va oltre il primo grado, e infine arriviamo sulla facile pietraia ( c'è ancora neve ). Poi sui 2700m , prima del Col Varotta pieghiamo a destra ( est ) da qui non c'è più neve, la pietraia a massi grossi mette a dura prova le caviglie e la protesi di Sam, alla fine sui 2300 metri di quota sbuchiamo su un vero sentiero: è il n.7 che scende dal Col Varotta. Con questo giù rapidamente a Fiè 2100 ( ruderi ) e al bell'alpeggio di Prà Orsiè 1794, più giù si riattraversa la gora in metallo ( canale per l'acqua ) e si scende sulla strada sterrata quasi al villaggio di Veulla.
Tourengänger:
Antonio59 !,
Sam61


Communities: Hikr in italiano, Alpinismo Cabaret!
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (5)