Piccole Dolomiti Bresciane. Monte Paghera e Croce del Minatore.
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Nelle mie intenzioni, questo doveva essere un giro tranquillo, di quelli defaticanti, perché l’acido lattico accumulato il giorno prima, intorpidisce ancora i muscoli e grandi sbattimenti, nada de nada, meglio evitarli. Ma si sa, quando si va alla ricerca di posti nuovi, tutto può succedere.
Non sono molto bravo a farla breve, chi legge le mie relazioni lo sa benissimo, ma in questa descrizione del percorso effettuato, il punto cruciale sarà la chiarezza delle informazioni, e non perché vi sto mandando in culo ai (poveri) Lupi, ma perché su questi sentieri, la segnaletica a volte lascia a desiderare.
Lasciata l’auto nel piccolo parcheggio della Chiesa di S. Petronilla, trovo subito due indicazioni: A destra si va verso il Monte Censo /M. Baremone, mentre il sentiero che dovrebbe portarmi al Monte Paghera, lo trovo sulla sinistra dopo aver attraversato la strada asfaltata. Palina + bollatura Cai su un cippo.
Il sentiero sembra invitante, la bollatura è evidente , ed in alcuni casi tutto questo fiorire di colori bianco/rossi, sembra creare più danni che aiuto. Lo dico perché io ho perso un tot di tempo alla ricerca del “ponte perduto”…
Comunque, dopo aver perso un po’ di quota, trovate una sorta di bivio, tenete sempre la destra, risalite il Torrente Re sino a quando lo costeggiate, seguite la traccia nella radura, e quasi come d’incanto vi trovate in prossimità dell’infame ponticello (foto1).
Attraversato il torrente, il sentiero si inerpica in maniera decisa, si costeggia un tratto (corto) molto esposto e da evitare quando è piovuto di recente, e tempo 5 minuti la traccia di sentiero comincia a prendere una larghezza più sicura, mentre la pendenza è sempre sostenuta.
Si prosegue il cammino risalendo una selvaggia vallata, e aiutato da diversi tornanti, giungo ad un bivio dopo aver tribulato non poco. Sul tronco di un’albero, fa bella mostra di se un cartello con la scritta Croce del Minatore, svolto a sinistra come da indicazioni, e tempo qualche minuto, dopo aver passato un breve crinale, mi ritrovo sull’esposto belvedere dove è posta la Croce. Il mio consiglio è quello di non distrarvi troppo. Foto e via…
Col senno di poi, qua posso darvi due indicazioni che ognuno può sfruttare come meglio crede; visto che la prossima meta è il M. Paghera, il sentiero meno rischioso è quello fatto all’andata, cioè dalla Croce, ci si riporta in prossimità del cartello posto sulla pianta e poi svoltate a sinistra sino a giungere ad un soprastante trivio, da qua, seguite la doppia traccia che porta al M. Paghera. Bollatura bianco/rossa + Bianco/azzurra. A me è venuta la malsana idea di seguire la flebile traccia collocata sull’esposto ripido crinale, mi sono fatto largo tra i rami che ostruivano il passaggio, e giunto in prossimità di una piccola colma boschiva, ho lasciato sulla destra il famoso trivio, e seguendo una flebile traccia sulla sinistra, facendo pochi passi mi sono portato sulla Cima sconosciuta, dove la vista sul lago è di tutto rispetto. Da qua, sempre in crinale sono arrivato al Monte Paghera dove c’è un piccolo spiazzo con una palina con scritto Spini (?) su campo bianco/ azzurro.
Dopo qualche foto, e visto che la fame non mordeva ancora lo stomaco, sono ritornato sui miei passi sino a giungere al Trivio, e seguendo le indicazioni (435), mi sono gustato il bellissimo sentiero sino a giungere al Passo di Cocca Bassa, dove mi sono fermato a pranzare (foto 16). Il sole è veramente caldo, non c’è anima viva, e io mi rifaccio gli occhi ammirando le montagne circostanti.
Non sapendo bene dove si va a parere calpestando questi nuovi sentieri , mi sono concesso solo una mezz’oretta di pausa, poi come da indicazioni, mi sono incamminato verso Tese di Sotto (435). Questo è un bellissimo sentiero, e a parte qualche deviazione ingannevole (seguite bene la fitta bollatura), ci si ritrova a Tese dopo 30 minuti di comodo andazzo, attraversando con piacevole sorpresa una zona total wild.
Ma a Tese viene il bello…. Sbucato fuori dalla radura, il sentiero termina nel greto del Torrente Re, la bollatura sparisce tra la vegetazione e solo l’istinto e il senso dell’orientamento di chi va per monti, aiuta a ritornare verso S. Petronilla. Perché dico questo? Perché molto probabilmente una grossa frana si è mangiata una buona parte della mulattiera, e come dicevo prima, solo la capacità di lettura dei luoghi montani aiuta a trovare la strada giusta. Anche qua, posso darvi la dritta giusta… visto che io ho ravanato nell’alveo come un Criceto dentro una merdosa gabbia.
Seguite in discesa il torrente rimanendo sulla sponda destra, giungete nei pressi di una baita diroccata mantenendovi nell’alveo (foto 21), e passate abbastanza agevolmente la cascata artificiale sino a giungere ad un grande spazio sottostante, attraversate il torrente spostandovi sul lato sinistro, ed in prossimità della seconda baita diroccata, prendete la strada sterrata che risale in moderata pendenza, dopo aver scavalcato la sbarra, la bollatura bianco/rossa posta sul guard rail vi riporta a S. Petronilla in pochi minuti… e fanculo a chi ha la gestione di questo sentiero!!! Due righe per avvisare della frana, no???
Nota 1): Giro divertente che attraversa zone selvagge a quattro passi dalla civiltà, i sentieri sono ben segnati, ma ci vorrebbe qualche palina in più per aiutare l’orientamento generale… tutto sommato però, con un po’ di attenzione ce la si può cavare. D’altro posso solo aggiungere che questo giro è abbastanza sconsigliato a chi soffre di vertigini, ed il passo sicuro è obbligatorio.
Nota 2) Cose a caso & Dilemmi della vita:
Così disse “Quelo”: Se è Verdini…Denis, Se è Tony…Renis, Se è Induratio…Penis!
Politici ipocriti: Tutti contro la prostituzione, poi però ci si affida ad una Troika…
Novità: Tra poco usciranno le nuove cartine Kompass, quelle vecchie si sono perse!
Verità nascoste: E’ vero che sui Sette Colli si può incontrare Dracula?
Nota 3): Anche su questo giro , il nostro Eric vuol dire la sua…
RISCHIO.
Io prendo il mio sentiero e me ne infischio,
ma dietro quel traverso vedo un teschio,
e allora riflettendo io cincischio.
Ma Rischio,
attraggo l’attenzione e faccio un fischio,
ma intorno a quella pianta vedo il vischio,
ed evito la folla e non mi mischio.
Ma Rischio,
arrivo sulla cima è c’è nevischio,
mi butto giù per terra in mezzo al muschio,
sperando si trasformi in un piovischio.
E dopo tutto questo basilischio, in fondo mi domando: ma perché cazzo Rischio?
A La Prochaine! Menek und Olmo.

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