Poncione del Vènn (2477m)
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Preferirei davvero non essere, oggi e in questo momento (sono più o meno le 1600), già qui al computer a preparare la relazione di questa bella gita, ma ormai si sa: al fato (e alla sfiga) non si comanda!
L'idea era di concedersi una "due giorni" di puro piacere verzaschese: 1° giorno: salita al Poncione del Vènn, e pernottamento alla Capanna Conavòsa; 2° giorno: salita al Poncione Rosso, e rientro a Lavertezzo passando dal Rifugio Alpe Fümegna.
Ci è venuto a mancare l'intero programma del secondo giorno, e quindi eccomi qui a scrivere, mentre fuori splende il sole...
In ogni caso, ecco qui il resoconto di ieri.
Siccome il programma prevede pernottamento in capanna, ci concediamo il lusso di partire solo alle 0900 da Pian Vaccaresc, sopra Lavertezzo. In assoluta tranquillità raggiungiamo la Capanna Cornavòsa in tre orette e mezzo, e per la descrizione di questo itinerario rimando a questa relazione di
Ale84 (invece che alla mia, che avvenne in condizioni più o meno ancora invernali).
Pranziamo, ci rilassiamo un po' e soprattutto ci liberiamo del peso inutile, che può aspettarci lì in capanna... ("inutile" ai fini di una salita di piacere su una vetta, ma non sicuramente se prevede qualche buon chilo di libagioni per il nostro soggiorno!).
La signora responsabile della capanna (da me contattata prima di partire) m'informa che il Poncione del Vènn è raggiungibile in un'ora e mezzo partendo dalla capanna, e, come si vedrà, si può dire che aveva davvero ragione.
Partiamo quindi alleggeriti e rifocillati, e seguiamo l'evidentissima traccia bianco-blu-bianco pensata soprattutto per chi giunge in senso inverso, arrivando dalla Capanna Borgna, per esempio effettuando la seconda tappa della VAV. In un'oretta e un quarto circa, e dopo aver sorpassato qualche tenace lingua di neve ci troviamo ad ammirare lo splendido panorama offerto dalla Bocchetta del Vènn. Sappiamo che da qui non dovremo fare altro che salire sulla cresta del Poncione del Vènn e di raggiungerne la vetta che si trova a Est rispetto a dove ci troviamo. Spendo volentieri qualche parola su questa bocchetta: trattasi di un ampissimo spazio erboso e pianeggiante, che già da solo vale l'ascesa odierna. Attacchiamo quindi la cresta, e la seguiamo facilmente, anche perché guidati dai sempre ben visibili segnali BBB. Ci sono un paio di punti, in questa cresta, che richiedono un po' di forza di braccia e poche vertigini, ma si può affermare che sono davvero solo due, a cui consiglierei di prestare particolare attenzione (soprattutto al primo): il resto della cresta è percorrevolissimo e appagante: ci troviamo a cavallo tra le parti terminali della Val Pincascia e la Val Carecchio. Più o meno in una ventina di minuti si giunge in vetta, e il premio è garantito: la vista che si ha da lassù è impagabile, e sorprende come questa cima non sia tra quelle gettonate. Guardiamo estasiati il Poncione Rosso, e ci fa strano sapere che domani saremo lassù (e invece sono qui a scrivere...). Guardiamo le mille altre vette e creste, e tra queste non possiamo che restare a bocca aperta osservando quella che ci separa dalla Cima di Precastello: la Bocchetta di Precastello.
Foto, veloce appunto sul libro di vetta (che testimonia la scarsa frequentazione di questa cima: la prima iscrizione sul quadernetto (pieno a metà, più o meno) risale al '91!), e ritorno sui nostri passi. E poi... poi... beh, è facile che l'entusiasmo porti a distrarsi un attimo, e in quello che davvero è un attimo inciampo malamente e il mio piede sinistro rimane come affrancato tra due sassi, o che ne so io. Risultato, una caviglia che comincia a far male, ma male davvero!
Riusciamo - quindi a passo rallentato - a rientrare in capanna, dove dopo la doccia e la doverosa birretta ci concediamo una cena da signori. La caviglia duole meno, ma zoppico. Comincio a pensare che domani potremmo avere qualche sorpresa, ma intanto voglio godermi la serata. In compagnia di due altri escursionisti germanici e della coppia di capannari restiamo alzati fino alle 2200 circa, e ci ritiriamo. Passo una notte d'inferno, e la caviglia si gonfia e m'impedisce assolutamente di appoggiare anche solo leggermente il piede. È la una e mezzo di notte, e l'idea di disturbare la REGA comincia a farsi strada: tornare in queste condizioni è impossibile. Alle 0530 mi sveglio e miracolosamente ora riesco a deambulare, sebbene - almeno per me - camminare significhi ben altro. Decidiamo di partire in direzione del bivio poco più sotto, e di vedere come reagisce il mio piede... beh, che dire, ha ripreso a fare male, e annuncio ai miei compagni di gita che intendo scendere da dove siamo saliti, e di rimandare il Poncione Rosso a un'altra volta: decisione condivisa e dolorosa (in tutti i sensi). Intendo inoltre chiamare la REGA, perché so che mi aspettano circa otto chilometri fino alla macchina, di cui due abbondanti con una notevole pendenza: ogni passo significa caricare i miei 70kg sul piede, e la cosa mi sembra inimmaginabile. (Interrompo brevemente per aprire una parentesi sulla telefonata alla REGA. Ho quell'applicazione, sul telefonino, che dovrebbe allertare, se attivata correttamente, chi di dovere, e mi fa strano, oggi, doverla usare, ma tant'è. Risultato: non riesco a entrare in contatto con nessuno, poiché non c'è campo: siamo in tre, ognuno ha un operatore telefonico diverso, e a nessuno riesce di fare quella benedetta chiamata. Non so, forse sono io che ho sempre pensato che la telefonata d'emergenza avrebbe seguito chissà quale "canale preferenziale", e che sarebbe arrivata sempre e comunque, ma evidentemente mi sbagliavo. Significa davvero che se non c'è campo, anche la possibilità di allertare qualcuno è preclusa? Significa davvero che allertare qualcuno è questione di fortuna? Lascio a chi legge di darmi una risposta. Non voglio essere critico, sono semplicemente curioso.) Non ricevendo risposta, non possiamo fare altro che decidere di raggiungere Pian Vaccaresc piano piano, concedendomi numerose pause.
Ci giungiamo, infine, e siamo comunque contenti di aver conquistato almeno lo splendido Vènn, e che la mia caviglia abbia retto fino a qui. Se domani farà ancora così tanto male, andrò poi a farmi vedere... ora ricorro al buon, vecchio rimedio del ghiaccio, che pare fare effetto... sperem...
(ringrazio
stellino per un paio di informazioni utili!)
L'idea era di concedersi una "due giorni" di puro piacere verzaschese: 1° giorno: salita al Poncione del Vènn, e pernottamento alla Capanna Conavòsa; 2° giorno: salita al Poncione Rosso, e rientro a Lavertezzo passando dal Rifugio Alpe Fümegna.
Ci è venuto a mancare l'intero programma del secondo giorno, e quindi eccomi qui a scrivere, mentre fuori splende il sole...
In ogni caso, ecco qui il resoconto di ieri.
Siccome il programma prevede pernottamento in capanna, ci concediamo il lusso di partire solo alle 0900 da Pian Vaccaresc, sopra Lavertezzo. In assoluta tranquillità raggiungiamo la Capanna Cornavòsa in tre orette e mezzo, e per la descrizione di questo itinerario rimando a questa relazione di

Pranziamo, ci rilassiamo un po' e soprattutto ci liberiamo del peso inutile, che può aspettarci lì in capanna... ("inutile" ai fini di una salita di piacere su una vetta, ma non sicuramente se prevede qualche buon chilo di libagioni per il nostro soggiorno!).
La signora responsabile della capanna (da me contattata prima di partire) m'informa che il Poncione del Vènn è raggiungibile in un'ora e mezzo partendo dalla capanna, e, come si vedrà, si può dire che aveva davvero ragione.
Partiamo quindi alleggeriti e rifocillati, e seguiamo l'evidentissima traccia bianco-blu-bianco pensata soprattutto per chi giunge in senso inverso, arrivando dalla Capanna Borgna, per esempio effettuando la seconda tappa della VAV. In un'oretta e un quarto circa, e dopo aver sorpassato qualche tenace lingua di neve ci troviamo ad ammirare lo splendido panorama offerto dalla Bocchetta del Vènn. Sappiamo che da qui non dovremo fare altro che salire sulla cresta del Poncione del Vènn e di raggiungerne la vetta che si trova a Est rispetto a dove ci troviamo. Spendo volentieri qualche parola su questa bocchetta: trattasi di un ampissimo spazio erboso e pianeggiante, che già da solo vale l'ascesa odierna. Attacchiamo quindi la cresta, e la seguiamo facilmente, anche perché guidati dai sempre ben visibili segnali BBB. Ci sono un paio di punti, in questa cresta, che richiedono un po' di forza di braccia e poche vertigini, ma si può affermare che sono davvero solo due, a cui consiglierei di prestare particolare attenzione (soprattutto al primo): il resto della cresta è percorrevolissimo e appagante: ci troviamo a cavallo tra le parti terminali della Val Pincascia e la Val Carecchio. Più o meno in una ventina di minuti si giunge in vetta, e il premio è garantito: la vista che si ha da lassù è impagabile, e sorprende come questa cima non sia tra quelle gettonate. Guardiamo estasiati il Poncione Rosso, e ci fa strano sapere che domani saremo lassù (e invece sono qui a scrivere...). Guardiamo le mille altre vette e creste, e tra queste non possiamo che restare a bocca aperta osservando quella che ci separa dalla Cima di Precastello: la Bocchetta di Precastello.
Foto, veloce appunto sul libro di vetta (che testimonia la scarsa frequentazione di questa cima: la prima iscrizione sul quadernetto (pieno a metà, più o meno) risale al '91!), e ritorno sui nostri passi. E poi... poi... beh, è facile che l'entusiasmo porti a distrarsi un attimo, e in quello che davvero è un attimo inciampo malamente e il mio piede sinistro rimane come affrancato tra due sassi, o che ne so io. Risultato, una caviglia che comincia a far male, ma male davvero!
Riusciamo - quindi a passo rallentato - a rientrare in capanna, dove dopo la doccia e la doverosa birretta ci concediamo una cena da signori. La caviglia duole meno, ma zoppico. Comincio a pensare che domani potremmo avere qualche sorpresa, ma intanto voglio godermi la serata. In compagnia di due altri escursionisti germanici e della coppia di capannari restiamo alzati fino alle 2200 circa, e ci ritiriamo. Passo una notte d'inferno, e la caviglia si gonfia e m'impedisce assolutamente di appoggiare anche solo leggermente il piede. È la una e mezzo di notte, e l'idea di disturbare la REGA comincia a farsi strada: tornare in queste condizioni è impossibile. Alle 0530 mi sveglio e miracolosamente ora riesco a deambulare, sebbene - almeno per me - camminare significhi ben altro. Decidiamo di partire in direzione del bivio poco più sotto, e di vedere come reagisce il mio piede... beh, che dire, ha ripreso a fare male, e annuncio ai miei compagni di gita che intendo scendere da dove siamo saliti, e di rimandare il Poncione Rosso a un'altra volta: decisione condivisa e dolorosa (in tutti i sensi). Intendo inoltre chiamare la REGA, perché so che mi aspettano circa otto chilometri fino alla macchina, di cui due abbondanti con una notevole pendenza: ogni passo significa caricare i miei 70kg sul piede, e la cosa mi sembra inimmaginabile. (Interrompo brevemente per aprire una parentesi sulla telefonata alla REGA. Ho quell'applicazione, sul telefonino, che dovrebbe allertare, se attivata correttamente, chi di dovere, e mi fa strano, oggi, doverla usare, ma tant'è. Risultato: non riesco a entrare in contatto con nessuno, poiché non c'è campo: siamo in tre, ognuno ha un operatore telefonico diverso, e a nessuno riesce di fare quella benedetta chiamata. Non so, forse sono io che ho sempre pensato che la telefonata d'emergenza avrebbe seguito chissà quale "canale preferenziale", e che sarebbe arrivata sempre e comunque, ma evidentemente mi sbagliavo. Significa davvero che se non c'è campo, anche la possibilità di allertare qualcuno è preclusa? Significa davvero che allertare qualcuno è questione di fortuna? Lascio a chi legge di darmi una risposta. Non voglio essere critico, sono semplicemente curioso.) Non ricevendo risposta, non possiamo fare altro che decidere di raggiungere Pian Vaccaresc piano piano, concedendomi numerose pause.
Ci giungiamo, infine, e siamo comunque contenti di aver conquistato almeno lo splendido Vènn, e che la mia caviglia abbia retto fino a qui. Se domani farà ancora così tanto male, andrò poi a farmi vedere... ora ricorro al buon, vecchio rimedio del ghiaccio, che pare fare effetto... sperem...
(ringrazio

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