Cima di Doia (2195 m) con cresta* bifronte – Cramalina d’Arbeia (2168 m) – Pizzo Molinera (2292 m)
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All’asterisco ci arriverò più tardi, per una volta vorrei andare con ordine. Parto dal bacino idroelettrico di Vergeletto in Valle della Camana (1060 m), e dopo aver raggiunto Fümegn (1402 m), salgo verso l’Alpe di Doia (1737 m). Nonostante l’esposizione a S, ricevo i primi raggi di sole soltanto alla Bocchetta di Doia (2054 m) (a causa della cresta N della Pianchina, che rispetto a me è a Est, zona in cui è attivo il soleggiamento del mattino), da cui senza alcun problema (T3) salgo al Cramalina d’Arbeia (2168 m). Il nome un po’ complicato di questa montagna serve per distinguerla dal più importante, vicino Pizzo Cramalina. Ridiscendo alla Bocchetta di Doia e qui ha inizio la “gattata”: vorrei raggiungere la Cima di Doia percorrendo tutta la cresta ESE, in modo da evitare i passaggi sulle placche che scendono verso S.
*: La Cima di Doia è una dentellata cresta situata tra la Bocchetta della Molinera e la Bocchetta di Doia. Vi si accede in più punti dal versante S, deviando dai sentieri di capre che corrono tra gli Alpi di Categn e di Doia al di sopra dei 1900 m (il Brenna non aggiunge altro, nemmeno il grado di difficoltà).
* Inizialmente la cresta è elementare. Con vari saliscendi raggiungo ben presto la cima ESE, quotata 2078 m, citata anche dal Brenna. Da qui il panorama sul Lago d’Alzasca è strabiliante: sembra un esagono regolare ed i suoi versanti W e S hanno una spruzzata di neve che rende il tutto ancora più idilliaco. Procedo sempre in cresta, ad un certo punto c’è una breve disarrampicata (I) da uno spuntone, ma tutto si limita ad un normale T4. Ogni tanto aggiro dei blocchi su cengette verso S. Ormai prossimo alla vetta, a non più di 30 metri in linea d’aria (misurazione a occhio ma ripetuta anche successivamente dalla parte opposta) sotto di me trovo il vuoto, un salto di almeno 20 metri. Torno un poco indietro, poi scendo sul ripido pendio erboso a fianco di alcune rocce: l’intenzione è aggirare lo spuntone e riprendere più in basso la via della cima. I pendii e tutto l’ambiente di questa zona mi ricordano la zona attorno alla Cima 2751 dello Strahlbann. Scendo un primo blocco (II) ma nulla da fare, ne passo un secondo (difficoltà equiparabile) ed arrivato sopra un alto e lungo camino intravedo un passaggio per guadagnare la base del dente finale, evitando anche le due zanne che rimarranno a fine giornata gli unici due passaggi di cresta della Cima di Doia inviolati. Qui lo zoccolo duro dell’All Free molto probabilmente passerebbe, ma io giudico questo camino un po’ troppo rischioso per la stagione: totalmente ombroso e con la parte finale non molto visibile (per cui come giudicare la difficoltà di quella parte? Globalmente siamo però probabilmente oltre il II. Magari, in salita l’avrei provato, ma così… una discesa al buio senza garanzia di buon fine…). Torno in cresta e decido che scenderò alla prima occasione buona, cioè dove le placche me lo consentiranno. Alla fine supererò completamente la zona delle placche e scenderò su di un ripido pendio erboso fino a raggiungere la zona di Soliva a circa 1900 m, dove passa il sentiero che porta all’Alpe di Categn, senza aver ri-toccato la cima 2078.
Seguo il sentiero ufficiale fin sotto la verticale della Bocchetta della Molinera, poi salgo su terreno libero incrociando per due volte una traccia. Vorrei piegare direttamente verso la vetta della Cima di Doia, ma alla fine mi ritrovo alla Bocchetta della Molinera (2153 m). Questo mi dà però l’opportunità di percorrere anche “l’altra cresta”, quella WNW. Qui le difficoltà sono minime, e un ultimo tratto di facile arrampicata (I) mi consegna l’agognata vetta principale della Cima di Doia (2195 m). Non c’è nemmeno l’ometto, in fretta e furia (è già tardi ma non vorrei rinunciare alla terza cima prevista) ne costruisco uno io, poi torno alla Bocchetta della Molinera e da lì senza difficoltà raggiungo la vetta del Pizzo Molinera (2292 m). Sorpresa: dietro l’ometto si nasconde un magnifico stambecco! Con tutta calma lo stambecco si dirige sul versante nord, ogni tanto gli scappa una zampa, e io comincio a pensare che sia zoppo. Invece, arrivato sulle placche le discende con eleganza e maestria, seppur lentamente. Ora afferro: non è malato, sente soltanto il peso degli anni! All’alba delle tre di pomeriggio mi concedo la birra di vetta e riprendo le forze con un po’ di cibo. Scendendo incrocio ancora lo stambecco che nel frattempo si è spostato a S della cima e si dirige verso la bocchetta, dove anch’io sono diretto. Lo osservo bene: non zoppica affatto, se la sta solo prendendo comoda.
Con qualche tentennamento (Alpe di Categn? No, Alpe di Doia. No, forse è meglio l’Alpe di Categn…) raggiungo l’Alpe di Categn (1874 m) ed infatti, da lì, il tratto che mi riporta a Fümegn si rivela molto breve. Da qui seguo il sentiero dell’andata ed in breve rieccomi all’auto.
Escursione stupenda, come sempre in tutti i casi in cui una cima si rivela “sudata”. Ora che l’ho fatta, sono molto contento di aver percorso quasi tutta (esclusi i due denti che anticipano la cima) la cresta della Cima di Doia compresa tra la Bocchetta di Doia e la Bocchetta della Molinera.
La stessa gita, toccando tutte le 3 cime, fatta “senza invenzioni”, cioè salendo la Cima di Doia dalla Bocchetta della Molinera si sarebbe limitata ad un T4 – I, con 1500 metri di dislivello e 6 ore e 30 di marcia.
Un grazie a Zaza e a
chaeppi per le loro relazioni sul tema, che, come spesso accade, ho letto (e apprezzato) solo al mio ritorno a casa.
Tempi di percorrenza: 9 ore. Dettaglio:
Valle della Camana – Cramalina d’Arbeia: 3 ore
Cima di Doia, cresta ESE con Cima di Doia ESE e freccia 2175: 2 ore e 30’
Soliva – Cima di Doia (vetta): 1 ora
Cima di Doia, vetta – Pizzo Molinera: 30’
Pizzo Molinera – Valle della Camana : 2 ore

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