Alnasca - Sonogno. II giorno: Capanna Efra - Sonogno, via Pizzo Cramosino e Madom Gröss
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(cf. rapporto del primo giorno)
Insomma, durante la notte mi capita di alzarmi (cf. birrette della sera prima…), e uscendo dal dormitorio vengo come schiaffeggiato dallo spettacolo di una vòlta tersissima e stellatissima. Soffia un vento forte, che ringrazio. Al nostro risveglio, alle 05.30, troviamo le condizioni che qualsiasi escursionista si augura nei suoi sogni più belli.
Colazione, caffettierona fumante, preparazione del bagaglio e, pila in mano, partiamo alle 06.30, puntando al bivio di Furnà, che raggiungiamo mezz’oretta dopo. Non c’è più bisogno di luce artificiale, dacché il sole sta cominciando a illuminare le cime di fronte a noi.
Prendiamo quindi in direzione della Capanna Cògnora, seguendo la Via Alta della Val Verzasca. La prima méta sarà il Pizzo Cramosino, che già conosciamo, ma che ci gustiamo ancor prima di raggiungere: questa volta avremo un cielo incomparabile! La salita al pizzo avviene senza problemi, e alle 09.00 (quindi due ore e mezza dopo la partenza) siamo in vetta. Il vento soffia freddo e forte, e ci tocca vestirci di conseguenza. Fa uno strano effetto essere già a quell’altezza a quell’ora del mattino, ma sappiamo che quella di oggi non sarà sicuramente una passeggiata di piacere come quella del giorno prima, e quindi è opportuno non fermarsi troppo, né perdere troppo tempo. Abbiamo inoltre in programma di prendere il bus, a Sonogno, delle 16.30, poiché quello dopo sarà solo alle 18.30… dieci ore per l’intero percorso dovrebbero bastare, ma non si sa mai!
La VAV prevede che dal Pizzo Cramosino si segua la cresta che lo collega al Madom Gröss. So che, da qualche parte, ci toccherà affrontare il famigerato Passo del Gatto, che non figura sulla CN, ma che, come scopriremo tra breve, figura eccome sotto i nostri piedi. Tale passo lo si scorge benissimo addirittura dal fondovalle: si tratta di uno spacco nella cresta, un vero e proprio taglio, profondo sì e no una trentina di metri. Dobbiamo quindi mettere via i nostri bastoni e affidarci agli appigli sapientemente piazzati nella roccia. Il Passo del Gatto non ammette distrazioni, e l’adrenalina ci tiene belli svegli e concentrati: siamo ancora comunque ancora freschi, e quindi, preso il tempo dovuto, lo scavalchiamo senza intoppi. Non voglio essere frainteso: è un passaggio molto esposto e aereo, e quindi consiglio vivamente di tenerlo in conto, qualora si decidesse di effettuare questa tappa ella VAV. Attraversato il passo, la salita al Madom Gröss avviene quasi a occhi chiusi: la giusta ricompensa per quanto appena fatto! In vetta giunti – sono le 10.30 precise – decidiamo di proseguire, seguendo lo stesso ragionamento fatto sul Pizzo Cramosino. Guardiamo quest’ultimo e ci stupiamo pensando che poco più di un’ora prima eravamo lassù.
E poi… e poi, diamine! La vera sorpresa l’abbiamo appena riprendiamo i nostri passi! Sotto di noi s’intravedono i segnali (sempre blu): sotto, perché è proprio giù, che bisogna andare. E per scendere, non c’è una pendenza, ma un camino praticamente verticale. Non finisce mai, e ogni volta che pensi che ok, ora si punterà verso il Pizzo di Mezzodì, invece si scende ancora, in verticale. Il Passo del Gatto ci manca… Cominciamo a essere stanchi, e ci rendiamo conto che, vista la nostra posizione, non possiamo che proseguire. È difficile e fisicamente anche un po’ dura, ma alla fine, liquidati quasi duecento metri di dislivello, cominciamo a dirigerci verso il Pizzo di Mezzodì. Le sorprese non sono comunque finite, poiché ci tocca salire e scendere ancora un paio di volte, sempre seguendo il filo della cresta. La nostra resistenza comincia a vacillare, e la situazione assume tratti un po’ frustranti: sembra un affronto! In un modo o nell’altro, comunque, eccoci al Pizzo di Mezzodì (di cui scriverò a parte).
Guardiamo l’orologio e ci rendiamo conto che abbiamo tre ore per arrivare a Sonogno: forse a corsa potremmo farcela, ma decidiamo per un bel e saggio “chissene”, e scendiamo con la dovuta cautela, che non basta, poiché non manchiamo, prima
SaBo e poi io, di cadere, scivolando stupidamente. Siamo stanchi e la tensione si sta allentando. Però caspita, arriviamo alla Capanna Cògnora in pochissimo tempo: il cartello dà Sonogno a due ore e dieci, e noi abbiamo solo un’ora e mezzo! Forse chissà, quelle energie residue che abbiamo ci aiutano, poiché arriviamo a Cabiói alle 16.00. Il cartello dice 50 minuti a Sonogno… qui di rischi non ce ne sono, e cominciamo a correre! Distanzio un po’ mio padre, giro l’angolo e, in frazione Vald, cosa vedo? Una signora che sta scaricando la spesa dalla sua auto… sfodero tutta la mia faccia tosta e la mia espressione da cane bastonato: “Non è che ci darebbe uno strappo fino a Sonogno?”. Le spiego la storia dei bus, e la signora, di cui, ahimé, non ricordo il nome, non ci mette un minuto a girare la macchina e a partire… risultato: riusciamo a prendere il benedetto bus! Ecco, a quel punto sì, tiriamo un sospiro di sollievo e ci addormentiamo… prossima e ultima tappa della giornata: birrona al bar, e rientro a casa!
Insomma, durante la notte mi capita di alzarmi (cf. birrette della sera prima…), e uscendo dal dormitorio vengo come schiaffeggiato dallo spettacolo di una vòlta tersissima e stellatissima. Soffia un vento forte, che ringrazio. Al nostro risveglio, alle 05.30, troviamo le condizioni che qualsiasi escursionista si augura nei suoi sogni più belli.
Colazione, caffettierona fumante, preparazione del bagaglio e, pila in mano, partiamo alle 06.30, puntando al bivio di Furnà, che raggiungiamo mezz’oretta dopo. Non c’è più bisogno di luce artificiale, dacché il sole sta cominciando a illuminare le cime di fronte a noi.
Prendiamo quindi in direzione della Capanna Cògnora, seguendo la Via Alta della Val Verzasca. La prima méta sarà il Pizzo Cramosino, che già conosciamo, ma che ci gustiamo ancor prima di raggiungere: questa volta avremo un cielo incomparabile! La salita al pizzo avviene senza problemi, e alle 09.00 (quindi due ore e mezza dopo la partenza) siamo in vetta. Il vento soffia freddo e forte, e ci tocca vestirci di conseguenza. Fa uno strano effetto essere già a quell’altezza a quell’ora del mattino, ma sappiamo che quella di oggi non sarà sicuramente una passeggiata di piacere come quella del giorno prima, e quindi è opportuno non fermarsi troppo, né perdere troppo tempo. Abbiamo inoltre in programma di prendere il bus, a Sonogno, delle 16.30, poiché quello dopo sarà solo alle 18.30… dieci ore per l’intero percorso dovrebbero bastare, ma non si sa mai!
La VAV prevede che dal Pizzo Cramosino si segua la cresta che lo collega al Madom Gröss. So che, da qualche parte, ci toccherà affrontare il famigerato Passo del Gatto, che non figura sulla CN, ma che, come scopriremo tra breve, figura eccome sotto i nostri piedi. Tale passo lo si scorge benissimo addirittura dal fondovalle: si tratta di uno spacco nella cresta, un vero e proprio taglio, profondo sì e no una trentina di metri. Dobbiamo quindi mettere via i nostri bastoni e affidarci agli appigli sapientemente piazzati nella roccia. Il Passo del Gatto non ammette distrazioni, e l’adrenalina ci tiene belli svegli e concentrati: siamo ancora comunque ancora freschi, e quindi, preso il tempo dovuto, lo scavalchiamo senza intoppi. Non voglio essere frainteso: è un passaggio molto esposto e aereo, e quindi consiglio vivamente di tenerlo in conto, qualora si decidesse di effettuare questa tappa ella VAV. Attraversato il passo, la salita al Madom Gröss avviene quasi a occhi chiusi: la giusta ricompensa per quanto appena fatto! In vetta giunti – sono le 10.30 precise – decidiamo di proseguire, seguendo lo stesso ragionamento fatto sul Pizzo Cramosino. Guardiamo quest’ultimo e ci stupiamo pensando che poco più di un’ora prima eravamo lassù.
E poi… e poi, diamine! La vera sorpresa l’abbiamo appena riprendiamo i nostri passi! Sotto di noi s’intravedono i segnali (sempre blu): sotto, perché è proprio giù, che bisogna andare. E per scendere, non c’è una pendenza, ma un camino praticamente verticale. Non finisce mai, e ogni volta che pensi che ok, ora si punterà verso il Pizzo di Mezzodì, invece si scende ancora, in verticale. Il Passo del Gatto ci manca… Cominciamo a essere stanchi, e ci rendiamo conto che, vista la nostra posizione, non possiamo che proseguire. È difficile e fisicamente anche un po’ dura, ma alla fine, liquidati quasi duecento metri di dislivello, cominciamo a dirigerci verso il Pizzo di Mezzodì. Le sorprese non sono comunque finite, poiché ci tocca salire e scendere ancora un paio di volte, sempre seguendo il filo della cresta. La nostra resistenza comincia a vacillare, e la situazione assume tratti un po’ frustranti: sembra un affronto! In un modo o nell’altro, comunque, eccoci al Pizzo di Mezzodì (di cui scriverò a parte).
Guardiamo l’orologio e ci rendiamo conto che abbiamo tre ore per arrivare a Sonogno: forse a corsa potremmo farcela, ma decidiamo per un bel e saggio “chissene”, e scendiamo con la dovuta cautela, che non basta, poiché non manchiamo, prima

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