Monte Ganna (m.1094), Cresta Ovest.
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Il Monte Ganna (m.1094), benchè sulle carte porti da sempre questo nome, non può dirsi di fatto un'autentica cima, ma una spalla rocciosa, o al limite anticima del più alto e vicinissimo Monte Colonna (m.1203). Tuttavia se lo si osserva dalla zona di Castelveccana, verso il Passo di Sant'Antonio, assume connotati più rilevanti assieme alla poco lontana cima senza nome m.1022. Il nome è senz'altro dovuto alla monumentale pietraia che scende in un'unica profonda colata proprio dalla sella rivolta al Monte Colonna sino ai piedi della cresta W.
Ma è osservandolo dal gruppo del Monte Nudo che attira per la presenza di una stretta ma evidente lingua rocciosa rivolta a W che dalla sua sommità sembra sprofondare in abissi insondabili, circondata da folti boschi, i quali permettono dunque al suo bianco calcare di spiccare all'occhio attento. É la cresta W del Monte Ganna, che da questo singolare punto di vista appare come uno degli angoli più selvaggi e inavvicinabili del varesotto.
Trovandosi proprio al centro della Valtravaglia occorre incunearsi tra le sue pieghe, e la quieta Caldè sembra il luogo più ideale e "frontale" per giungervi senza particolare fatica e con percorso relativamente breve. Dalla Valcuvia e la Valtravaglia l'avvicinamento sarebbe sicuramente più elaborato pertanto meglio scartarli viste le certe difficoltà e rebus che ci saranno da risolvere lungo l'ascesa.
Il Bus proveniente da Luino mi scarica proprio al comodo parcheggio di Caldè (m.220) sulla lacuale per Laveno e in breve si sale per le viuzze reperendo quasi subito la segnaletica, posta un paio d'anni fà dal CAI Besozzo, per il Passo Sant'Antonio (it.225A) immettendosi presto su ampia forestale che, giunta presso una proprietà privata, diventa mulattiera contornata da muri a secco, la quale sarebbe piacevole percorrere se non fosse invasa da piante cadute, rovi e detriti che impongono un mini ravano e qualche aggiramento per venirne a capo. Questa situazione è rimasta assolutamente invariata rispetto due anni fà - poco prima del posizionamento della segnaletica - durante la salita con
froloccone al Rifugio Adamoli dal sentiero delle Coste.
Giunto a Pira Alta non rimane che seguire la mulattiera/carrareccia che aggira il lato settentrionale del Pizzo di Cuvignone, ove la visuale sulla meta - e non solo quella - inizia ad aprirsi. Si giunge su asfalto, ma un sentierino fa evitare qualche curva, incrociandolo poco oltre e giungendo in pochi minuti al Passo, con relativa Chiesa, di Sant'Antonio (m.620): splendida vista sul medio-alto Verbano. Di fianco alla chiesa si trova il Bed & Breakfast "Al gatto nero", autentico paradiso per queste dolcissime bestiole, che non mancano certo di farsi avvicinare e coccolare dal viandante lì capitato. ;)
Fin qui una piacevole e rilassante passeggiata, ma ora viene il bello. Un anno fà, durante un giro di "ricognizione" con
froloccone capitammo - per caso ma non troppo - all'attacco, o almeno così ritengo, della cresta W, rinviandola a data da destinarsi. Il problema era stato poi scendere, aggrovigliati in un percorso colonizzato dai rovi. Col poco invogliante precedente scelgo di salire su asfalto verso San Michele, per poi deviare intorno ai 750 m. all'altezza di una sbarra in direzione dell'Alpe Calorescio (m.743), due costruzioni isolate e forse ancora utilizzate. La CNS segnala un sentierino che dall'Alpe porta alla sella tra la Cima m.1022 e il Monte Ganna ma nient'altro. Inforco tale percorso, che si perde senza traccia evidente sulla dorsale, seguendo invece un'esile traccia più bassa sul prato immettendosi su un più evidente sentiero a mezzacosta destinato a sparire nel nulla. La nervatura rocciosa della cresta è tuttavia a portata di mano, separata da un colatoio in secca dalla ripida dorsale rivolta a Corte Matana. Senza traversare ulteriormente si scende - perdendo quasi 100 metri - a lato del colatoio sfruttando un pendio ripidissimo e insidioso con tracce di animali, per raggiungere le basi della cresta W.
Quando la roccia inizia a sfumare accedo a un punto comodo del colatoio, salendo i primi massi sparsi e facendo il punto della situazione su quanto seguirà, cioè un pendio molto ripido erba misto roccia, ma all'apparenza fattibile e nel complesso largo. All'inizio c'è un pò di boscaglia, ma presto il percorso si fà abbastanza pulito, evidente e logico, anche se la roccia non sembra propriamente affidabile, specie in una sorta di semi-verticale canaletto - unico passaggio veramente "obbligato" della salita - in cui bisogna davvero fidarsi della roccia e qualche arbusto per salire. Ma presto le cose cambiano, perchè il calcare è realmente ottimo offrendo appigli e maniglie a dismisura: anche se c'è quasi sempre spazio per procedere ai lati della crestina, pressochè continua, difficilmente si abbandona la roccia, con difficoltà mediamente di I° grado "continuato", e bei passaggi - raramente obbligati - di II° e III°, affrontabili perlopiù con belle fessure o a fil di cresta. Bellissima salita, in cui il raggiungimento di un nuovo "terrazzo", con vista spettacolare sul Pizzo di Cuvignone, il Verbano e il Rosa, è un'autentica emozione. Ogni tanto c'è qualche sbiaditissimo bollo rosso (ormai praticamente rosa), segno che in passato questa salita selvaggia doveva essere nota per lo meno a qualche "locals". La cresta sfuma in un'ampia insellatura frequentata dai mufloni (che riesco a immortalare) e sarà questo l'unico attimo in cui la salita "molla". Attento ai precisi rilievi della nuova carta delle Valli del Verbano mi sposto a destra (lato di Arcumeggia), seguendo tracce animali e individuando la seconda e definitiva lingua rocciosa con inalterate caratteristiche, ma in ambiente leggermente più boscoso. Dopo un pò la dorsale si amplia e adagia, riducendosi per qualche tratto a semplice ganna, prima d'impennarsi fortemente nella parte finale, su roccia sempre magnifica e remunerativa, giungendo sulla pianeggiante sommità in vista dell'edicola con Madonnina al culmine del Monte Ganna (m.1094), uno dei panorami più belli e selvaggi delle prealpi varesine affacciate sul medio-alto Verbano.
É fatta, e me la godo a lungo rimanendo muto e incredulo di fronte a quella che si rivela senz'altro una delle più belle (se non la più bella) salite su cresta del varesotto. Consumato il pasto proseguo per il Monte Colonna (m.1203), dove sosto brevemente, quindi interamente su dorsale tocco la cima m.1070 e la Punta m.1099, ormai in vista del Monte San Martino (m.1087), da cui si potrebbe scendere relativamente agili a Valalta.
Dal cippo di vetta dell'anonima e boscosa Punta m.1099 la dorsale prosegue discendendo in pineta, con tanto di ampie tracce animali. É molto ripida ma abbastanza rassicurante, e poco dopo s'incontrano due angoli panoramici rivolti su Mesenzana, a conferma che la bellezza selvaggia di oggi non conosce fine. Gradualmente la pendenza si fa seria, tanto che dove la traccia animale sparisce si deve scendere su roccette e placche un pò infide nel bosco. Superato il passaggino ostico ritrovo le loro tracce che ripidamente portano al culmine di un ulteriore e panoramico sperone: lo si attraversa arrivando proprio a dominare l'ampia fascia calcarea presso il Buco del Diavolo, al cui centro si trova un'ampia ganna avvolta nel muschio. Qui la roccia, contrariamente al Monte Ganna, è davvero pessima, marcia, friabile dando sensazione d'instabilità: per accedere alla ganna ci sarebbe un'invitante, ma troppo inclinata, placca, con a destra un canalino franoso su cui porre davvero molta attenzione. Ancor più a destra una larga cengia-corridoio, pure dal fondo friabile: si scende con cautela da quest'ultima per qualche metro, e sembra percorribile interamente, ma va a morire su un improbabile salto. Anzichè risalire al canalino serve affidarsi alla roccia e a una cengetta che permetta di calarvisi: è senz'altro il passaggio più delicato e difficile per l'instabilità della roccia. Raggiunta la ganna si discende qualche metro in un canalino giungendo a una strozzatura con bell'intaglio roccioso, che si risale sbucando proprio nella trincea culminante nel Buco del Diavolo (m.828). Da qui in breve e per comodo sentiero a Valalta, poi in maggior relax a Cassano Valcuvia (m.295) tramite lo spettacolare sentiero trincerato e quindi comoda mulattiera.
Infine discesa all'imbocco della Valcuvia-Valtravaglia, da cui - con percorso "defaticante" su ciclabile e strade secondarie - in parziale risalita si raggiunge Ferrera, Cunardo e Ghirla.
Avanti così.
NB. Caldè-Pira-Sant'Antonio T2/T1 - Sant'Antonio-Alpe Calorescio T1 - Alpe Calorescio-Attacco Cresta W Monte Ganna T5 - Cresta W Monte Ganna-Vetta T4+ (I-II° perlopiù non obbligato) - Monte Ganna-Monte Colonna T2 - Monte Colonna-Punta m.1099 T3 - Punta m.1099-Buco del Diavolo T5+ (uscita nel canalino T6) - Buco del Diavolo-Valalta-Cassano Valcuvia T2/T1 - Cassano Valcuvia-Valganna T1 (T2 la Cascata Fermona).
Ma è osservandolo dal gruppo del Monte Nudo che attira per la presenza di una stretta ma evidente lingua rocciosa rivolta a W che dalla sua sommità sembra sprofondare in abissi insondabili, circondata da folti boschi, i quali permettono dunque al suo bianco calcare di spiccare all'occhio attento. É la cresta W del Monte Ganna, che da questo singolare punto di vista appare come uno degli angoli più selvaggi e inavvicinabili del varesotto.
Trovandosi proprio al centro della Valtravaglia occorre incunearsi tra le sue pieghe, e la quieta Caldè sembra il luogo più ideale e "frontale" per giungervi senza particolare fatica e con percorso relativamente breve. Dalla Valcuvia e la Valtravaglia l'avvicinamento sarebbe sicuramente più elaborato pertanto meglio scartarli viste le certe difficoltà e rebus che ci saranno da risolvere lungo l'ascesa.
Il Bus proveniente da Luino mi scarica proprio al comodo parcheggio di Caldè (m.220) sulla lacuale per Laveno e in breve si sale per le viuzze reperendo quasi subito la segnaletica, posta un paio d'anni fà dal CAI Besozzo, per il Passo Sant'Antonio (it.225A) immettendosi presto su ampia forestale che, giunta presso una proprietà privata, diventa mulattiera contornata da muri a secco, la quale sarebbe piacevole percorrere se non fosse invasa da piante cadute, rovi e detriti che impongono un mini ravano e qualche aggiramento per venirne a capo. Questa situazione è rimasta assolutamente invariata rispetto due anni fà - poco prima del posizionamento della segnaletica - durante la salita con

Giunto a Pira Alta non rimane che seguire la mulattiera/carrareccia che aggira il lato settentrionale del Pizzo di Cuvignone, ove la visuale sulla meta - e non solo quella - inizia ad aprirsi. Si giunge su asfalto, ma un sentierino fa evitare qualche curva, incrociandolo poco oltre e giungendo in pochi minuti al Passo, con relativa Chiesa, di Sant'Antonio (m.620): splendida vista sul medio-alto Verbano. Di fianco alla chiesa si trova il Bed & Breakfast "Al gatto nero", autentico paradiso per queste dolcissime bestiole, che non mancano certo di farsi avvicinare e coccolare dal viandante lì capitato. ;)
Fin qui una piacevole e rilassante passeggiata, ma ora viene il bello. Un anno fà, durante un giro di "ricognizione" con

Quando la roccia inizia a sfumare accedo a un punto comodo del colatoio, salendo i primi massi sparsi e facendo il punto della situazione su quanto seguirà, cioè un pendio molto ripido erba misto roccia, ma all'apparenza fattibile e nel complesso largo. All'inizio c'è un pò di boscaglia, ma presto il percorso si fà abbastanza pulito, evidente e logico, anche se la roccia non sembra propriamente affidabile, specie in una sorta di semi-verticale canaletto - unico passaggio veramente "obbligato" della salita - in cui bisogna davvero fidarsi della roccia e qualche arbusto per salire. Ma presto le cose cambiano, perchè il calcare è realmente ottimo offrendo appigli e maniglie a dismisura: anche se c'è quasi sempre spazio per procedere ai lati della crestina, pressochè continua, difficilmente si abbandona la roccia, con difficoltà mediamente di I° grado "continuato", e bei passaggi - raramente obbligati - di II° e III°, affrontabili perlopiù con belle fessure o a fil di cresta. Bellissima salita, in cui il raggiungimento di un nuovo "terrazzo", con vista spettacolare sul Pizzo di Cuvignone, il Verbano e il Rosa, è un'autentica emozione. Ogni tanto c'è qualche sbiaditissimo bollo rosso (ormai praticamente rosa), segno che in passato questa salita selvaggia doveva essere nota per lo meno a qualche "locals". La cresta sfuma in un'ampia insellatura frequentata dai mufloni (che riesco a immortalare) e sarà questo l'unico attimo in cui la salita "molla". Attento ai precisi rilievi della nuova carta delle Valli del Verbano mi sposto a destra (lato di Arcumeggia), seguendo tracce animali e individuando la seconda e definitiva lingua rocciosa con inalterate caratteristiche, ma in ambiente leggermente più boscoso. Dopo un pò la dorsale si amplia e adagia, riducendosi per qualche tratto a semplice ganna, prima d'impennarsi fortemente nella parte finale, su roccia sempre magnifica e remunerativa, giungendo sulla pianeggiante sommità in vista dell'edicola con Madonnina al culmine del Monte Ganna (m.1094), uno dei panorami più belli e selvaggi delle prealpi varesine affacciate sul medio-alto Verbano.
É fatta, e me la godo a lungo rimanendo muto e incredulo di fronte a quella che si rivela senz'altro una delle più belle (se non la più bella) salite su cresta del varesotto. Consumato il pasto proseguo per il Monte Colonna (m.1203), dove sosto brevemente, quindi interamente su dorsale tocco la cima m.1070 e la Punta m.1099, ormai in vista del Monte San Martino (m.1087), da cui si potrebbe scendere relativamente agili a Valalta.
Dal cippo di vetta dell'anonima e boscosa Punta m.1099 la dorsale prosegue discendendo in pineta, con tanto di ampie tracce animali. É molto ripida ma abbastanza rassicurante, e poco dopo s'incontrano due angoli panoramici rivolti su Mesenzana, a conferma che la bellezza selvaggia di oggi non conosce fine. Gradualmente la pendenza si fa seria, tanto che dove la traccia animale sparisce si deve scendere su roccette e placche un pò infide nel bosco. Superato il passaggino ostico ritrovo le loro tracce che ripidamente portano al culmine di un ulteriore e panoramico sperone: lo si attraversa arrivando proprio a dominare l'ampia fascia calcarea presso il Buco del Diavolo, al cui centro si trova un'ampia ganna avvolta nel muschio. Qui la roccia, contrariamente al Monte Ganna, è davvero pessima, marcia, friabile dando sensazione d'instabilità: per accedere alla ganna ci sarebbe un'invitante, ma troppo inclinata, placca, con a destra un canalino franoso su cui porre davvero molta attenzione. Ancor più a destra una larga cengia-corridoio, pure dal fondo friabile: si scende con cautela da quest'ultima per qualche metro, e sembra percorribile interamente, ma va a morire su un improbabile salto. Anzichè risalire al canalino serve affidarsi alla roccia e a una cengetta che permetta di calarvisi: è senz'altro il passaggio più delicato e difficile per l'instabilità della roccia. Raggiunta la ganna si discende qualche metro in un canalino giungendo a una strozzatura con bell'intaglio roccioso, che si risale sbucando proprio nella trincea culminante nel Buco del Diavolo (m.828). Da qui in breve e per comodo sentiero a Valalta, poi in maggior relax a Cassano Valcuvia (m.295) tramite lo spettacolare sentiero trincerato e quindi comoda mulattiera.
Infine discesa all'imbocco della Valcuvia-Valtravaglia, da cui - con percorso "defaticante" su ciclabile e strade secondarie - in parziale risalita si raggiunge Ferrera, Cunardo e Ghirla.
Avanti così.
NB. Caldè-Pira-Sant'Antonio T2/T1 - Sant'Antonio-Alpe Calorescio T1 - Alpe Calorescio-Attacco Cresta W Monte Ganna T5 - Cresta W Monte Ganna-Vetta T4+ (I-II° perlopiù non obbligato) - Monte Ganna-Monte Colonna T2 - Monte Colonna-Punta m.1099 T3 - Punta m.1099-Buco del Diavolo T5+ (uscita nel canalino T6) - Buco del Diavolo-Valalta-Cassano Valcuvia T2/T1 - Cassano Valcuvia-Valganna T1 (T2 la Cascata Fermona).
Tourengänger:
Poncione

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