Mesolcina Dimenticata. La Val Molera il Piz di Rüss
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La Val Molera è la prima di una serie di selvagge valli che separano la Mesolcina dalla Calanca, sul versante orografico destro. Prende il suo nome dal Pizzo della Molera, che ne è il punto culminante; ma da questo lato in cima ci si arriva solo in elicottero...Forse per questo anche Giuseppe Brenna l'ha dimenticata, relegandola in una nota in cui si parla di antichi sentieri quasi scomparsi. In realtà, il vecchio sentiero che entra in valle e poi sale alla Bocca di Vegeina è ancora abbastanza evidente. Ci sono passati mostri sacri come Zaza e Seeger, ma mancava ancora un resoconto in italiano. Questa relazione vuole perciò essere un invito a riscoprire questi posti affascinanti.
Parto di buon mattino dalla stazione di Cama (si potrebbe in realtà salire in auto fino a Verdabbio...). Fino a Verdabbio c'è una bella mulattiera, attraversato il nucleo prendo a destra il sentiero che va a Santa Maria via Pönt. Al primo attraversamento della strada forestale ignoro il cartello che indica a sinistra e continuo in faccia sulla mulattiera che raggiunge la strada al tornante di q. 720, proprio dove parte il sentiero della Val Molera. Quest'ultimo ben marcato sulla CNS, fa una lunghissima traversa (sono almeno 4 km di sviluppo) salendo progressivamente fino all'Alpe di Gimagn. L'intero percorso è straordinario: il sentiero si svolge tutto su cenge obbligate a picco sulla Mesolcina, sovrastato da grandi pareti, che aggira con saliscendi e continue scalinate. Nel primo tratto è largo e ben tenuto, poi si mantiene in condizioni più che soddisfacenti, anche perché le scale hanno resistito bene al tempo. Si transita da una serie di baite in posizione spettacolare, tutte ancora tenute; dopo il p. 959, un grande frana ha tagliato il vecchio tracciato (sbarra di legno); si sale ripidamente per una ventina di metri per poi scendere subito dopo a ricuperare la quota dell'antico tracciato (non continuare sul sentiero in salita che porta alla baita superiore). Dopo il p. 1012 si entra in Val Molera, in ambiente selvaggio; il sentiero sale ripidamente una costa, poi traversa con un tracciato esposto per entrare nel canale che precede l'Alpe (io sono salito su tracce una ventina di metri più in alto, poi convergendo nel tracciato principale di nuovo). Superato l'ultimo canale si raggiunge l'Alpe di Gimagn: cascina in buono stato, pannello fotovoltaico e fontana in questo posto fuori dal mondo, da cui l'alta val Molera appare in tutta la sua difficoltà.
Di qui come detto non c'è un'uscita verso la fine della valle, ma si risale il fianco verso la bocca della Vegeina. L'antico sentiero c'è ancora tutto e va seguito accuratamente, dato il terreno impervio. Eventualmente se ne può studiare il tracciato sulla CNS 1:50000 edizione del 1963. Parte sopra la baita verso sinistra e conduce in diagonale al rudere di q. 1290 segnato sulla CNS (in realtà si tratta di un gruppo di baite di cui restano pochi muri). Qui il proseguimento è meno evidente: si sale ancora una decina di metri per poi attraversare il canale, si ritrova il sentiero molto evidente all'entrata del bosco; poi il sentiero risale un po' la costa a zig zag per attraversare il secondo canale in un tratto prativo. L'uscita è evidentissima perché due grandi alberi sono stati tagliati per permettere il passaggio, non si può sbagliare. Poi si continua con dei ripidi tornanti ben evidenziati dalla vecchia CNS in ambiente selvaggio fino a circa q. 1550 dove si raggiunge la scogliera che sbarra l'accesso all'Alpe Cardinel. Il sentiero esce verso sinistra, c'è una bella e antica scala; poi traversa quasi in piano fino a promontorio. Appena dopo, in corrispondenza di una rovina, c'è una biforcazione: il sentero di sinistra scende a Cauriagn, da cui si scende facilmente a Santa Maria (è quindi una comoda uscita dalla valle se per qualche motivo si dovesse interrompere la gita).
A destra sale diritta la vecchia traccia dell'Alpe Cardinel, che è la mia prossima meta: il sentiero è bello e ben conservato nel primo tratto, dove resistono ancora alcune delle vecchie scale. Diviene molto meno evidente usciti dal bosco: bisogna resistere alla tentazione di traversare a destra e salire ripidamente (tracce) fino a q. 1880 (studiare bene la CNS); un passaggio a destra (resto di scale) immette sul prato, dove il sentiero all'inizio è molto evidente. Ci si trova proprio all'altezza della rovina di P. 1873 che si raggiunge con una traversata nel prato. Il posto è solitario e isolato: solo le basi dei muri restano a ricordare chi un tempo saliva qui con le bestie (la cui presenza è testimoniata dai lavazz che crescono sul terreno attorno).
Dai ruderi il vecchio sentiero continua in lieve discesa fino ad attraversare un canale e a immettersi nei pascoli dell'Alpe. Qui io sono salito a sinistra su tracce di camosci, con un percorso un po' diretto e faticoso; il vecchio sentiero doveva fare un giro più largo, alla bocchetta lo si vede arrivare da destra. Comunque un ultimo sforzo su questo terreno aspro e finalmente sono al valico! Purtroppo nel frattempo è salita la nebbia e la Val Molera alle mie spalle è sparita coperta da un manto bianco. Anche verso la Calanca di vede poco o nulla, pensare che il posto in una bella giornata dovrebbe essere molto panoramico.
Un ultimo sforzo per salire in vetta al Piz di Rüss, da dove non si vede nulla; poi la bella cresta che scende al pian di Renten passando dalla croce di P. 2126 (che quindi dovrebbe offrire una bella vista). Di lì seguo il sentierino sul crinale che scende ripidamente al Pian di Renten, dove passa il Sentiero Alpino della Calanca. Il primo tratto della discesa è molto bello, si costeggiano le grandi scogliere del Piz de Renten, poi il sentiero si fa' più scorrevole fra grandi boschi di conifere. Raggiungo Santa Maria, poi il veloce sentiero diretto per Verdabbio e la mulattiera dell'andata mi riconducono a Cama.
E' un itinerario di grande suggestione in posti selvaggi e solitari, dove incredibilmente gli antichi sentieri ancora resistono. Se si segue accuratamente il vecchio tracciato, il percorso non è particolarmente difficile, anche se il dislivello è importante e c'è parecchia distanza. Studiare bene il percorso prima di partire perché il terreno è impervio.
Da Cama alla Bocca di Vegeina 3h 30', 30' a Pian di Renten e 1h 10' per la discesa a Cama, totale 5h 10'.
Parto di buon mattino dalla stazione di Cama (si potrebbe in realtà salire in auto fino a Verdabbio...). Fino a Verdabbio c'è una bella mulattiera, attraversato il nucleo prendo a destra il sentiero che va a Santa Maria via Pönt. Al primo attraversamento della strada forestale ignoro il cartello che indica a sinistra e continuo in faccia sulla mulattiera che raggiunge la strada al tornante di q. 720, proprio dove parte il sentiero della Val Molera. Quest'ultimo ben marcato sulla CNS, fa una lunghissima traversa (sono almeno 4 km di sviluppo) salendo progressivamente fino all'Alpe di Gimagn. L'intero percorso è straordinario: il sentiero si svolge tutto su cenge obbligate a picco sulla Mesolcina, sovrastato da grandi pareti, che aggira con saliscendi e continue scalinate. Nel primo tratto è largo e ben tenuto, poi si mantiene in condizioni più che soddisfacenti, anche perché le scale hanno resistito bene al tempo. Si transita da una serie di baite in posizione spettacolare, tutte ancora tenute; dopo il p. 959, un grande frana ha tagliato il vecchio tracciato (sbarra di legno); si sale ripidamente per una ventina di metri per poi scendere subito dopo a ricuperare la quota dell'antico tracciato (non continuare sul sentiero in salita che porta alla baita superiore). Dopo il p. 1012 si entra in Val Molera, in ambiente selvaggio; il sentiero sale ripidamente una costa, poi traversa con un tracciato esposto per entrare nel canale che precede l'Alpe (io sono salito su tracce una ventina di metri più in alto, poi convergendo nel tracciato principale di nuovo). Superato l'ultimo canale si raggiunge l'Alpe di Gimagn: cascina in buono stato, pannello fotovoltaico e fontana in questo posto fuori dal mondo, da cui l'alta val Molera appare in tutta la sua difficoltà.
Di qui come detto non c'è un'uscita verso la fine della valle, ma si risale il fianco verso la bocca della Vegeina. L'antico sentiero c'è ancora tutto e va seguito accuratamente, dato il terreno impervio. Eventualmente se ne può studiare il tracciato sulla CNS 1:50000 edizione del 1963. Parte sopra la baita verso sinistra e conduce in diagonale al rudere di q. 1290 segnato sulla CNS (in realtà si tratta di un gruppo di baite di cui restano pochi muri). Qui il proseguimento è meno evidente: si sale ancora una decina di metri per poi attraversare il canale, si ritrova il sentiero molto evidente all'entrata del bosco; poi il sentiero risale un po' la costa a zig zag per attraversare il secondo canale in un tratto prativo. L'uscita è evidentissima perché due grandi alberi sono stati tagliati per permettere il passaggio, non si può sbagliare. Poi si continua con dei ripidi tornanti ben evidenziati dalla vecchia CNS in ambiente selvaggio fino a circa q. 1550 dove si raggiunge la scogliera che sbarra l'accesso all'Alpe Cardinel. Il sentiero esce verso sinistra, c'è una bella e antica scala; poi traversa quasi in piano fino a promontorio. Appena dopo, in corrispondenza di una rovina, c'è una biforcazione: il sentero di sinistra scende a Cauriagn, da cui si scende facilmente a Santa Maria (è quindi una comoda uscita dalla valle se per qualche motivo si dovesse interrompere la gita).
A destra sale diritta la vecchia traccia dell'Alpe Cardinel, che è la mia prossima meta: il sentiero è bello e ben conservato nel primo tratto, dove resistono ancora alcune delle vecchie scale. Diviene molto meno evidente usciti dal bosco: bisogna resistere alla tentazione di traversare a destra e salire ripidamente (tracce) fino a q. 1880 (studiare bene la CNS); un passaggio a destra (resto di scale) immette sul prato, dove il sentiero all'inizio è molto evidente. Ci si trova proprio all'altezza della rovina di P. 1873 che si raggiunge con una traversata nel prato. Il posto è solitario e isolato: solo le basi dei muri restano a ricordare chi un tempo saliva qui con le bestie (la cui presenza è testimoniata dai lavazz che crescono sul terreno attorno).
Dai ruderi il vecchio sentiero continua in lieve discesa fino ad attraversare un canale e a immettersi nei pascoli dell'Alpe. Qui io sono salito a sinistra su tracce di camosci, con un percorso un po' diretto e faticoso; il vecchio sentiero doveva fare un giro più largo, alla bocchetta lo si vede arrivare da destra. Comunque un ultimo sforzo su questo terreno aspro e finalmente sono al valico! Purtroppo nel frattempo è salita la nebbia e la Val Molera alle mie spalle è sparita coperta da un manto bianco. Anche verso la Calanca di vede poco o nulla, pensare che il posto in una bella giornata dovrebbe essere molto panoramico.
Un ultimo sforzo per salire in vetta al Piz di Rüss, da dove non si vede nulla; poi la bella cresta che scende al pian di Renten passando dalla croce di P. 2126 (che quindi dovrebbe offrire una bella vista). Di lì seguo il sentierino sul crinale che scende ripidamente al Pian di Renten, dove passa il Sentiero Alpino della Calanca. Il primo tratto della discesa è molto bello, si costeggiano le grandi scogliere del Piz de Renten, poi il sentiero si fa' più scorrevole fra grandi boschi di conifere. Raggiungo Santa Maria, poi il veloce sentiero diretto per Verdabbio e la mulattiera dell'andata mi riconducono a Cama.
E' un itinerario di grande suggestione in posti selvaggi e solitari, dove incredibilmente gli antichi sentieri ancora resistono. Se si segue accuratamente il vecchio tracciato, il percorso non è particolarmente difficile, anche se il dislivello è importante e c'è parecchia distanza. Studiare bene il percorso prima di partire perché il terreno è impervio.
Da Cama alla Bocca di Vegeina 3h 30', 30' a Pian di Renten e 1h 10' per la discesa a Cama, totale 5h 10'.
Tourengänger:
blepori

Communities: Hikr in italiano, Ticino Selvaggio
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