Güi W (2246 m), Madonnetto (1846 m) e Zucchero (1648 m)
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Mai lasciare le cose a metà. Prima che nuovi progetti si affollino nella mia testa colgo l’occasione di una giornata soleggiata ma ventosa per chiudere la pendenza con i Güi. Visto che la salita onsernonese non mi aveva portato fortuna, scelgo ora la Valle Maggia e precisamente la Valle di Lodano. Questo mi permetterà di visitare anche due cime “di passaggio” (o quasi), e mi offrirà un’indimenticabile visione sui due Güi, che l’altro versante occulta. Quindi non tutti i mali vengono per nuocere: è grazie alla nebbia dell’altro giorno se oggi ho potuto conoscere dei luoghi meravigliosi.
Per farla breve: la salita si svolge su ottimo sentiero, segnalato, curato e pulito, e tocca i monti di Solada, Solà, Sassalp e Chiascia: tutti luoghi da vedere e da assaporare come favolosi antipasti di ciò che la giornata ha ancora da offrire. Il sentiero gira poi attorno al panettone dello Zucchero senza salirci. Ovvia, dal versante sud, la breve salita in vetta (~ 50 m di dislivello), che offre un grandioso panorama sul displuvio dirimpettaio valmaggese.
Ridisceso all’incantevole laghetto della base S dello Zucchero incontro prima l’Alpe di Pii, anch’essa idilliaca; poi, prima di giungere a Nagairóm, non posso farmi mancare la salita al Madonnetto dal suo versante S. La via di salita, senza sentiero, mi viene indicata da una volpe che saltella sul sentiero con buona pace dei cacciatori del Liechtenstein (c’era stata recentemente una discussione in tedesco in hikr sul tema “attenetevi ai sentieri, vagabondi, così non rompete le scatole ai cacciatori” lanciata proprio da un presidente di una federazione di cacciatori del Liechtenstein in incognito, poi pubblicamente sbugiardato da autorevoli hikrs d’oltralpe; ora è stata cancellata, chissà perché…).
Sul Madonnetto campeggia un bell’ometto geometrico, e la visuale sia sulla Valle Maggia (verso N così come verso S) che, soprattutto, verso le magnetiche pareti N dei Güi, è di quelle che non si dimenticano.
Per la discesa scelgo il versante SW che mi porta prima ad una bocchetta tra il Madonnetto stesso e la cresta NE del Güi E e poi all’alpe di Nagairòm, già presidiata da un piccolo gregge di pecore.
Il sentiero perde ancora un po’ di dislivello nell’aggiramento del versante E del Güi E (in totale dalla cima del Madonnetto lascio sul terreno 170 m) e finalmente supera la cresta SSE della stessa montagna nel suo punto di minima. Qui, rimanendo a destra della cresta stessa, sarebbe possibile salirvi senza dover affrontare la salita dal canalino del versante SW, come era capitato a me alcuni giorni fa districandomi nella nebbia.
Proprio nel punto di passaggio tra il bacino della Val Ronsgiaa e quello dei Güi, un bel tetto di roccia annuncia i muraglioni della cresta SSE del Güi Est.
Dopo l’unico incontro di giornata poco prima dell’Alpe Canaa (un signore di Locarno anch’esso “plagiato dall’incanto dei luoghi”…) raggiungo quest’ultima località e faccio visita al Rifugio, che in realtà sembra una reggia. Addirittura la zona del camino è protetta da vetri temperati, che danno un tocco di eleganza ad una struttura già di livello superiore.
Mi congedo (momentaneamente) dal rifugio e mi dirigo verso la cima maggiore dei Güi. Stavolta è ben visibile, come anche la quasi dolomitica parete W del Pizzo Cramalina.
Supero varie ganne e mi presento sotto la parete meridionale del Güi W. Con facile salita su ripidi prati raggiungo la cresta SW. Per andare in vetta c’è un unico passaggio da percorrere con attenzione. Date le recenti nevicate ed il conseguente ghiaccio che si è formato sul versante W (e non solo), opto, a differenza di quanto dice il Brenna (“aggirando a W su di una cengia esposta uno scalino roccioso verticale”), di scalare direttamente lo spigolo (parole un po’ altisonanti – in realtà non vi è nulla di difficile, siamo al I° dell’arrampicata), visto che a mio giudizio l’abbraccio della roccia è più rassicurante dell’esposto anche se facile passaggio sul versante W.
Dopo pochi ulteriori passi sono in vetta. Dev’essere che i Güi ce l’abbiano un po’ con me perché uno, la Cima Est, si è offerto solo dopo un’affannosa ricerca nella nebbia; l’altro invece mi bombarda con gelide raffiche di vento, tanto che, per la birra di vetta, dovrò aspettare di essere rientrato all’Alpe Canaa.
Comunque in vetta ci sono e, nonostante il vento, riesco comunque (a fotografare e) ad imprimermi nella mente il favoloso paesaggio che offre.
Scendo dunque e, dopo aver superato alcune lingue di neve, riguadagno l’Alpe Canaa, nel cui cortile interno (senza rientrare al Rifugio) faccio l’agognata pausa al riparo (parzialmente) dal vento.
Per la discesa scelgo il sentiero, sempre ottimo e sempre ufficiale, anche se meno panoramico di quello dell’andata, che porta all’Alpe di Casgèira. Da lì, percorrendo le selve della Valle di Lodano, scendo fino a Castello. Qui ci sono varie alternative per Lodano: scelgo quella di sinistra, che ha il merito di dirigersi maggiormente verso il luogo di parcheggio dell’auto (Ronchi). Dopo qualche saliscendi ed un deciso “sali” (ulteriori 70 m di dislivello) raggiungo la cascina alta di Canigee. Normalmente avrei seguito il sentiero segnalato (via Solada), ma un cartello in legno, aggiunto al paletto che reca i cartelli metallici gialli del CAS, mi fa propendere per una via non ufficiale ma probabilmente più redditizia.
Si tratta di un antico sentiero, a suo tempo segnalato con bolli bianco-rossi, ora quasi totalmente cancellati, e dotato di alcune corde fisse di sicurezza (il primo passaggio sul baratro è sì elementare, ma fa una certa impressione) che si dirige verso Campo (503 m). Da lì, aggirando alcuni ronchi (vigneti terrazzati e recintati con muri a secco) una mulattiera mi riporta a Ronchi, dove una fontanella esplica alla perfezione le sue molteplici funzioni.
Indipendentemente dalla bella giornata odierna (il sentiero che sale da Gresso non era certamente la prima volta che lo percorrevo) trovo che la salita da Lodano sia paesaggisticamente più affascinante: c’è da mettere in conto un po’ di dislivello in più (dall’altro lato della medaglia permette di evitare la tortuosa strada della Valle Onsernone), ma ne vale senz’altro la pena. I Güi visti da nord sono solo uno dei tanti motivi validi: anzi, direi solo la punta dell’iceberg, tra una montagna di eccellenti ragioni.
Tempi:
Ronchi – Güi W (via Zucchero, Madonnetto e Alpe Canaa): 6 ore
Güi W – Ronchi (via Casgèira, Castello, Canigee, Campo): 3 ore e 30’

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