Güi Orientale (2189 m) e variazioni sul tema
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Ogni tanto capita di essere avvolti dalla nebbia. Per lo più si tratta di situazioni temporanee ed inaspettate. Nel caso odierno, complici alcune previsioni troppo generose, si è trattato di una situazione permanente: gli sbandierati miglioramenti non si sono visti e quindi ho dovuto farmene una ragione. Oltre che dalla nebbia il giro odierno è stato caratterizzato dal premeditato temporeggiare, alla vestigia di quel mio illustre omonimo predecessore… (“Cunctator”, ovvero il Temporeggiatore). Questo in vista del sole sfavillante che si sarebbe dovuto palesare nel pomeriggio. Poi, basta guardare le foto per capire come è andata…
Parto da Gresso e via Pian della Crosa mi porto all’Alpe Bassa. Qui punto direttamente alla cima del Pizzo della Bassa. Dopo un primo tratto su erba, la salita procede senza sentiero in mezzo a ginepri e rododendri fino al ginocchio. Passato l’intermezzo selvaggio, ricompare l’erba rugiadosa e la salita si fa più dolce. Immerso nella nebbia, dopo due ore dalla partenza da Gresso tocco l’uomo di vetta del Pizzo della Bassa. La prossima meta sono i Güi: il Cramalina l’ho già salito 4 anni fa.
Inizio a temporeggiare. Sono solo le nove ed il miglioramento è previsto dopo mezzogiorno.
Mi dirigo verso la cresta nord. Scendo alla prima bocchetta, poi risalgo con breve ma ripida salita sulla cima successiva. Il Cramalina ed i Güi sono completamente immersi nella nebbia: la visuale che pensavo di avere da qui mi è totalmente preclusa.
Una discesa diretta sul fianco E del Pizzo della Bassa è fuori questione: troppo ripido e selvaggio quel versante.
Dopo un’ulteriore pausa sul Pizzo scendo dalla “via normale”, cioè dalla dorsale SE. Raggiunto il Passo della Bassa mi dirigo verso l’Alpe Canaa. La cresta tra il Pizzo della Bassa ed il Cramalina continua ad essere immersa nella nebbia, che invero si spinge anche più ad est, impedendomi una corretta valutazione circa la posizione delle due cime principali dei Güi.
Indotto in errore dalla nebbia mi dirigo verso quella che reputo la Cima W dei Güi (e che si rivelerà poi ex post la Est); supero alcune lingue di neve, risalgo un pendio che tende ad essere sempre più ripido (ma nulla di trascendentale: T4) e con un breve traverso verso destra guadagno la cresta SSE. Da qui, senza nessuna difficoltà, procedendo in cresta raggiungo la cima erbosa del Güi E, che presenta alcuni sassi che a fatica rammentano un ometto.
La nebbia mi fa pensare che alla mia sinistra, cioè a W, ci sia solo il Pizzo Cramalina. Scoprirò poi che c’era anche la cima maggiore dei Güi (anche se la CNS curiosamente assegna il nome Güi proprio alla Est, cioè alla cima su cui mi trovo ora).
Scendo, aggiro la costiera SSE del Güi E in direzione dell’Alpe Canaa, controllando bene se via sia un passaggio per risalirci e, sulla verticale dell’Alpe Canaa, mi pare di scorgerne uno.
Salgo, e quando il terreno si fa critico, scorgo un primo rettile: una piccola vipera, che si fa convincere alla fuga solo dopo un lungo ripensamento; con questo tempo e questa nebbia, cosa ci fa una vipera fuori dalla tana? Non è nemmeno caldo…
Il passaggio per guadagnare la cresta è del tipo “EI” (attualmente T5+): una ripida rampa erbosa combinata ad un breve traverso inclinato (“cengia” non sarebbe il termine corretto) in cui solo nella parte terminale esistono degli appigli su roccia: per il resto ci si può unicamente abbrancare alle zolle erbose, vagliandone preventivamente la solidità.
Raggiunta la cresta la percorro in direzione della cima precedentemente raggiunta: quasi subito tocco il P. 2034, che potrebbe anche essere chiamato Güi Sud, se non fosse che si tratta di un’innocua cupola erbosa poco pronunciata.
Incontro poi un secondo rettile, un biacco (scorsòn), che, incurante della nebbia e del freddo, tenta di captare i rari raggi di sole che oggi si possono contare sulle dita della mano destra di Capitan Uncino.
Salgo fin quasi alla Cima Est: poi inghiottito dalla nebbia torno sui miei passi: inutile salirci una seconda volta. Oltrepasso il P. 2034, oltrepasso il punto di uscita in cresta e continuo a scendere sulla cresta SSE alla ricerca di un passaggio meno delicato di quello di salita. Non ne trovo, almeno verso l’Alpe Canaa: dalla parte opposta magari si potrebbe scendere, ma sarei fuori zona rispetto alla via di discesa.
Torno allora nei pressi del piccolo larice che contrassegna la via di discesa e con molta circospezione (a volte l’EI è più delicato del PD su roccia) scendo. Fuori dalla zona critica mi dirigo verso l’Alpe Canaa, già inalpata. Poco prima di raggiungerla devio a destra e, scovato un angolino bucolico sul sentiero che mi porterà a Gresso, mi fermo per una pausa.
La beffa vuole che per un brevissimo istante la nebbia si diradi e sopra di me appaiano entrambe le vette principali dei Güi. Ho capito, oggi non era giornata per la Ovest. Ci tornerò con il bel tempo. Senza storia è poi la discesa finale che mi riporta all’auto.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, è già stato un miracolo poter salire due cime e mezza (la S) in queste condizioni. Inoltre, nonostante il grigio, non ha mai piovuto. C’è del fascino anche nella nebbia, certo; però, in una giornata cristallina, la montagna dà il meglio di sé. Arriverà.

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