Pizzo Ruscada (2004 m), diretta da Sud
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Non è mio costume aumentare artificiosamente le difficoltà di una gita, quindi non lo farò nemmeno in questo caso. Devo però premettere che la diretta da sud al Pizzo Ruscada è senz’altro una delle salite più difficili ed impegnative che abbia mai fatto. Nessun tremila ticinese – dalla via normale – impegna così tanto. Certo, l’ambiente severo, la salita senza traccia, il non sapere mai se ci trova nel punto giusto né come si potrà avanzare influiscono su queste mie valutazioni. Il fatto stesso che la via non sia citata dal Brenna può già far pensare. Comunque siamo al limite dall’usare materiale d’assicurazione e, dovessi ripetere la cosa, senz’altro apporterei due varianti: ci andrei con qualcuno, possibilmente alpinista esperto, e porterei il predetto materiale, oltre magari anche ad un altimetro. Fatta così come l’ho fatta, non la ripeterei. Anche perché ritrovare esattamente tutti i passaggi percorsi, già questo sarebbe una bella impresa. Ritengo quindi che la presente relazione possa avere forse una qualche utilità solo in termini generali, ma sul campo ogni singolo metro va poi provato e testato con spirito d’avventura. Diciamo inoltre che ciò che mi ha fatto procedere ed arrivare in vetta senza ripensamenti è stata l’esistenza di un’altra via (parecchie, anzi) per la discesa: da dove sono passato all’andata, non mi sarebbe mai venuto in mente di scendere.
Il percorso dovrebbe ricalcare (ed in parte lo fa) quello di questa salita di Zaza (la relazione contiene anche un link esterno in lingua italiana). Ma poi bisogna metterci del proprio (e non poco…).
Vediamo di ricostruire quanto fatto… Dunque, da Costa salgo su bella traccia a Ör ed ignorando i cartelli ufficiali per il Pizzo, che mandano a destra, proseguo diritto e giungo a Sertoo. Alle spalle dell’ultima cascina entro nel bosco dove, con mia grande sorpresa, trovo dei bolli rossi sugli alberi che, quantomeno, indirizzano la prima parte del percorso.
Terminati i bolli salgo diretto sulla dorsale, senza inoltrarmi verso W. Qui cominciano i problemi. Per evitare delle emergenze rocciose sulla sinistra, mi infilo in un canalino ripido, anzi ripidissimo (la ricostruzione “a spanne” ex post dirà circa 65°), completamente ricoperto da fogliame e, da metà in su, senza appigli. Per passare in (relativa) sicurezza devo ricorrere alla piccozza, che poi – salvo per i tratti d’arrampicata – non abbandonerò più. Poco prima dell’uscita, ancora più ripida del resto del canale, mi arrampico sulle rocce a sinistra e, più agevolmente, giungo in cima al canale.
Continuo ora brevemente verso N, ma ben presto, uscendo su bosco più rado (e su paglia), devo piegare a destra (est) ed abbassarmi leggermente per aggirare delle rocce verticali proprio sopra di me.
Dopo questa variante, finalmente, trovo qualche segno di umano passaggio: piccoli noccioli tagliati con falcetto mi infondono qualche speranza circa la correttezza della via. La piccozza continua a sostituire i bastoni, a causa della ripidità del pendio, ma ora la dorsale si fa via via più amena, con anche degli abeti bianchi ad ingentilire l’ambiente, ed anche una qualche parvenza di traccia (forse passaggi di animali). Sono sui prati di Castello.
Più su affiorano le prime placche, che supero senza problema. Poi, sempre rimanendo sul filo di cresta, mi avvicino al passaggio chiave, una placca ripida, inclinata e prolungata. Inizialmente la affronto sul filo; poi quando questa impenna preferisco cercare di aggirarla (forse sarebbe stato meglio forzare il passaggio sulla placca) su una cengetta a destra. La cengia è stretta, ci passo a malapena, e alla sua destra c’è un cospicuo salto di roccia; al termine la cengia finisce nel nulla. O meglio, ci sarebbe un passaggio aereo con soli appigli per le mani e nessun appoggio per i piedi (terreno strapiombante): ma lo giudico troppo rischioso. Torno quindi indietro con passo felino acquattato e a metà cengia provo a salire la placca sul suo fianco. Gli appigli ci sono, ma sotto c’è il vuoto. Salgo comunque e riguadagno il filo di cresta; poi lo percorro per un po’ tra placche e ginepri. Dopo qualche passo ed una breve disarrampicata (II) ritrovo – momentaneamente – un terreno più tranquillo (ma sempre molto ripido).
Aggiro ora altre rocce a destra, sulla paglia, rimanendo sempre vicino alla parete. Ad una sella ritorno brevemente sul filo per poi passare a sinistra (W). In questo modo evito il passaggio diretto su una serie di grossi blocchi. Riprendo nuovamente il filo, che devo però ben presto abbandonare per passare ancora a W su rododendri, ontani e neve.
Dei camosci sopra di me, fortunatamente ancora più a ovest, fanno partire una scarica di sassi che mi intimorisce non poco. Fortunatamente sono fuori traiettoria. Dopo aver toccato nuovamente il filo di cresta (ed essermi reso conto che sul fianco destro il salto è di decine e decine di metri), con un ultima uscita a sinistra arrivo finalmente davanti all’erta finale.
Ripidissima anch’essa, ma senza più salti: solo ginepri e qualche facile placchetta. Ci sono anche delle tracce di animali (camosci, verosimilmente): in ogni caso salgo con sempre maggiore fiducia ed arrivo così a toccare l’uomo di vetta del Pizzo Ruscada, mai così sudato come oggi. La parte finale dell’it.134 del Brenna (dalla quota 1662 m in poi) coincide con questo itinerario (almeno credo).
Il caldo, che si era fatto sentire in salita, sulla vetta svanisce e così, durante la pausa e nel primo tratto della discesa dalla normale, mi copro.
Mi dirigo a N, verso Cappellone, su neve abbastanza molle. Da qui piego poi, sempre sul sentiero ufficiale, verso SE, perdendo anche brevemente la traccia, a causa dell’innevamento. Poco prima di ritornare sulla cresta E del Pizzo Ruscada, la recupero, e senza ulteriori fuoriprogramma arrivo a Corte Nuovo, dove terminano i passaggi su neve (ed il caldo ricomincia a farsi sentire).
Da qui prendo il sentiero marcato - ma non indicato dai cartelli - che, attraverso I Coll e Vignal, una risalita subito dopo il Ri di Mulitt, e varcando infine il Ri di Borgnone in secca, mi conduce a Ör di Costa.
Qui passo a salutare micaela alla sua cascina e tra una birra e due chiacchiere giunge anche il momento del rientro all’auto a Costa.
Come detto: ambiente selvaggio di prim’ordine, adrenalina, natura incontaminata all’ennesima potenza e, ciliegina finale, tranquillo e defatigante dopo-gita con la spontanea ospitalità di Micaela. Tutto ottimo: però la prossima volta vado a fare il giro del Ritóm…
Tempi:
Costa – Pizzo Ruscada (via diretta da sud): 4 ore
Pizzo Ruscada – Costa (via Cappellone, Corte Nuovo e Vignal) : 2 h 30’
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