Il Madone (2756 m) (Val Torta) - SKT
|
||||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Molti sono i Madoni, nelle Alpi Ticinesi. Ma uno solo è “il Madone”. Ora so perché. Eppure, a vederlo dal Pizzo del Lago Scuro è solo una normale montagna: niente di più e niente di meno del Pizzo stesso, solo un po’ più alto. È proprio vero che per poter parlare di una cosa, bisogna conoscerla. E per parlare di una montagna bisogna esserci andati.
E così, a meno di una settimana dall’ultima gita, torno al Passo del Narèt per cercare di salire il dirimpettaio della montagna precedente. In realtà, il Madone è dirimpettaio anche di altre montagne: Pizzo Sella, Campanile, l’altro Campanile (Pizzo Gararesc), Cristallina, Pizzo del Ghiaccaio del Sasso Nero, Lucendro… ma fermiamoci qua, è abbastanza così!
Al Passo commetto il primo ed unico errore di giornata: per evitare di scendere al Lago del Narèt (perdita di dislivello e pendii soggetti a valanghe, anche se già scarichi) salgo in direzione della prima elevazione a Nord del Passo. Rileggendo la guida del CAS, effettivamente si dice di salire “i ripidi pendii in direzione NE”; io invece vado su dritto (Nord puro) e mi trovo sulla cresta con un baratro ai miei piedi, dopo aver superato non senza fatica più di 100 metri di dislivello su pendenze attorno ai 35°, o qualcosa in più. La cresta verso Est è delicata, per cui decido di cambiare assetto (anche se il punto in cui mi trovo non è dei più favorevoli), e scendere fino a quando non mi sarà possibile risalire. Spello, scendo, ripello e raggiunta nuovamente la cresta in un punto più a Est che permette la discesa verso la Val Sabbia, spello nuovamente e scendo su neve dura, facendo ben attenzione a non finire nel Lago di Val Sabbia (ho sempre il timore che questi laghetti non tengano, e ancora di più ora, dopo il caldo pazzo di questi giorni).
Evidentemente non devo aver letto bene la guida (ma una volta sul terreno la dimentico, la guida), visto che lì si dice di andare alla quota 2530, mentre io resto molto più centrale. Ad un certo punto il pendio impenna e con le inversioni non si cava più un ragno dal buco. Tolgo gli sci e salgo a piedi. Il pendio è rivolto a Sud e fa molto caldo, per cui a volte mi ritrovo immerso nella neve fino all’inguine. In qualche modo supero il pendio critico e re-inforco gli sci. Sono sempre più o meno sotto la verticale del P.2685: la cresta S del Madone così come l’omonimo Passo rimangono alla mia sinistra e ormai non ho più modo di raggiungerli (traverso troppo ripido). Tengo gli sci più di quanto li avrei tenuti normalmente (non ho nessuna voglia di ricominciare ad affondare, piuttosto mi esibisco in inversioni “al limite”) e mi dirigo verso gli affioramenti rocciosi sopra di me, situati a SE della pala finale. Raggiunta la roccia metto nuovamente gli sci sullo zaino e salgo a piedi aiutandomi con le mani (facili passaggi di I, ma con gli scarponi da sci sembra tutto un po’ più complesso). All’intaglio tra la dorsale Est e la pala, o poco sopra, posso rimettere gli sci, con i quali salgo il facile pendio finale e guadagno la cima del Madone.
La guida dà D- e quand’anche la salita non fosse stata così laboriosa, la discesa dirà comunque la sua in questo senso.
Se questa è la via normale invernale per il Madone, chissà come sono i canali W (ah, ma dimenticavo: gli esponenti della Wood Gang non sono solo scialpinisti sopraffini, sono anche prestigiatori…).
Il primo tratto della discesa, subito dopo la facile cupola terminale, consiste nel discendere il pendio “con tratti oltre i 40°” tra due fasce rocciose (la zona che prima avevo evitato perché troppo ripida, avendo preferito le roccette sotto la dorsale). Non mi dilungo, tutto riesce bene grazie all’ottimo Sulz, anche le curve (non oso pensare a come sarebbe stata se avessi trovato ghiaccio: dérapage a go-go…). Anche l’altro pendio ripido (dove prima avevo tolto gli sci), con questa neve è una formalità assai godibile. Il Lago di Val Sabbia stavolta lo aggiro sul suo lato Est e giunto al punto di minima, sempre volendo evitare la discesa al Lago del Narèt, ripello per risalire all’elevazione (circa 2540) che sovrasta il Passo del Narèt. Breve pausa con birra e poi spellata definitiva: rimane solo un’unica lunga discesa. Anche il pendio che punta al Passo è bello ripido (al mattino l’avevo disceso in direzione SE, ora SW) e in un batter d’occhi lo raggiungo. Il resto è storia: Val Torta, Valle del Ri di Cristallina e bosco finale.
Bene, dopo Madom da Sgiof, Madone (Valle della Porta), Madone / Batnall, Madone (di Mergoscia), Madone (di Moghegno) e Madonino è venuta la volta de “il Madone”: un nome tanto poco appariscente per una montagna che invece coinvolge e affascina incredibilmente.

Kommentare (14)