Corni di Nibbio: Pizzo del Lesìno (1990 m), La Teia (1688 m), Türinell (1677 m) , Cima 1663 m…
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Dopo aver buttato una fugace occhiata verso Nord dal Passo di Sautì nella giornata del Pizzo delle Tre Croci, sento che la preparazione, sia fisica che mentale, per affrontare “la madre di tutte le ascensioni” del comprensorio valgrandino è presente. E allora, prima che l’ispirazione possa liquefarsi, provo la salita al Lesìno: come già detto in altre occasioni, per sapere davvero, bisogna provare: se le difficoltà sono superiori a quanto posso permettermi, torno sui miei passi, ma almeno so di aver tentato.
Il Pizzo del Lesìno è quella cima defilata, lontana da tutto, vicina solo al Pizzo Proman, ma separata da esso da un abisso di vertigini, cioè la Bocchetta di Valfredda, punto di congiunzione tra il Vallone di Nibbio e, appunto, la Valfredda: l’uno sul versante ossolano, l’altra incombente sulla Val Grande.
La sua lontananza dal mondo delle montagne frequentate non gli impedisce però di essere comunque visibile da un’infinità di punti. In particolare, “da vicino” citerei sia Intra (per esempio dai due ponti, quello sul San Giovanni e quello sul San Bernardino) che Pallanza (lungolago), mentre da lontano direi che una menzione speciale la merita il Generoso, vero balcone affacciato sulle Alpi.
Per me è sempre stato un sogno, di quelli che si coltivano così, per diletto, ben sapendo che difficilmente si avrà l’ardire di tentarne la salita. Come detto, l’impulso recente della visuale ravvicinata dal Passo di Sautì e dal Pizzo delle Tre Croci mi fa dire: “proviamo, al limite anche la “piccola” Teia sarà comunque una bella soddisfazione…”
Venendo al percorso, tralascio qui la descrizione da Bettola al Passo di Sautì: è storia recente…
Liquido però subito la pendenza “difficoltà”: direi che il tratto che va dal predetto passo fino alla cima del Lesìno si avvicina globalmente ad una difficoltà di tipo T5, escluso il passaggio chiave, che arriva a toccare un T6 (se lo dice Frank Seeger qui, chi sono io – forse Superman? – per abbassare la difficoltà? No di certo: mi associo all’autorevole parere…!). Per quanto riguarda l’altra scala (difficoltà di arrampicata), sempre per lo stesso motivo - Frank Seeger dixit - mi accodo al II°, anche se, volendo aggirare sempre e comunque, penso si possa rimanere anche sul I°.
Comunque, il percorso è questo. Dal Passo di Sautì salgo facilmente alla cima che fronteggia il Pizzo delle Tre Croci, cioè la cima quotata 1677 (localmente detta Türinell).
Da qui scendo alla successiva sella dove dovrebbe trovarsi un’apertura quadrata (detta “La Porta”) che però io non ho notato né all’andata né al ritorno. Poi ricomincio a salire e raggiungo in breve la cima de La Teia (1688 m).
Nuova discesa. In realtà anche troppo, per cercare di evitare possibili saliscendi: idea malsana, visto che mi trovo a combattere con numerosissimi ed intricatissimi ontani.
La via migliore è senz’altro quella seguita al ritorno: filo di cresta ad oltranza, senza curarsi dei possibili saliscendi. Almeno non si lotta con la boschina (ho tuttora le braccia piene di graffi…).
Comunque, torniamo all’andata: devo risalire fino a toccare l’infida e bifida Cima 1663, visto che il passaggio a mezza costa sul lato della Valgrande è impossibile a causa di un crestone roccioso dirupatissimo (non parliamo del lato ossolano, lì si tratta di veri e propri abissi…).
Ora arriva il passaggio chiave (T6): dalla cima predetta mi abbasso all’anticima nord su passaggi aerei a picco sull’Ossola e da qui scendo, attraverso una cengia erbosa molto ripida (lato Valgrande), fino ad entrare in un canalino umido che passo verso destra, per poi riattraversare verso sinistra per guadagnare lo spigolo di cresta che va verso Nord. Lo sperone superato immette poi nel punto più basso della cresta percorsa, il Passo del Tita (circa 1590 m).
La via procede ora più diretta (il Lesìno è proprio davanti): ogni tanto si notano dei segni di passaggi di animali, che talvolta sembrano quasi un vero e proprio sentierino. In breve arrivo davanti ad una torre, che supero con qualche passaggio di II° sul lato della Val Piana (Valgrande): niente di difficile. Rododendri e ginepri sono qui il terreno “naturale”. La salita al Re dei Corni di Nibbio sembra non avere mai fine, ma ad un certo punto appare il piccolo ometto di vetta.
Rimando i festeggiamenti a dopo e senza passaggi particolarmente impegnativi guadagno la Cima Nord, di qualche metro inferiore alla principale, ma con un panorama da brivido sul Vallone di Nibbio e sulla parete Sud del Proman.
Da qua ritorno sulla vetta del Pizzo del Lesìno, dove, con un pensiero rivolto al povero e indimenticato Christophe (hurluberlu) che tanto amava questa montagna, sottolineo il momento con una sudata birra.
È domenica: nonostante la relativa difficoltà di raggiungimento di questa montagna, arriva compagnia: un team composto da 4 elementi, di cui solo due riesco ad incontrare personalmente (gli altri sono più attardati e quando comincio la discesa, loro seguono una via di salita più “esterna”) in rappresentanza del Cusio (Nònio), del Verbano (Pallanza ed Intra) e del Novarese (Borgomanero). Dovessero per qualche motivo leggere questa relazione, penso che abbiano motivo per riconoscersi in questa mia, seppur sommaria, descrizione. A loro un saluto!
In vetta c’è un vento tempestoso, per cui riprendo la via del ritorno (con una breve fermata anche sulla Teia, ma anche lì il vento infierisce…) e seguo fedelmente la cresta, ivi comprese anche le 4 elevazioni che, tra il Lesìno e la cima 1663, le carte ufficiali (CNS e Zanetti) definiscono Corni di Nibbio (…) (non entro qui nel merito della questione, avendone parlato già nella citata relazione del Pizzo delle Tre Croci).
Arrivo all’auto un po’ provato ma al settimo cielo: fino a poco tempo fa non avrei mai osato sperare di mettere piede sul Pizzo del Lesìno. Un’abbuffata di Corni e di emozioni. D’ora in avanti camminerò sul lungolago guardando in alto, perché là sono stato e là vorrò ritornare.
Tempi:
Bettola – Passo di Sautì: 3 ore
Passo di Sautì – Pizzo del Lesìno: 3 ore e 15’
Pizzo del Lesìno – Passo di Sautì: 2 ore e 15’
Passo di Sautì – Bettola: 2 ore e 45’

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