Pizzo Sautì, versante Sud - Corni di Nibbio
|
||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Per la serie "il primo amore non si scorda mai", ritorno sul Pizzo Sautì (quota 1677 m, senza nome sulle mappe), il posto in cui, circa sette anni fa, ho sentito per la prima volta per la Valgrande un'attrazione irresistibile. In quell'occasione (qui) ero da solo e il sentiero nella zona detta degli asaa (termine dialettale che sta per "piccoli ripiani erbosi") era praticamente invisibile sotto le felci.
Oggi invece sono in compagnia di Ferruccio e il sentiero si presenta in una veste rinnovata: nel corso del 2019 infatti è stato ripulito e segnalato ottimamente da un gruppo di volontari che qui ringrazio. Ho apprezzato in particolare il ripristino del tracciato originario del tratto in cui il sentiero entra in traverso (comunque esposto...) al guado dell'Or Piccioch, evitando il tratto dove un tempo si doveva scendere su terreno infido affidandosi a sottili cavetti metallici dall'aria poco rassicurante.
Grazie alla nuova segnaletica, ora si può arrivare senza possibilità di errore in circa 3 ore all'Alpe Sautì, autentico nido d'aquila.
L'idea era quella di salire alla cresta sopra i cosiddetti "prati di Sautì" - un tempo pascolo di capre, ora ricoperto da una boscaglia con prevalenza di agalitt (i maggiociondoli) - per tentare una salita diretta da Sud al Pizzo Sautì, cima che si raggiunge normalmente dal Passo Sautì lungo la cresta Est.
La cresta Sud, confine con l'appartata e selvatica Val Cornera, regala scorci mozzafiato in qualunque direzione si guardi.
Giunti alla base del tratto roccioso terminale, la pendenza e l'esposizione aumentano (su terreno ghiacciato...) al punto che decidiamo di scendere verso Est per poi risalire in un ripido canalino fino alla cresta principale, da cui raggiungiamo il Pizzo Sautì dopo essere passati da un caratteristico intaglio, lo stesso di sette anni fa. Ambiente bellissimo con panorami superbi.
Dalla cima, ampia visuale verso l'area della Valgrande a sud del Pedum, che in inverno si lascia "leggere" come un libro aperto: ecco quindi - da sinistra a destra - la Ganna Grossa, la Valletta, la Valle dell'Arca, la Val La Caula, la Val Cavrì e la Val Manau, luoghi interdetti (sono nella Riserva Integrale del parco...) e abbandonati prima di molti altri per la scomodità di accesso.
Al ritorno, raggiungiamo il passo Sautì e da qui, dopo una pausa, scendiamo seguendo la recente segnaletica.
Nel vallone di Bettola, prendiamo una "scorciatoia" già nota a Ferruccio: un esposto traverso che porta direttamente sulla dorsale dell'Or dul Piccioch, poco sopra il punto dove passa il sentiero.
Attenzione: si tratta di una variante sconsigliabile a deboli di piede o di cuore.
Un sentito ringraziamento a Daniele Barbaglia, grandissimo conoscitore di questi luoghi e co-autore (con Renato Cresta) di due libri fondamentali per ogni appassionato della Valgrande: Genti e luoghi di Valgrande e Valgrande. Pascoli, Boschi e genti del Pedum, entrambi pubblicati da Alberti Libraio Editore.
Senza il suo contributo molto di questo mondo sarebbe andato perduto.
Per non dimenticare:
Oggi invece sono in compagnia di Ferruccio e il sentiero si presenta in una veste rinnovata: nel corso del 2019 infatti è stato ripulito e segnalato ottimamente da un gruppo di volontari che qui ringrazio. Ho apprezzato in particolare il ripristino del tracciato originario del tratto in cui il sentiero entra in traverso (comunque esposto...) al guado dell'Or Piccioch, evitando il tratto dove un tempo si doveva scendere su terreno infido affidandosi a sottili cavetti metallici dall'aria poco rassicurante.
Grazie alla nuova segnaletica, ora si può arrivare senza possibilità di errore in circa 3 ore all'Alpe Sautì, autentico nido d'aquila.
L'idea era quella di salire alla cresta sopra i cosiddetti "prati di Sautì" - un tempo pascolo di capre, ora ricoperto da una boscaglia con prevalenza di agalitt (i maggiociondoli) - per tentare una salita diretta da Sud al Pizzo Sautì, cima che si raggiunge normalmente dal Passo Sautì lungo la cresta Est.
La cresta Sud, confine con l'appartata e selvatica Val Cornera, regala scorci mozzafiato in qualunque direzione si guardi.
Giunti alla base del tratto roccioso terminale, la pendenza e l'esposizione aumentano (su terreno ghiacciato...) al punto che decidiamo di scendere verso Est per poi risalire in un ripido canalino fino alla cresta principale, da cui raggiungiamo il Pizzo Sautì dopo essere passati da un caratteristico intaglio, lo stesso di sette anni fa. Ambiente bellissimo con panorami superbi.
Dalla cima, ampia visuale verso l'area della Valgrande a sud del Pedum, che in inverno si lascia "leggere" come un libro aperto: ecco quindi - da sinistra a destra - la Ganna Grossa, la Valletta, la Valle dell'Arca, la Val La Caula, la Val Cavrì e la Val Manau, luoghi interdetti (sono nella Riserva Integrale del parco...) e abbandonati prima di molti altri per la scomodità di accesso.
Al ritorno, raggiungiamo il passo Sautì e da qui, dopo una pausa, scendiamo seguendo la recente segnaletica.
Nel vallone di Bettola, prendiamo una "scorciatoia" già nota a Ferruccio: un esposto traverso che porta direttamente sulla dorsale dell'Or dul Piccioch, poco sopra il punto dove passa il sentiero.
Attenzione: si tratta di una variante sconsigliabile a deboli di piede o di cuore.
Un sentito ringraziamento a Daniele Barbaglia, grandissimo conoscitore di questi luoghi e co-autore (con Renato Cresta) di due libri fondamentali per ogni appassionato della Valgrande: Genti e luoghi di Valgrande e Valgrande. Pascoli, Boschi e genti del Pedum, entrambi pubblicati da Alberti Libraio Editore.
Senza il suo contributo molto di questo mondo sarebbe andato perduto.
Per non dimenticare:
- Balma dul Giuvann: balma situata sulla sinistra idrografica del Vallone di Bettola, lungo il sentiero per Sautì. Prende il nome dal pastore di Nibbio (Giovanni) che caricava l'Alpe Agalina
- Balma dul Valanzin: balma sulla destra idrografica orografica della Val Fighera lungo il sentiero dei Cunscitt. La Balma dul Valanzin prende il nome da un boscaiolo (Valentino).
- Or dul Piccioch: Orlo - con il solito significato di dorsale - del Piciocch, dove Piciocch è il soprannome poco lusinghiero di un pastore di capre (traducibile come "pirletta") che caricava il Casin
- Casin: alpetto di pastori di capre, poi usato dai boscaioli che filavano il legname dalla Bocchetta del Tranquillo
Tourengänger:
atal

Communities: Hikr in italiano
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (8)