Al monte Gambarogno con anello da Piero: scuola di tenacia.
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In un'ipotetica classifica della fatica, la gita odierna si inserirebbe nella top five delle mie escursioni.
Proprio perchè la salita è stata così onerosa e ha richiesto grandi dosi di tenacia, la vorrei dedicare al caro Floriano che, mi sembra di capire, aveva un rapporto speciale con questa bella montagna: il monte Gambarogno.
Alla fine del traverso si comincia a salire un corridoio boschivo ora completamente innevato con in vista, in alto, la chiesetta rifugio di Sant'Anna. sebbene piuttosto ripido, il superamento di questo corridoio non ha presentato particolari difficoltà grazie al manto nevoso ben portante.
Dopo breve pausa alla bella e ben tenuta chiesetta, si prosegue diritto e in piano a giungere, dopo pochi minuti, ad un alpeggio, dove un cartello segnavia indica la direzione di marcia. A questo punto le pendenze si fanno importanti e la pista non è battuta. Abbiamo temuto di perdere la via (specialità della casa), ma i bolli copiosi posti ben in vista sugli alberi ci hanno facilitato. Neve da portante a cedevole, si inizia a dir parolacce.
All'uscita dal bosco, la fatica è remunerata dallo splendido panorama verso il piano di Magadino, Locarno, Ascona e i monti soprastanti. Da questo punto la vetta del Gambarogno è spietatamente visibile e nonostante la mancanza di bolli (non c'è più bosco e quelli sui sassi sono coperti dalla neve), la via è intuitiva. Prima per tornanti, poi per tagli degli stessi e infine direttamente su largo canale procediamo. Nel canale la neve è buona e consente una progressione relativamente agevole su un pendio assolato la cui pendenza valuterei in 20/25°.
All'uscita in cresta, a fronte della mia illusione di essere oramai arrivato, si presenta un ulteriore pendio inclinatissimo con neve che d'un tratto diviene cedevolissima. Un passo avanti, due indietro (siamo senza ciaspole), le parolacce divengono irripetibili e offendere il mondo intero pare essere l'unica liberazione alla situazione in cui ci troviamo.
Poi, d'improvviso, la vetta. Una breve visita e pranzo (sono passate 4 ore dalla partenza) alla casermetta sottostante la stessa.
Da qui, ci abbassiamo sulla vetta orientale e volgiamo dunque a oriente in rapida discesa "dritto per dritto" su neve molle verso il sospirato asfalto dell'alpe Neggia.
Senza nemmeno chiederci se ci sia un sentiero, percorriamo la cantonale sino a Biegno non prima di aver dato uno sguardo allo splendido abitato di Indemini. L'asfalto rilascia calore e i nostri piedi fradici e gelati traggono il meritato beneficio. A dire il vero, il progetto primigenio era di andare da Indemini a Monteviasco ma i tempi di percorrenza, uniti alla necessità di scendere a fondovalle e quindi risalire, ci fa abbandonare l'idea.
A Biegno, perciò, ci abbassiamo oltre la chiesa e individuiamo il sentiero diretto a Piero. Dopo i primi tratti molto ben segnalati, il sentiero si perde nel bosco (o forse l'abbiamo perso noi) senza alcuna indicazione (o forse non l'abbiamo vista). Fattostà che, alla ricerca del sentiero perduto, scendiamo per ripidissimi pendii nel bosco, sino a dover ammettere di esserci persi, proprio davanti a un solco non percorribile.
Abbiamo perso più di cento metri di quota tra terreni franosi e rovi nella schiena e fa malissimo doversi girare e tornare indietro scalando a quattro appoggi il bosco. Tuttavia è l'unica soluzione e con gran fatica (ed indiscutibile tenacia) risaliamo, sbuchiamo sulla strada e la percorriamo sino a Lozzo, dive il sentiero dell'andata ci attende e in una ventina di minuti, attraverso l'abitato di piero, ci riconduce alla sospirata automobile.
Sviluppo: 22.5 km; SE: 34.5 km.
Il dislivello tiene conto della discesa e risalita nel bosco a Biegno.
I tempi comprendono le numerose soste.
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