Pizzo Campo Tencia (3072 m) & Pizzo Tenca (3035 m)
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Giuseppe Brenna, nella sua Guida delle Alpi Ticinesi (vol.2) edita dal CAS, ed.1993, liquida la via che ho seguito per il Pizzo Campo Tencia con le seguenti poche righe:
“Si lascia l’itin. 1245 del Passo Sovèltra S a quota 2500 circa e verso N, su terrazzi rocciosi, pendii detritici (Gann da Pioda Rossa) e nevai si raggiunge la bocchetta 2974 m, situata tra la cima del Pizzo Campo Tencia e la Cima 3035 m circa (senza nome né quota sulla CN). {Il Pizzo Tenca} Per la facile cresta E si va in breve alla vetta.” ”F, da Prato, ore 6.30”.
C’è da dire che tale sommaria descrizione riguarda solo la parte terminale della gita odierna; ho quindi l’occasione per aggiungere qualche dettaglio anche riguardo al resto del tragitto. Ecco qua.
Parto da Prato Vallemaggia (Lavizzara) ad un orario confacente con i tempi dichiarati dal chiaro autore (un cartello posto nella piazza di Prato indica invece 7 ore e 10 alla cima): siccome, potendo, mi piace godermi la vetta e questo richiede il suo tempo, alle 05.00 sono già sul sentiero, cioè sulla carrozzabile, vietata al traffico privato da un bel cartello all’uscita del paese. Tutto molto ben segnalato, il dislivello fino al Monte di Predee (1001 m) non si sente quasi. Qui attraverso il ponte e passo sulla sinistra orografica del Ri della Valle di Prato. C’è un lungo tratto a picco sul fiume, fragoroso per le recenti abbondanti piogge, con anche acqua che precipita dalle rocce soprastanti, che obbliga ad un’imprevista doccia. Salgo fino alla Cap. Sovèltra (1534 m), che non è altro che una grande stalla della vicina Alpe Campo Tencia (da cui la sovrastante, incombente vetta prende il suo nome) opportunamente trasformata in capanna nel 1997. Da qui in avanti il sentiero è segnato in bianco-blu. Passo a destra dell’Alpe Sovèltra e subito dopo il sentiero gira verso SO, attraversando prima il Ri della Löita e poi un altro ruscello, il Ri della Gerra, molto gonfio e senza ponte. Lo passo con dei saltelli. Poi il sentiero piega verso N in direzione di Pradòi (2147 m), sotto lo sguardo della severissima Ovest del Barone. A Pradòi una ex-cascina dei pastori è stata attrezzata come ricovero d’emergenza, con tanto di pagliericcio per la notte. Da qui in avanti, oltre alla segnaletica ufficiale si aggiungono frequentissimi e sovrabbondanti segni blu: chissà cosa direbbe il Brenna! Salgo sulle Ganne di Pradòi e sotto la verticale del Passo Sovèltra e del Pizzo Penca taglio verso NE con meta la bocchetta posta a quota 2974 tra il P.Tenca e il P.Campo Tencia, come già riportato nella citazione del Brenna. Qui sulle Ganne arrivano i primi raggi di sole della giornata, ma sale anche la nebbia, oltre ad un vento gelido che mi costringe ad indossare abiti caldi. Il semplice tratto finale mi porta, dopo sei ore e mezza di marcia, sulla cima del Pizzo Campo Tencia (3072 m), attesa da anni. Motivazione: fin da piccolo ho sempre frequentato Carì, un po’ in villeggiatura presso i miei zii, un po’ anche con i miei genitori, e poi più avanti anche in veste di sciatore. E sul balcone di fronte a Carì, è sempre andata in scena la “magica triade” (Penca, Tenca e Campo Tencia) arricchita dai due alfieri laterali, il Forno ed il Pizzo Croslina.
Oggi posso dire di essere io su quella bellissima quinta, però senza reciprocità, visto che la nebbia “oscura” completamente la Leventina, lasciando un unico spiraglio sulla valle di Prato (Vallemaggia). Oltre ai due omoni di vetta, sventolano una moltitudine di bandierine tibetane. Il freddo e la scarsa visibilità mi inducono a rimandare le libagioni sulla vetta del Pizzo Tenca. Veloce discesa, bocchetta, veloce salita ed eccomi sulla seconda vetta. Qui la visibilità è migliore, anche il sole è più presente, e non tira vento. Per un breve attimo si apre addirittura la vista totale sul ghiacciaio sotto di me, il Ghiacciaio Grande di Croslina, ancora parzialmente ricoperto da neve. E altrettanto velocemente ecco presentarsi, 1600 metri più in basso, Piumogna e la sua valle! Dopo la meravigliata contemplazione non mi resta che chiudere lo zaino e, attraverso la via di salita, ritornare a valle, con una discesa che durerà altre cinque ore.
Non sono un amante del “collezionismo di (alte) quote”, per me la quota è solo un numero come un altro, del resto cosa cambia da 2950 a 3050? Cento metri in più? Quisquilie. Preferisco l’estetica e il “richiamo” di una montagna. Sentire dentro di me la sua voce, provare il piacere della scoperta. Queste cose. Quindi, solo a livello statistico dirò che queste due vette sono per me soltanto la sesta e la settima, in Ticino, sopra i tremila metri. Però un’altra di queste montagne ticinesi d’alta quota è già un po’ che mi sta mandando il suo richiamo. Prima che l’estate sia finita, risponderò.
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PS Nella scheda sintetica ho indicato come difficoltà T3 e F. F per la quota e T3 perché, nonostante il percorso sia segnato in bianco-blu, le mani non si usano mai e la via è tutta segnata (anche troppo) fino alla cima. L’unica vera difficoltà sta nella lunghezza del percorso e nel dislivello da affrontare.

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