Bocchetta del Lavattel 1408 m naufragio tra i Corni di Nibbio
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Oggi si tentava un bell'osso duro il Torrione di Bettola dalla Bocchetta del Tranquillo e discesa dal Lavattel magari, da valutare. Nello zaino anche una corda, che il furbetto molla sempre a me, con la scusa del......
Ma abbiamo fatto i conti senza l'oste.
Si parte da Bettola di buon mattino, e lungo la ferrovia, a prendere la bella "strada" della Linea Cadorna.
La notte ha piovuto, ed è ancora tutto umido.
Improvvisamente appare una salamandra, poi un altra, poi una coppia, le poverette spesso rischiano passando molto vicino alle "vibram" dei semi-ciechi camminatori. Alla fine ne contiamo ben 17. Un paio dalla foga di fuggire, maldestramente tentano il suicidio lanciandosi nel vuoto, dimenticando di essere salamandre goffe e non agili lucertole.
La Strada Cadorna è una vera opera di ingegneria di oltre 100 anni di età. Al suo termine vi è un piazzale con resti di baita: è il "Mott I Sass", poco oltre c'è l'Alpe Corte 675 m. Oltre, l'esile sentiero stà molto alto sul fondovalle del Vallone di Bettola, talvolta con catene. Infine attraversa il suo affluente : il Rio Piciocch, al Or Picciocch 760 m. Nei pressi c'è la possibilità di prendere acqua. Samuele comincia ad avvertire qualche problema alla sua protesi del piede.
Si prosegue e al bivio per la Bocchetta del Tranquillo, decidiamo per prudenza di rinunciare fin da subito al Torrione. Quindi rimaniamo sul già noto sentiero che passa dal Balm dul Giuvann. e andiamo all'attraversamento del vallone in un punto spazzato via dalla soprastante frana, molte catene aiutano a superare questo punto critico. Continui controlli e aggiustamenti alla protesi di Sam, rallentano la progressione.
Su un albero penzola una carrucola della teleferica Lavattelli.
Arriviamo infine al bel dosso panoramico dell'Asaa 1300 m circa.
Su un costone riusciamo a scorgere, là sotto il rudere del "Casin".
Vista la situazione, proviamo ad andare un pezzo verso la Bocchetta del Lavattel. Inizialmente il sentiero è ancora ben marcato, fino a che si arriva alla grande frana. Qui Sam decide prudentemente di mollare, non avendo la piena padronanza dello scarpone con la protesi e torna all'Asaa.
Io supero la frana, non sapendo neanche a che livello di quota sia la prosecuzione, molto delicato il passaggio e la terra è anche umida, al di sopra altri massi in bilico. Reperisco una pseudo-traccia. Ci sono dei saliscendi, e arrivo poi a un'altra frana più vecchia, dove intuisco che la prosecuzione possa essere solo nella risalita di un canalino. Si va per logica, tutto intorno ci sono i baratri d'altronde.
In cima al canalino , un bel sentiero sostenuto da muretti a secco, che rasenta la parete di sinistra. Infine si arriva ad affacciarsi sulla Valgrande. Sotto c'è un rudere, si deve aggirare un dente di roccia sul lato Valgrande e in discesa ( -25 m ) si arriva alla Bocchetta del Lavattel 1408 m.
Risalito a fianco del dente, valuto la possibilità di andare sulla Cima Tre Croci per scendere all'Asaa dal Passo Sautì, ma non riesco a trovare un punto sufficientemente debole per iniziare a salire. Provo a salire una paretina con passaggi di 2° poco appigliati e verticale, ma dopo un metro e mezzo desisto e faccio anche fatica a ridiscendere, salire dal versante Valgrande è tutto bagnato e con pendii a Franapoggio.
Si torna dalla stessa via, che è già complicato.
Ripasso le frane con molta cautela e raggiungo Sam all'Asaa.
Altro bel lavoro di manutenzione con lacci delle scarpe e pinze del coltellino svizzero di Sam ( mezzo chilo di coltellino con tremila funzioni ).
Scendiamo fino all'Or Picciocch, e la protesi è ormai al collasso, urge qualche nuova idea in stile "Mc Gyver" ( quello dei telefilm che riesce a far partire anche una macchina arrugginita dal rottamaio e magari senza batteria ).
Con grande senso di sacrificio :), decido di rimanere letteralmente con le braghe in mano, rinunciando alla mia cintura, che con la mia pancetta era l'unica cosa che mi teneva su i pantaloni.
Riusciamo così a "impacchettare" tutto per bene, facendo 4 e più giri intorno alla protesi, spingendo bene dentro un malefico bulloncino.
In qualche modo, facciamo almeno in sicurezza l'esposto e successivo sentierino.
Arrivati alla "Strada Cadorna", è fatta, il piede può appoggiare bene in piano e non ci sono più pericoli, salvo poter cadere dai muraglioni, non del tutto da escludere :))
Visto che si viaggia quasi sempre sul bordo, essendo il resto invaso dalla vegetazione.
E' stata dura, soprattutto tenere i miei pantaloni su, senza la cintura.
Ma abbiamo fatto i conti senza l'oste.
Si parte da Bettola di buon mattino, e lungo la ferrovia, a prendere la bella "strada" della Linea Cadorna.
La notte ha piovuto, ed è ancora tutto umido.
Improvvisamente appare una salamandra, poi un altra, poi una coppia, le poverette spesso rischiano passando molto vicino alle "vibram" dei semi-ciechi camminatori. Alla fine ne contiamo ben 17. Un paio dalla foga di fuggire, maldestramente tentano il suicidio lanciandosi nel vuoto, dimenticando di essere salamandre goffe e non agili lucertole.
La Strada Cadorna è una vera opera di ingegneria di oltre 100 anni di età. Al suo termine vi è un piazzale con resti di baita: è il "Mott I Sass", poco oltre c'è l'Alpe Corte 675 m. Oltre, l'esile sentiero stà molto alto sul fondovalle del Vallone di Bettola, talvolta con catene. Infine attraversa il suo affluente : il Rio Piciocch, al Or Picciocch 760 m. Nei pressi c'è la possibilità di prendere acqua. Samuele comincia ad avvertire qualche problema alla sua protesi del piede.
Si prosegue e al bivio per la Bocchetta del Tranquillo, decidiamo per prudenza di rinunciare fin da subito al Torrione. Quindi rimaniamo sul già noto sentiero che passa dal Balm dul Giuvann. e andiamo all'attraversamento del vallone in un punto spazzato via dalla soprastante frana, molte catene aiutano a superare questo punto critico. Continui controlli e aggiustamenti alla protesi di Sam, rallentano la progressione.
Su un albero penzola una carrucola della teleferica Lavattelli.
Arriviamo infine al bel dosso panoramico dell'Asaa 1300 m circa.
Su un costone riusciamo a scorgere, là sotto il rudere del "Casin".
Vista la situazione, proviamo ad andare un pezzo verso la Bocchetta del Lavattel. Inizialmente il sentiero è ancora ben marcato, fino a che si arriva alla grande frana. Qui Sam decide prudentemente di mollare, non avendo la piena padronanza dello scarpone con la protesi e torna all'Asaa.
Io supero la frana, non sapendo neanche a che livello di quota sia la prosecuzione, molto delicato il passaggio e la terra è anche umida, al di sopra altri massi in bilico. Reperisco una pseudo-traccia. Ci sono dei saliscendi, e arrivo poi a un'altra frana più vecchia, dove intuisco che la prosecuzione possa essere solo nella risalita di un canalino. Si va per logica, tutto intorno ci sono i baratri d'altronde.
In cima al canalino , un bel sentiero sostenuto da muretti a secco, che rasenta la parete di sinistra. Infine si arriva ad affacciarsi sulla Valgrande. Sotto c'è un rudere, si deve aggirare un dente di roccia sul lato Valgrande e in discesa ( -25 m ) si arriva alla Bocchetta del Lavattel 1408 m.
Risalito a fianco del dente, valuto la possibilità di andare sulla Cima Tre Croci per scendere all'Asaa dal Passo Sautì, ma non riesco a trovare un punto sufficientemente debole per iniziare a salire. Provo a salire una paretina con passaggi di 2° poco appigliati e verticale, ma dopo un metro e mezzo desisto e faccio anche fatica a ridiscendere, salire dal versante Valgrande è tutto bagnato e con pendii a Franapoggio.
Si torna dalla stessa via, che è già complicato.
Ripasso le frane con molta cautela e raggiungo Sam all'Asaa.
Altro bel lavoro di manutenzione con lacci delle scarpe e pinze del coltellino svizzero di Sam ( mezzo chilo di coltellino con tremila funzioni ).
Scendiamo fino all'Or Picciocch, e la protesi è ormai al collasso, urge qualche nuova idea in stile "Mc Gyver" ( quello dei telefilm che riesce a far partire anche una macchina arrugginita dal rottamaio e magari senza batteria ).
Con grande senso di sacrificio :), decido di rimanere letteralmente con le braghe in mano, rinunciando alla mia cintura, che con la mia pancetta era l'unica cosa che mi teneva su i pantaloni.
Riusciamo così a "impacchettare" tutto per bene, facendo 4 e più giri intorno alla protesi, spingendo bene dentro un malefico bulloncino.
In qualche modo, facciamo almeno in sicurezza l'esposto e successivo sentierino.
Arrivati alla "Strada Cadorna", è fatta, il piede può appoggiare bene in piano e non ci sono più pericoli, salvo poter cadere dai muraglioni, non del tutto da escludere :))
Visto che si viaggia quasi sempre sul bordo, essendo il resto invaso dalla vegetazione.
E' stata dura, soprattutto tenere i miei pantaloni su, senza la cintura.
Tourengänger:
Antonio59 !,
Sam61


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Kommentare (11)