Dom (4545 m)
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La vetta trapezoidale del Dom rappresenta la massima elevazione della muraglia dei Mischabel, che strapiomba su Saas Fee con l’ostico versante est. Il versante nord è decisamente più abbordabile ma piuttosto isolato, nascosto dalla testata del lungo Hobärggletscher, proprio di fronte a Lenzspitze e Nadelhorn. Qui passa la via normale. Da tempo pregustavo una salita a questa montagna, così distante dal fondovalle e priva di funivie che abbrevino l’avvicinamento.
Sabato mattina siamo saliti al rifugio in una giornata grigia e sotto una leggera pioggerella. Appena partiti ci fermiamo al coperto nei pressi di una stalla in attesa che la precipitazione si attenui. Confidando nel miglioramento previsto, ce la prendiamo con molta calma, facendo anche il giro largo per il Charles Kuonen Hängebrücke su un sentiero lungo ma molto più dolce rispetto a quello classico il che, con gli zaini pesanti, si rivelerà poi un’idea vincente. Il meteo non concede miglioramenti fino alle rocce del Festflüe, dove inizia il sentiero attrezzato marcato bianco-blu. Qui comincia a vedersi qualche schiarita e riusciamo a salire su roccia abbastanza asciutta. Al termine delle difficoltà, un ultimo pendio fra erba e rocce ci porta al rifugio, mentre ampi squarci di sereno iniziano a scoprire la mole del Cervino e del Weisshorn al ravvicinato orizzonte. La Domhütte è un gioiellino, pulita e confortevole, le rifugiste simpatiche e gentili. Stranamente non è applicata nessuna precauzione anti-Covid e i prezzi sono i soliti svizzeri: 70 CHF per la mezza pensione soci CAI/CAS e 10 CHF per una bottiglia d’acqua. Cena non memorabile ma comunque abbondante e colazione l’indomani alle 2:30, noi siamo partiti quasi per ultimi intorno alle 3:30. Dal rifugio saliamo quindi la morena sulla destra orografica del Festiglescher seguendo gli ometti fino al ghiacciaio. Qui ci leghiamo e iniziamo a percorrerlo stando sempre sulla sinistra (solo un crepaccio evidente), al di sotto della cresta fino a raggiungere la base del pendio roccioso che sale al Festijoch. Superiamo il tratto con passi di II su facili cenge di roccia friabile, sono presenti in loco almeno tre anelli da calata che utilizzeremo al ritorno per fare due doppie da 25 m (le mie prime calate in doppia, grazie Ale!). Dal Festijoch perdiamo circa 70 metri di dislivello (da risalire al ritorno, e si sentiranno), iniziando poi a percorrere la zona centrale dell’Hobärggletscher, cercando di tenerci a debita distanza dai seracchi alla nostra destra, la traccia è comunque evidente ed il ghiacciaio in buone condizioni. Iniziamo poi a piegare a est verso il Lenzjoch, trovando neve fresca ma già battuta dai numerosi svizzeri che ci precedono, alcuni già in discesa. Superato un tratto più ripido e parzialmente ghiacciato, approdiamo sull’ultima spalla ripida dove il vento si intensifica ma ci permette comunque di raggiungere la vetta. Panorama sconfinato vista la giornata splendida ma sosta piuttosto breve a causa del vento.
Discesa rapida fino al Festijoch, dove impieghiamo tempo ad aspettare le cordate sotto di noi e ad allestire le doppie. Tornati al rifugio, sosta doverosa per riposare e recuperare le nostre cose e poi giù a Randa lungo il sentiero ufficiale in circa tre ore.
Splendida cavalcata in ambiente grandioso per una montagna da tempo nel cassetto dei desideri, trovata in condizioni perfette. Si tratta di una salita tecnicamente facile ma non bisogna sottovalutare l’impegno fisico complessivo se fatta in due giorni, tenendo conto del lungo avvicinamento e della discesa (più di 3100 m di dislivello).
Con Ale e Davide.

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