Tentativo alla Becca de Fontaney e Coteau Champorcher (2656 m)
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Altra “puntata” in Val d’Aosta, “aperitivo” in vista delle mie vacanze di Agosto. Cerco sempre una meta attorno ai tremila. Settimana scorsa, alla Cima Bianca (3009 m) avevo trovato nevai a chiazze, evitabili. Oggi, alla Becca de Fontaney (2972 m) mi aspetto qualcosa del genere.
Le previsioni per oggi sono decisamente buone, ciononostante scelgo di arrivare alla partenza, come settimana scorsa, attorno l’alba, in modo da sfruttare tutta la giornata ed essere di ritorno presto alla macchina.
Penso di lasciare la macchina al grande parcheggio prima di Porliod, ma scopro che oggi c’è un concerto e c’è divieto di sosta per tutto il giorno, quindi non mi resta che fare inversione a U e parcheggiare al primo slargo che trovo. Così, invece che da Porliod, parto da La Combaz, un centinaio di metri più in basso, ma non fa nulla, il dislivello non è mai stato un mio problema!
Come sto facendo sempre, ultimamente, parto con su le mie scarpette da trail e metto gli scarponi sullo zaino. Mi aspetto di tenerle senza alcun problema fino a Cunéy, dove il terreno diventerà tecnico e farò cambio di assetto. Su un sentiero, o ancor di più su una strada come quella da cui sto salendo in questo caso, vanno benissimo e sono più leggero, anche se devo tenere il peso degli scarponi sulla schiena.
Arrivato a Tsa de Fontaney vedo sulla mia sinistra una dorsale, indicata sulla cartina come Coteau de Champorcher (che nulla ha ovviamente a che fare con il Champorcher che già conosco, che è da tutt’altra parte!). Studio, dal basso, il P2656. Pur non essendo il punto più alto, è l’unico quotato. I pendii erbosi sono ripidi ma sulla carta fattibili. Così penso che, tornando indietro, se non sarà troppo tardi, potrei farlo. Proseguo verso il Col du Salvé. Il sentiero è veramente tranquillo, non si sentono affatto gli 800 metri dislivello che ho fatto fin qui. Una volta arrivato al colle si apre davanti a me la vista della mia vetta, imponente e completamente secco. Nel frattempo, ho riletto il rapporto di Max64 e compagni che parla di un passaggio molto aereo negli ultimi 30 metri e che colpevolmente non avevo notato, forse anche traviato dal T3 con cui avevano gradato la salita. La cosa mi conferisce un po’ di insicurezza. Non amo arrivare fino in fondo e rinunciare alla vetta per un nonnulla. E, all’inizio della stagione, non ho ancora la confidenza sul tecnico, né, forse, ho più la spregiudicatezza di un tempo. Ad ogni modo, stiamo a vedere. Per arrivare a Cunéy, ovviamente, non passo dal sentiero attrezzato del Passet. Sono contrario alle catene e a seguire le vie più complicate, quando ce n’è una decisamente più comoda! Quando arrivo però nei pressi di Cunéy, girando attorno alla Becca de Fontaney, mi rendo conto che il versante che voglio far io è in buona parte innevato. Non so se questo è un vantaggio o uno svantaggio, se la neve tiene la salita al colletto potrebbe essere più facile che non su un versante sfasciumoso, come sembra quello che c’è sotto (alcuni smottamenti, infatti, “sporcano” il biancore della neve e fanno capire che il versante è poco stabile). La cosa che mi fa ben sperare (almeno per la parte finale) è che il sentiero per la Becca de Fontaney è addirittura segnato in giallo, come EE, quindi non può essere così tremendo. Proseguo, comunque, affrontando la prima difficoltà, la neve. Non è chiaro capire come raggiungere la conca nevosa che sta alla base della Becca seguendo il sentiero, ma in un modo o nell’altro ci arrivo comunque. Appena tocco la neve, mi rampono. Mi metto a piombo rispetto al colletto, che voglio raggiungere per arrivare in cresta, e parto con picca e bastoncino. Potrei anche proseguire in diagonale, per evitare le prime roccette, ma stiamo a vedere intanto. La neve è buona, caspita. Salgo bene, ma la prima parte è ancora poco ripida. Proseguendo, la pendenza aumenta, sono nella fascia 35°-40°, ancora va bene, ma quando raggiungo le prime roccette che spuntano nella neve, mi trovo nel solito problema di queste situazioni, aggravato dal fatto che la neve è primaverile: lo sprofondamento. Mi sposto in orizzontale, per cercare di stare più lontano dalle roccette, che creando calore rendono la neve più soggetta alla formazione di buchi, ma non c’è niente da fare. La picca non tiene più e sono dentro fin quasi al ginocchio, non mi fido ad andare avanti. La cresta è a non più di 10 metri e la vetta a 120. Tra l’altro, incominciano a formarsi delle nubi che avvolgono la cima. Insomma, oltre a prendermi dei rischi, potrebbe anche andare a finire che mi ritrovi in vetta senza vedere nulla! Fare marcia indietro, dunque, è la soluzione più ragionevole. Peccato, chissà come sarebbe stato quel passaggio (che rivisto a casa dalle foto non sembra brutto come descritto).
A questo punto non mi resta che tornare sui miei passi e pensare, come “cima di consolazione”, al Coteau de Champorcher. Incontro un po’ di gente che sta salendo per andare a Cunéy. Questi sentieri mi fanno tornare alla mente quando passai di qui, l’anno scorso, al Tot Dret. E proprio allora mi dissi che questi luoghi, questa vallata, erano bellissimi, e mi fecero venire voglia di tornare qui in vacanza.
Dopo aver fatto un po’ di chiacchiere con un torinese, con cui parliamo delle vette della zona, spaziando fino alla Valtournenche, scendo dal Col du Salvé fino al punto in cui vedo la mia cima, il P2656. Mi rimetto gli scarponi, non appena il pendio diventa ripido, e proseguo nel pascolo. È sempre divertente, andare così senza traccia. La vetta è raggiungibile senza alcun problema, e la vista è ora estesa fino al Col Vessona, anche se le nubi avvolgono le cime più alte. Per la discesa, decido di provare lo “scivolo” che va direttamente alla Tsa de Fontaney. Fortunatamente, non ci sono salti che rendano la discesa impossibile, proprio come mi era sembrato guardando dal basso (ma a volta da vicino le cose sono più complicate…), così posso fare ritorno sulla strada.
Anche oggi ho imparato un bel po’ di cose: che la neve c’è ancora, e soprattutto sul versante Nord! Che bisogna sempre studiare le relazioni fino in fondo. Che la guida (in questo caso la “Alpi Pennine II” del mitico Buscaini) deve essere sempre nello zaino (meglio se avvolta nella plastica, per proteggerla da umidità o pioggia!), perché spesso è necessario cambiare la propria meta in corsa e a questo punto avere le indicazioni della guida è fondamentale!
Una giornata comunque da incorniciare, la conca attorno all’Oratorio di Cunéy è spettacolare. Ed una delle cime che la circondano, il Mont Pisonet, è sulla lista delle “cime da fare” di quest’estate (da Oyace): speriamo di riuscire a farla!

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