Blaubergstock (2865 m)
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Nel Blaubergstock mi ero imbattuto due anni fa, quando lo vidi dallo Stotzigen Firsten. Mi parve una montagna bella, su una cresta importante, ma apparentemente senza grosse difficoltà. Alla fine dell’inverno scorso fui lì lì per andare a provarlo, un po’ anche sull’onda del rapporto scialpinistico di Laura., che lo gradò PD (ma vista la sua immensa bravura, per lei tutto è una passeggiata!). Oggi, dopo averne parlato con un’amica, è venuto il momento di farlo!
Complici il cambio d’ora ed il fatto che ultimamente sto andando meno in montagna di una volta e quindi soprattutto non ho il “polso” della situazione nevosa, ho un po’ di dubbi su quando partire e su cosa portare. Alla fine, alle 3.25 solari sono in macchina e con me ho ciaspole e ramponi.
Arrivo a Göscheneralp che sono le 6, molto prima dei quello che pensavo. Mi preparo e parto. Nonostante non intravveda molta neve, nella penombra dell’alba, tengo le ciaspole, che non si sa mai. Oggi il dislivello è poco, posso andare tranquillo. Inoltre, cosa a cui non sono (volutamente) abituato, buona parte del percorso sarà su un sentiero (bianco-blu). Dopo poco, è ora di togliere la frontale. Prendo il bivio per Realp ed abbandono il sentiero attorno al lago. Da qui in poi, so che non incontrerò più nessuno. La traccia è abbastanza visibile e non ci sono segni di neve, almeno finora. Ci sono invece tante placche, che nella Göschenental evidentemente sono la consuetudine, e che io mal sopporto. Fortunatamente, almeno in salita non mi danno più di tanto fastidio. Il sole non vuole saperne di sorgere, ma d’altronde questo è un versante N, dovevo aspettarmelo. Arrivato all’Älpergensee, incomincio a pensare come affrontare la mia vetta. As usual, per le vette di cui non ho una guida del Brandt o del Brenna, non mi preparo e vado a sensazione. A casa avevo pensato di salire dall’Älpergenlücke, cresta NE, ma ora, guardando dal vivo la (breve) cresta che porta al Blaubergstock, ci sono un paio di gendarmi che non mi piacciono proprio. Così, decido di provare dal versante NE, sfruttando la traccia che porta alla Lochberglücke. Dopo un breve tratto (moderatamente) ripido, il tratto finale dovrebbe essere abbastanza tranquillo. Ma per sapere come stanno veramente le cose bisogna andare a toccare con mano! Dal lago in su c’è neve, ma non si sprofonda e le ciaspole non servono. Quando devio per puntare alla Lochberglücke, la neve si fa dura e insidiosa, quindi metto i ramponi. Il tratto ripido è brevissimo e per nulla pericoloso: sotto spiana e, anzi, non è neanche più di tanto ripido. La meta ora è a due passi! Solo un passaggio tra qualche blocco e sono al grande ometto di vetta! Il panorama è di tutto rispetto, oscurato solo in parte dal vicino Lochberg, su cui avevo fatto qualche pensierino (ma il ghiacciaio che avrei dovuto superare, per quanto piccolo, con la neve sopra non mi faceva stare tranquillo). Mangio l’ultimo dei tramezzini che mi sono portato e mi sdraio un po’ a sonnecchiare, poi incomincio a valutare la discesa. La cresta NE, quella che avevo scartato guardandola da sotto, non mi sembra poi così male. È presto, posso permettermi, nel caso, di tornare indietro. E così incomincio la discesa. Quando arrivo in prossimità del passaggio chiave, mi rendo conto che, a destra, c’è uno strapiombo impressionante (mentre da sopra mi era sembrato che ci fosse una sorta di cengia), mentre a sinistra il versante (innevato) è comunque troppo ripido per essere passato in traverso o anche sceso. Così, come temevo, devo tornare in vetta e scendere da dove sono salito. Per il ritorno studio meglio il percorso e, tra la neve, riesco a seguire i segni bianco-blu quasi integralmente.
Alla fine, sono al lago e le ciaspole sono rimaste a prendere aria sullo zaino. È ancora presto per loro! Ora lo so.

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