Pena da Corticcio - Valle Antrona
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Pena è un’isola d’erba attorniata dai larici, difesa su tre lati da fianchi impervi, culmine e baricentro del settore più selvatico della Valle Antrona.
Non mi viene in mente un altro alpe tagliato fuori da qualunque sentiero ancora degno di questo nome e che disponga di un pascolo così esteso. D'altra parte arrivarci non è facile e, anche dopo quest'ultima visita, restano dei dubbi su quale fosse la principale via di accesso.
I vicini alpi di Cama, anch'essi abbandonati e dal pascolo ancora più vasto, sono raggiungibili da un sentiero CAI, che sostituisce il vecchio percorso di carico dopo che una frana, nell'anno 2000, lo ha reso inagibile.
Avevamo già visitato l'Alpe Pena, risalendo il versante che precipita su Schieranco (vedi qui), ma ci mancava l'accesso dall'Alpe Corticcio, la cui riscoperta è merito di Frank Seeger e Tim Shaw, che avevano pubblicato delle collezioni di foto sui rispettivi siti nel 2016.
E così, qualche anno dopo gli illustri predecessori, ci mettiamo anche noi in cerca di quello che, secondo qualcuno, era il sentiero di carico dell'Alpe Pena, o la stra di vacch, sempre che vi transitassero effettivamente dei bovini (e per raggiungere pascoli con così poca acqua)…
Avvertenze
Percorso molto interessante per gli amanti di archeologia alpina. Nella parte alta, del vecchio sentiero sembra che non sia rimasto proprio nulla.
Da mettere in conto tratti ripidissimi su erba, secca in questa occasione, che rendono consigliabile l'uso (per quanto improprio...) dei ramponi.
Il percorso
Ad Antronapiana mi incammino con Ferruccio lungo Via Salamei e, alla cappella di San Giuseppe, imbocco la stradina di campagna che porta al ponte sul torrente Loranco. Sulla sinistra idrografica, prendiamo il sentiero per l'Alpe Corticcio. Qua e là ci sono dei vecchi segnavia CAI ma l'impressione generale è che il percorso non sia più mantenuto. Si tratta di una mulattiera che traversa in direzione SE con percorso evidente fino alla condotta forzata che dal Lago dei Cavalli cala sulla centrale di Rovesca (qui c'è anche un cartello illustrativo sbadito). Dopo la condotta il percorso diviene meno evidente. Al termine di un breve traverso su terreno aperto, bisogna scendere per pochi metri nella boscaglia per ritrovare la traccia.
Arriviamo così ai grandi castagni di frutto e quindi alle baite abbandonate di Corticcio, poste su un panoramico dosso prativo che ancora resiste all'avanzata dei noccioli.
Fino qui, meno di 1 ora.
Oltre il pascolo di Corticcio, Il sentiero traversa nel canale del Rio di Nugarè e scende sul greto con dei tratti costruiti che sicuramente hanno richiesto un impegno notevole. Viene naturale pensare che questa fosse veramente una stra di vacch, anche se adatta solo a manzette di piccola taglia, da condurre una alla volta (un po' come sulla cengia del Curtet, ma qui è peggio). D'altra parte, pare che portassero manzette anche nella Valle di Nibbio, fino ai Casali della Val Cornera...
Sul versante opposto, con percorso gradinato, il sentiero guadagna un poggio panoramico. Il sentiero risale quindi la costa tra il Rio di Nugarè e il Riale Bisla, incontrando due tratti con tacche poggiapiedi intagliate nella roccia e tocca la piazzola di una teleferica rivolta verso l'Alpe Corticcio.
Il percorso, contrassegnato da tagli ma poco evidente sul terreno, risale ancora la medesima costa con percorso ripido fino ad un primo grande faggio le cui radici affondano tra i sassi di una giavina. Poco sopra la pianta, i tagli portano a traversare a destra (Est) alla base delle rocce ma ad un certo punto terminano, con un ultima ceppaia tagliata, sotto un ripido pendio di erba secca. Da qui in avanti non c'è più un vero e proprio sentiero oppure i tagli indirizzano verso un percorso di interesse per i cacciatori ma senza alcun rapporto con il vecchio sentiero di carico.
La pendenza è di quelle che non concedono scampo e sotto gli scivoli d'erba ci sono veri e propri salti di roccia, impressionanti se visti dalla strada nella zona tra Locasca e Rovesca, fortunatamente solo intuibili se visti dall'alto.
Sarà un eccesso di prudenza ma io preferisco mettere i ramponi, compito che ormai riesco a svolgere anche con una mano sola, mentre l'altra si mantiene aggrappata a una betulla.
Saliamo così fino a circa 1700 m di quota e quindi, su terreno meno ripido, traversiamo seguendo una labilissima traccia verso destra (Est), forse quello che rimane del sentiero (segnato sulle mappe) che traversava da Cama a Pena, arrivando sulla dorsale esattamente in corrispondenza al nucleo principale dell'Alpe Pena.
Tempi: circa 2,5 ore da Corticcio.
Qui c'erano circa una decina di edifici, a cui aggiungere altre baite isolate che si incontrano poco più a sud lungo la dorsale se si arriva da Schieranco. Una delle baite è ancora in sesto, ed è chiusa con un lucchetto. Un rudere presenta la scritta 1739. Nell'insieme è chiaro che in passato l'Alpe Pena deve avere rivestito una notevole importanza nell'economia locale.
Ci lasciamo tentare da un sentiero evidente che, dai ruderi più a Nord, entra in piano nel vallone di Pena.
Il sentiero termina sul fondo di un canale laterale, disseccato in questa stagione siccitosa.
Ritorniamo quindi ad Antronapiana risalendo la dorsale fino alla quota 1973 m, come nella precedente visita. La differenza è che la volta scorsa c'era la nebbia, oggi invece c'è un cielo limpidissimo. Il percorso, che si svolge senza un vero e proprio sentiero, è molto panoramico e in una giornata come questa è facile rimanere incantati in immobile contemplazione della bellezza della montagna.
Agli alpi di Cama ci attende un paesaggio assolato con montagne innevate sullo sfondo, che non sfigurerebbe in certi western "rivisitati"... Vista la giornata spettacolare, merita una breve deviazione per ammirare il panorama mozzafiato dalla Croce di Cama. Scendiamo quindi, come la volta scorsa, lungo il sentiero segnalato che cala sul bellissimo nucleo di baite (abbandonate) denominato Gi Togn, quindi alle sottostanti alpi Le Fraccie, in parte ancora utilizzate.
Il sentiero da Le Fraccie ad Antronapiana versa in uno stato di completo abbandono ma l'ambiente non presenta difficoltà e, con l'aiuto del GPS, usciamo dal bosco al punto giusto per ritrovare il ponte sul torrente Loranco percorso all'inizio del giro.
Non mi viene in mente un altro alpe tagliato fuori da qualunque sentiero ancora degno di questo nome e che disponga di un pascolo così esteso. D'altra parte arrivarci non è facile e, anche dopo quest'ultima visita, restano dei dubbi su quale fosse la principale via di accesso.
I vicini alpi di Cama, anch'essi abbandonati e dal pascolo ancora più vasto, sono raggiungibili da un sentiero CAI, che sostituisce il vecchio percorso di carico dopo che una frana, nell'anno 2000, lo ha reso inagibile.
Avevamo già visitato l'Alpe Pena, risalendo il versante che precipita su Schieranco (vedi qui), ma ci mancava l'accesso dall'Alpe Corticcio, la cui riscoperta è merito di Frank Seeger e Tim Shaw, che avevano pubblicato delle collezioni di foto sui rispettivi siti nel 2016.
E così, qualche anno dopo gli illustri predecessori, ci mettiamo anche noi in cerca di quello che, secondo qualcuno, era il sentiero di carico dell'Alpe Pena, o la stra di vacch, sempre che vi transitassero effettivamente dei bovini (e per raggiungere pascoli con così poca acqua)…
Avvertenze
Percorso molto interessante per gli amanti di archeologia alpina. Nella parte alta, del vecchio sentiero sembra che non sia rimasto proprio nulla.
Da mettere in conto tratti ripidissimi su erba, secca in questa occasione, che rendono consigliabile l'uso (per quanto improprio...) dei ramponi.
Il percorso
Ad Antronapiana mi incammino con Ferruccio lungo Via Salamei e, alla cappella di San Giuseppe, imbocco la stradina di campagna che porta al ponte sul torrente Loranco. Sulla sinistra idrografica, prendiamo il sentiero per l'Alpe Corticcio. Qua e là ci sono dei vecchi segnavia CAI ma l'impressione generale è che il percorso non sia più mantenuto. Si tratta di una mulattiera che traversa in direzione SE con percorso evidente fino alla condotta forzata che dal Lago dei Cavalli cala sulla centrale di Rovesca (qui c'è anche un cartello illustrativo sbadito). Dopo la condotta il percorso diviene meno evidente. Al termine di un breve traverso su terreno aperto, bisogna scendere per pochi metri nella boscaglia per ritrovare la traccia.
Arriviamo così ai grandi castagni di frutto e quindi alle baite abbandonate di Corticcio, poste su un panoramico dosso prativo che ancora resiste all'avanzata dei noccioli.
Fino qui, meno di 1 ora.
Oltre il pascolo di Corticcio, Il sentiero traversa nel canale del Rio di Nugarè e scende sul greto con dei tratti costruiti che sicuramente hanno richiesto un impegno notevole. Viene naturale pensare che questa fosse veramente una stra di vacch, anche se adatta solo a manzette di piccola taglia, da condurre una alla volta (un po' come sulla cengia del Curtet, ma qui è peggio). D'altra parte, pare che portassero manzette anche nella Valle di Nibbio, fino ai Casali della Val Cornera...
Sul versante opposto, con percorso gradinato, il sentiero guadagna un poggio panoramico. Il sentiero risale quindi la costa tra il Rio di Nugarè e il Riale Bisla, incontrando due tratti con tacche poggiapiedi intagliate nella roccia e tocca la piazzola di una teleferica rivolta verso l'Alpe Corticcio.
Il percorso, contrassegnato da tagli ma poco evidente sul terreno, risale ancora la medesima costa con percorso ripido fino ad un primo grande faggio le cui radici affondano tra i sassi di una giavina. Poco sopra la pianta, i tagli portano a traversare a destra (Est) alla base delle rocce ma ad un certo punto terminano, con un ultima ceppaia tagliata, sotto un ripido pendio di erba secca. Da qui in avanti non c'è più un vero e proprio sentiero oppure i tagli indirizzano verso un percorso di interesse per i cacciatori ma senza alcun rapporto con il vecchio sentiero di carico.
La pendenza è di quelle che non concedono scampo e sotto gli scivoli d'erba ci sono veri e propri salti di roccia, impressionanti se visti dalla strada nella zona tra Locasca e Rovesca, fortunatamente solo intuibili se visti dall'alto.
Sarà un eccesso di prudenza ma io preferisco mettere i ramponi, compito che ormai riesco a svolgere anche con una mano sola, mentre l'altra si mantiene aggrappata a una betulla.
Saliamo così fino a circa 1700 m di quota e quindi, su terreno meno ripido, traversiamo seguendo una labilissima traccia verso destra (Est), forse quello che rimane del sentiero (segnato sulle mappe) che traversava da Cama a Pena, arrivando sulla dorsale esattamente in corrispondenza al nucleo principale dell'Alpe Pena.
Tempi: circa 2,5 ore da Corticcio.
Qui c'erano circa una decina di edifici, a cui aggiungere altre baite isolate che si incontrano poco più a sud lungo la dorsale se si arriva da Schieranco. Una delle baite è ancora in sesto, ed è chiusa con un lucchetto. Un rudere presenta la scritta 1739. Nell'insieme è chiaro che in passato l'Alpe Pena deve avere rivestito una notevole importanza nell'economia locale.
Ci lasciamo tentare da un sentiero evidente che, dai ruderi più a Nord, entra in piano nel vallone di Pena.
Il sentiero termina sul fondo di un canale laterale, disseccato in questa stagione siccitosa.
Ritorniamo quindi ad Antronapiana risalendo la dorsale fino alla quota 1973 m, come nella precedente visita. La differenza è che la volta scorsa c'era la nebbia, oggi invece c'è un cielo limpidissimo. Il percorso, che si svolge senza un vero e proprio sentiero, è molto panoramico e in una giornata come questa è facile rimanere incantati in immobile contemplazione della bellezza della montagna.
Agli alpi di Cama ci attende un paesaggio assolato con montagne innevate sullo sfondo, che non sfigurerebbe in certi western "rivisitati"... Vista la giornata spettacolare, merita una breve deviazione per ammirare il panorama mozzafiato dalla Croce di Cama. Scendiamo quindi, come la volta scorsa, lungo il sentiero segnalato che cala sul bellissimo nucleo di baite (abbandonate) denominato Gi Togn, quindi alle sottostanti alpi Le Fraccie, in parte ancora utilizzate.
Il sentiero da Le Fraccie ad Antronapiana versa in uno stato di completo abbandono ma l'ambiente non presenta difficoltà e, con l'aiuto del GPS, usciamo dal bosco al punto giusto per ritrovare il ponte sul torrente Loranco percorso all'inizio del giro.
Tourengänger:
atal

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