Pizzo Ciapè (2394 m)
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Lo slittamento del lockdown di un giorno è provvidenziale e oggi è l’ultima occasione utile prima dell’annunciata prigionia. Fortuna vuole che abbia un giorno di ferie da sfruttare ed un programma in Valle Antrona già fissato da settimane, con quel Pizzo Ciapè rimandato più volte per colpa delle condizioni avverse che hanno funestato l’Ossola ad inizio ottobre; ora il momento sembra buono ed anche il periodo, con le giornate ancora tiepide e i colori autunnali al massimo del loro splendore.
Parcheggio in località Madonna, proprio di fronte alla chiesa, per portarmi poi a piedi presso l’abitato di Schieranco. L’intenzione è percorrere il sentiero scomparso che incombe per più di 500 metri sul villaggio con una complessa parete rocciosa e che porta mille metri più in alto al nucleo abbandonato e panoramicissimo dell’Alpe Pena (segnalo il bellissimo sito Itineralp per la descrizione dettagliata dell’itinerario). Il tratto più complicato è la parte iniziale del percorso subito dopo i terrazzamenti, in quanto nel bosco e a ridosso di una giavina bisogna salire un po’ ad intuito traversando verso NW fino a sommitare uno sperone roccioso a circa 1050 m di quota. Qui un cervo in fuga mi mostra il passaggio successivo e, superata una grossa pianta caduta, risalgo prima a NE per una breve cengia e poi continuando a sfruttare i vari punti deboli della parete, segnalati qua e là da resti di gradini. Sostanzialmente riesco a seguire interamente il sentiero, obbligato in più punti, tranne nell’ultima parte prima del poggiolo panoramico a circa 1450 m di quota, che raggiungo tramite una scomoda traversata nel fitto bosco seguendo una traccia di animali; mi accorgo di aver commesso un errore in quanto, nella mia direzione di salita, la via è sbarrata da alcune pareti verticali, mentre due stambecchi siedono pacifici su uno sperone più a destra al di là di un valloncello dove il terreno sembra più agevole. Difatti, a traverso ultimato, sbuco sul poggio sopracitato dal quale si gode di una bella vista sulla Testa dei Rossi e sui tetti di Schieranco, posti proprio sulla verticale del punto di osservazione. Proseguendo in salita supero alcune balze rocciose e, su terreno più aperto anche se invaso dalle felci, raggiungo i primi resti di una baita (1702 m sulla CNS). Non mi rimane altro che seguire la lunga e facile dorsale SW che passa prima da un rudere intermedio (1757 m) per giungere poi al nucleo principale dell’Alpe Pena, adagiato su un promontorio molto panoramico e con un pascolo estesissimo a ridosso del lariceto; la giornata è mite e magnifica, solo qualche sbuffo di nuvole risale all’orizzonte mentre il Pizzo d’Andolla e la Weissmies brillano verso W luccicanti di neve. Dopo una breve pausa, continuo a salire lungo la dorsale, abbandonandola in traverso a destra poco prima della quota 2239 m ed andando così ad agganciare la cresta W del Ciapè in prossimità di un curioso masso che ricorda una figura ingobbita. Raggiungo quindi l’ometto di vetta, con qualche tratto di facile arrampicata negli ultimi 20-30 m.
Inizialmente mi ritrovo nelle nuvole, sopraggiunte nel frattempo ad avvolgere la cima, per poi riuscire a godermi alcuni suggestivi scorci tra una schiarita e l’altra. Regna un profondo silenzio e il luogo invoglia ad una lunga sosta: tra le nubi, per qualche secondo, appare il Rosa, per poi rituffarsi nel bianco e lasciare spazio alla Weissmies, e così via.
Ripartito in discesa, ritorno alla sella di quota 1973 m e, su labili tracce, mi abbasso all’Alpe di Cama Superiore, dove trovo le indicazioni del sentiero C20 che conduce a Cheggio ed Antronapiana. Nei pressi dell’Alpe Cama Inferiore mi concedo una breve digressione alla Croce di Cama, posta a picco sul fondovalle, e mi perdo ad osservare con ammirazione un gruppo di stambecchi trottare sul ripido versante che precipita nel Torrente Loranco. Tornato sul sentiero, scendo seguendo i segnavia fino all’Alpe Gi Togn, per poi calarmi a vista fino alle baite di Le Fraccie, sotto le quali il percorso si rituffa nel bosco in uno stato di completo abbandono; il terreno, però, è piuttosto semplice e, cercando sempre di mantenere in discesa la stessa direzione, scorgo di tanto in tanto i vecchi bolli riuscendo così ad abbassarmi fino al ponte di quota 919 m. Superatolo, prendo la stradina sterrata sulla sinistra che porta ad una centrale idroelettrica ed in breve alla strada principale del fondovalle, che percorro ormai al buio fino al punto di partenza.

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