Gugla (3377 m)
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La vetta di oggi la decido all’ultimo minuto. Ce l’avevo tra le mete della mia “lista”, dunque l’avevo studiata. Il Gugla. Una valle, la Mattertal, che conosco molto poco. Un po’ perché per me è piuttosto lontana, un po’ perché ci sono tantissime vette “impossibili”! Ma Gugla e Mettelhorn sono due fattibili. Alla mattina, poco prima di partire, do un occhio alle relazioni su HIKR, sfruttando il wi-fi di casa, giusto per capire che via ha seguito chi l’ha fatta. A mente, calcolo un po’ più di un migliaio di metri di dislivello, che non sono tanti, me la prendo relativamente con comodo e mi metto in macchina. Devo decidere se partire da Herbriggen o da Breitmatten. Dipende da dove riuscirò a trovare un parcheggio. Ce n’è uno a Herbriggen, 10 ore di disco orario. Visto che la prima ora indicabile sono le 8:30, ho tempo fino alle 18:30. Devo essere a casa per cena, quindi va benissimo.
Il cartello per l’Europaweg, il famoso sentiero che devo incrociare prima di incominciare le difficoltà tecniche, dà 4 ore. Mi sembra veramente tantissimo. Mi incammino, poi dopo poco mi accorgo di aver sbagliato strada. Guardo la cartina sul GPS e, finalmente, mi faccio due conti seri: Herbriggen è 1260, l’Europaweg 2580 e la mia meta, il Gugla, 3376. Dunque il dislivello è 2100 metri e passa: qui allora c’è da correre, altro che storie! Mi butto in discesa fino ad arrivare al bivio che avevo mancato – fortunatamente ho perso solo una sessantina di metri di dislivello – e parto deciso per la salita verso l’Europaweg. Ho su gli scarponi, non mi sono portato le scarpette, oggi, quindi è faticoso fare velocità, ma ce la metto tutta. Il sentiero è ripido e non lascia spazio per rifiatare. In un punto sbaglio ancora e, per non perdere tempo, stavolta decido di tagliare per il bosco, seguendo il mio GPS, invece di scendere e risalire. Ovviamente non c’è un che una traccia, che però dopo poco si va a perdere, devo quindi “raspare” nel sottobosco per evitare di scivolare. Fortunatamente dopo poco incontro nuovamente il mio sentiero, che si inerpica, zigzagando tra una balza rocciosa e l’altra, una conformazione molto curiosa che vedrò meglio, con più luce, al ritorno. Un po’ di canaponi qua e là aiutano la salita nei tratti esposti. Stavolta, ne faccio uso, dovendo andare su veloce. Alla fine in un paio di minuti meno di 3 ore, incluse le deviazioni per gli errori di percorso, sono alla mia prima meta, l’Europaweg. Non c’è male! Ora ho tutto il tempo per dedicarmi alla salita vera e propria, e mi sono fatto anche un po’ di allenamento per il mio ultratrail di settembre!
Mi riposo un attimo e incomincio a pensare alla via da seguire per la salita. Chissà perché, sono tantissime le volte che mi trovo a salire, al mattino, lungo il versante Ovest, e questo è fastidioso perché prima che sorga il sole sei al buio e dopo che è sorto, ti arriva la luce negli occhi ed è difficile capire bene la morfologia del terreno. In questo caso, poi, non c’è una vera cresta, più una “croupe”, come la chiamano i francesi, e quindi non è chiaro dove sia meglio andare. A questo punto, cerco di seguire l’erba di pascolo che, a grandi chiazze, è nata tra le grandi pietre, in modo da rendere più agevole la salita e poter sfruttare la piccozza. Verso la fine mi porto verso la cresta vera e propria. La salita è più faticosa che tecnicamente difficile. La vetta, non molto ben definita, è dietro un piccolo avvallamento che ospita un minuscolo nevaio. La vista da qui è spettacolare: oltre, ovviamente, al Cervino che, a poco a poco, salendo, ha fatto sempre più capolino, per poi stagliarsi, senza pari, sullo sfondo della Mattertal e all’imponente Weisshorn, proprio davanti a me, dalla cima il panorama si apre sulle due creste che conducono al Nadelhorn, quella del Dirruhorn e quella del Balfrin. Oltre al Dom, più dietro, e a mille altre vette e ghiacciai.
Non mi fermo tanto in vetta, perché la discesa è lunga, lunghissima. La inizio scendendo non esattamente per la via di salita, lungo la cresta, ma più diretto sul versante e così facendo mi metto in difficoltà, perché le pendenze sono importanti, sui 35-38°. Non importa e proseguo, perlomeno fino a che non mi trovo sopra una fascia rocciosa. A questo punto mi sposto, in orizzontale, verso la mia linea di salita e dopo un po’ sono su pendii più dolci. Mi posso, mentalmente, riposare. All’Europaweg mangio qualcosa e mi metto in marcia lungo il sentiero. Un paio di fontane mi danno ristoro. Io normalmente soffro la discesa, ma oggi ancora di più. Sembra infinita e i piedi mi fanno male. Stringo i denti, pensando che in gara avrò le super-ammortizzate HOKA e non dei durissimi scarponi, vado più veloce che posso, per soffrire di meno, come diceva Pantani, e sono alla macchina!
Giornata senza una nube, vetta poco caratteristica e sicuramente poco frequentata, in una valle che conosco poco, panorama stupendo!

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