Pizzo Ledù (m.2503)
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Ma che bella e avventurosa giornata oggi!!!
Dopo il timido tentativo dell'anno scorso interrotto per nebbia e neve (ma che comunque si era "felicemente" concluso con la salita al Pizzo Rabbi), oggi ci ritroviamo nuovamente a risalire verso la Bocchetta del Cannone: questa volta siamo io, Alessandro
Froloccone e Emiliano
Poncione.
La giornata è di un limpido stratosferico come per volerci invogliare ancor di più a salire.
Noi saliamo costanti verso la Bocchetta, sembra quasi che vogliamo toglierci subito questo "dovere" per arrivare prima ad affrontare il Ledù. E come ogni volta che si scollina dalla Bocchetta, la visione del Lago Ledù e del Bivacco Petazzi lascia senza fiato per la straordinaria bellezza, inoltre la super giornata di oggi rende tutto ancor più magnifico.
Anche il vento, che fino a poco prima della Bocchetta soffiava teso, smette come per volerci invogliare ancor di più a salire.
Senza scendere al lago, tagliamo in quota fino a ricongiungerci con il Sentiero dell'Alta Via del Lario che seguiamo fin sotto alla verticale del canale di accesso alla cresta nord-ovest. Raggiunta la base del canale ci vestiamo da alpinisti e iniziamo a risalirlo. A pochi metri dalla cresta deviamo alla nostra destra superando una bella lama con un passaggio in arrampicata e discretamente esposto.
Ora con un aggiramento sul versante nord di un piccolo torrione e qualche altro passaggio su roccette arriviamo al fatidico spigolo. Basta uno sguardo per capire che qui è meglio utilizzare una corda, il passaggio è decisamente esposto.
Ora è la nostra calma e concentrazione che ci invoglia ancor di più a salire.
Piazzato il primo cordino su uno spuntone mi avvio, letteralmente a cavalcioni, sullo spigolo con i piedi a penzoloni nel vuoto, si avanza a poco a poco spingendosi con le mani. L'esposizione è notevole e ogni passo va calibrato con cura. Fatti i primi due metri orizzontali, lo spigolo prosegue in discesa per altri quattro/cinque metri circa. Con una manovra che sembra di essere al rallentatore vado a cercare un punto in cui appoggiare i piedi per riuscire a girarmi e iniziare a disarrampicare. Lo spigolo è liscio e gli appoggi per i piedi sono abbastanza lontani, bisogna agguantare l'unica lama presente e lasciarsi scendere pian piano fino ad appoggiare i piedi. Stessa manovra per i due passaggi successivi che supero dopo aver piazzato un'altra fettuccia di sicurezza. Quando finalmente finisco il passaggio adrenalinico, tiro un bel sospiro e preparo la corda per i miei due compagni.
froloccone
è il mio turno.........comincio a "cavalcare" l'espostissima lama in orizzontale,sul lato settentrionale qualche centinaio di metri di salto, su quello meridionale qualche decina, un errore qui non da scampo!! Ma la corda dà, oltre che al corpo anche alla mente la sicurezza necessaria per affrontare anche questo passaggio molto delicato. Dopo circa tre metri, la lama comincia a scendere in maniera appoggiata ma scarsa di appigli per circa 4/5 metri e qui con la massima concentrazioni,respirando e soffermandomi a valutare il movimento migliore e con il giusto conforto di Andrea che mi osserva consigliandomi riesco a "disarrampicare" questo ostico passaggio. La soddisfazione che provo quando appoggio il piede sul sasso nell'intaglio è incredibile.
Emiliano intanto ci raggiunge e insieme dopo una successiva anticima che ci porta a un'altro intaglio , con facile ma non banale arrampicata giungiamo sulla "spartana" cima del Pizzo Ledù, io non esulto, so che il ritorno almeno fino alla base del canale sassoso non sarà più facile anche se è impossibile nascondere il sorriso, soprattutto dinnanzi al vastissimo e spettacolare panorama che è in grado di offrire questa cima.
Al ritorno percorriamo l'aerea cresta a ritroso risalendo anche la lama e tornati al "sicuro" non riesco ancora a credere di aver salito il Ledù.
Grazie a Emiliano, grazie ad Andrea che ha permesso la riuscita di questa stupenda e indimenticabile avventura e soprattutto grazie al Ledù che ci ha dato il "permesso" di salire sulla sua sommità.
Poncione
Escursione nella quale ci si potrebbe già accontentare dello spettacolo formidabile della conca di Ledù e il suo bel laghetto che occhieggia il Lario da settentrione... ma il Pizzo Ledù, imponente, da tempo desiderato, temuto, è lì, solitario e burbero, che aspetta visite. Giunti - come ben descritto da Andrea - alla fatidica lama-spigolo è ora di tirar fuori corde, cordini, moschettoni perchè il rischio si eleva all'ennesima potenza. Armamentari che notoriamente non mi attirano granchè... un attacco di crampi proprio in questo punto fatidico indurrebbe alla rinuncia senza se e senza ma... provo comunque a "cavalcare" la lama, ma la fredda roccia fa aumentare i dolori. Rinuncio... anzi no, respiro. A destra della lama l'occhio attento aveva notato un micro-sentiero/cengia, comunque esposto, con cui tentare il tutto per tutto. Inforco con cautela il sentierino, che s'infrange subito su una placca alta un paio di metri, da disarrampicare coi pochi appigli disponibili per accedere a una cengia che oltrepassa da sotto la fatidica lama. Breve arrampicatina e raggiungo i miei compari, messi a dura prova dal passaggio più difficile ed ostico del Ledù. La cengetta proseguirebbe ancora, ma un evidente cedimento del terreno su cui dovrei metter piede non mi convince troppo, pertanto seguo i passi di Ale ed Andrea "cavalcando" (incordato) la successiva "lama-baby". Superato l'ultimo scoglio non resta che l'arrampicata finale per poter finalmente dominare l'altezzoso e grande Ledù.
Gran panorama, e altrettanto grande soddisfazione.
Grazie ad Ale, Andrea, e al Ledù, che ha accettato di farsi scalare in tutte le maniere... ;)
Avanti così.
NB. Di fatto, la presenza di questa "scappatoia" riduce in piccola parte la portata alpinistica dell'ascesa, ma rimane comunque un passaggio assai delicato, da compiere con massima attenzione. Evitando la lama, pertanto, ci si può permettere di valutare l'ascesa con parametri escursionistici, cioè T6.
Dopo il timido tentativo dell'anno scorso interrotto per nebbia e neve (ma che comunque si era "felicemente" concluso con la salita al Pizzo Rabbi), oggi ci ritroviamo nuovamente a risalire verso la Bocchetta del Cannone: questa volta siamo io, Alessandro


La giornata è di un limpido stratosferico come per volerci invogliare ancor di più a salire.
Noi saliamo costanti verso la Bocchetta, sembra quasi che vogliamo toglierci subito questo "dovere" per arrivare prima ad affrontare il Ledù. E come ogni volta che si scollina dalla Bocchetta, la visione del Lago Ledù e del Bivacco Petazzi lascia senza fiato per la straordinaria bellezza, inoltre la super giornata di oggi rende tutto ancor più magnifico.
Anche il vento, che fino a poco prima della Bocchetta soffiava teso, smette come per volerci invogliare ancor di più a salire.
Senza scendere al lago, tagliamo in quota fino a ricongiungerci con il Sentiero dell'Alta Via del Lario che seguiamo fin sotto alla verticale del canale di accesso alla cresta nord-ovest. Raggiunta la base del canale ci vestiamo da alpinisti e iniziamo a risalirlo. A pochi metri dalla cresta deviamo alla nostra destra superando una bella lama con un passaggio in arrampicata e discretamente esposto.
Ora con un aggiramento sul versante nord di un piccolo torrione e qualche altro passaggio su roccette arriviamo al fatidico spigolo. Basta uno sguardo per capire che qui è meglio utilizzare una corda, il passaggio è decisamente esposto.
Ora è la nostra calma e concentrazione che ci invoglia ancor di più a salire.
Piazzato il primo cordino su uno spuntone mi avvio, letteralmente a cavalcioni, sullo spigolo con i piedi a penzoloni nel vuoto, si avanza a poco a poco spingendosi con le mani. L'esposizione è notevole e ogni passo va calibrato con cura. Fatti i primi due metri orizzontali, lo spigolo prosegue in discesa per altri quattro/cinque metri circa. Con una manovra che sembra di essere al rallentatore vado a cercare un punto in cui appoggiare i piedi per riuscire a girarmi e iniziare a disarrampicare. Lo spigolo è liscio e gli appoggi per i piedi sono abbastanza lontani, bisogna agguantare l'unica lama presente e lasciarsi scendere pian piano fino ad appoggiare i piedi. Stessa manovra per i due passaggi successivi che supero dopo aver piazzato un'altra fettuccia di sicurezza. Quando finalmente finisco il passaggio adrenalinico, tiro un bel sospiro e preparo la corda per i miei due compagni.

è il mio turno.........comincio a "cavalcare" l'espostissima lama in orizzontale,sul lato settentrionale qualche centinaio di metri di salto, su quello meridionale qualche decina, un errore qui non da scampo!! Ma la corda dà, oltre che al corpo anche alla mente la sicurezza necessaria per affrontare anche questo passaggio molto delicato. Dopo circa tre metri, la lama comincia a scendere in maniera appoggiata ma scarsa di appigli per circa 4/5 metri e qui con la massima concentrazioni,respirando e soffermandomi a valutare il movimento migliore e con il giusto conforto di Andrea che mi osserva consigliandomi riesco a "disarrampicare" questo ostico passaggio. La soddisfazione che provo quando appoggio il piede sul sasso nell'intaglio è incredibile.
Emiliano intanto ci raggiunge e insieme dopo una successiva anticima che ci porta a un'altro intaglio , con facile ma non banale arrampicata giungiamo sulla "spartana" cima del Pizzo Ledù, io non esulto, so che il ritorno almeno fino alla base del canale sassoso non sarà più facile anche se è impossibile nascondere il sorriso, soprattutto dinnanzi al vastissimo e spettacolare panorama che è in grado di offrire questa cima.
Al ritorno percorriamo l'aerea cresta a ritroso risalendo anche la lama e tornati al "sicuro" non riesco ancora a credere di aver salito il Ledù.
Grazie a Emiliano, grazie ad Andrea che ha permesso la riuscita di questa stupenda e indimenticabile avventura e soprattutto grazie al Ledù che ci ha dato il "permesso" di salire sulla sua sommità.

Escursione nella quale ci si potrebbe già accontentare dello spettacolo formidabile della conca di Ledù e il suo bel laghetto che occhieggia il Lario da settentrione... ma il Pizzo Ledù, imponente, da tempo desiderato, temuto, è lì, solitario e burbero, che aspetta visite. Giunti - come ben descritto da Andrea - alla fatidica lama-spigolo è ora di tirar fuori corde, cordini, moschettoni perchè il rischio si eleva all'ennesima potenza. Armamentari che notoriamente non mi attirano granchè... un attacco di crampi proprio in questo punto fatidico indurrebbe alla rinuncia senza se e senza ma... provo comunque a "cavalcare" la lama, ma la fredda roccia fa aumentare i dolori. Rinuncio... anzi no, respiro. A destra della lama l'occhio attento aveva notato un micro-sentiero/cengia, comunque esposto, con cui tentare il tutto per tutto. Inforco con cautela il sentierino, che s'infrange subito su una placca alta un paio di metri, da disarrampicare coi pochi appigli disponibili per accedere a una cengia che oltrepassa da sotto la fatidica lama. Breve arrampicatina e raggiungo i miei compari, messi a dura prova dal passaggio più difficile ed ostico del Ledù. La cengetta proseguirebbe ancora, ma un evidente cedimento del terreno su cui dovrei metter piede non mi convince troppo, pertanto seguo i passi di Ale ed Andrea "cavalcando" (incordato) la successiva "lama-baby". Superato l'ultimo scoglio non resta che l'arrampicata finale per poter finalmente dominare l'altezzoso e grande Ledù.
Gran panorama, e altrettanto grande soddisfazione.
Grazie ad Ale, Andrea, e al Ledù, che ha accettato di farsi scalare in tutte le maniere... ;)
Avanti così.
NB. Di fatto, la presenza di questa "scappatoia" riduce in piccola parte la portata alpinistica dell'ascesa, ma rimane comunque un passaggio assai delicato, da compiere con massima attenzione. Evitando la lama, pertanto, ci si può permettere di valutare l'ascesa con parametri escursionistici, cioè T6.
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