Cima di Gana Rossa (2787 m) - SKT
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Sveglia come al solito alle 03.00 ma zaino e sci in spalla alle 07.20: com’è possibile? Basta che la cima originaria, posizionata sullo spartiacque tra Nord e Sud delle Alpi, sia totalmente immersa in un cupo e umido grigiore, che invoglia solo a girare la macchina e pensare immediatamente ad un’alternativa. Discesa la prima vallata, risalita la seconda vallata, ecco che l’orologio segna 07.20. Non è proprio l’orario in cui si dovrebbero cominciare le scialpinistiche in questa stagione, ma vedrò di farmene una ragione, tanto la salita è breve. L’importante è che il sole splenda e di nuvole, per ora, non ci sia neanche l’ombra.
Così la Cima di Gana Rossa salta fuori un po’ per caso. Non che non ci abbia pensato durante la passata stagione, però c’era sempre qualcos’altro di mezzo.
Oggi, arrivato a Cusiè, parto con questa intenzione e non mi faccio distrarre né dalla montagna che precede (Piancabella), né da quella che segue (Gana Bianca). Le mie sensazioni mi dicono che la Gana Rossa ha, tra le tre, il miglior pendio da offrire per la discesa; e allora che Gana Rossa sia!
Salgo con gli sci in spalla fino a poco oltre l’Alpe di Sceru. Non appena supero il costone che scende dal Pizzo di Sceru, cioè al Piano delle Bolle, l’erba lascia il posto alla neve e gli sci passano dalle spalle ai piedi.
Dopo un lungo traverso, necessario per portarsi al centro del vallone (il pendio Nord-Est della Cima di Gana Rossa), comincio a risalirlo, con pendenze sempre abbordabili, che non vanno oltre la difficoltà PD.
Pur conoscendo la zona - è di qualche anno fa il mio giro estivo su questa e altre cime vicine - non ho con me cartine nè guide, dato l’improvviso cambio di programma, per cui salgo seguendo l’ispirazione del momento.
Punto così direttamente alla cima, restando molto vicino alla cresta ENE. Nella parte alta della salita, però, il pendio impenna, e il precedente PD lascia il posto ad un AD+ / D- che evito di segnalare nella valutazione sintetica, perché capisco da solo che la via “corretta” passa dalla cresta Nord.
Dopo aver faticato parecchio con le inversioni (rese possibili solo dalla neve molle) arrivo a una decina di metri dall’uomo di vetta, sotto la sua verticale. Tra me e la vetta solo 2 metri di neve e 8 di roccia. Un po’ perché non mi va di complicarmi la vita, un po’ perché depositare qui gli sci comporterebbe il rischio di vederli scivolare lungo il pendio (data l’estrema pendenza), mi creo una piazzuola per spellare e da qui raggiungo la cresta Nord (con qualche metro di risalita a scaletta).
Il cielo si è rannuvolato, ma la cresta si presenta quanto mai docile (pur con qualche accumulo da passare con attenzione) ed il luogo si presta per un sicuro deposito sci. Si potrebbe salire in vetta con gli sci ai piedi, ma ormai ho spellato, per cui quella ventina di metri che mi separano dall’omone di vetta li percorro a piedi, inizialmente sul versante di Val Malvaglia; poi, quando cornici e rocce rendono troppo pericoloso questo versante, passo a quello della Val di Blenio, ben innevato e tondeggiante. I ramponi non sono necessari; la piccozza, per sicurezza, la prendo con me.
In breve raggiungo l’uomo di vetta e la sua gamella: c’è solo un’iscrizione del 2014 con data fine aprile (naturalmente scialpinistica).
Torno al deposito e, calzati gli sci, mi godo questo fantastico pendio. La neve è solo un po’ rimollata, ma in complesso si tratta di un bellissimo sulz. Niente polenta né semolino. E neanche un affondamento. È la conferma che bisogna sempre seguire le proprie sensazioni.
A Cusiè mi aspetta una schwarze-weisse, gustata in un bellissimo ambiente alpino, circondato da tante vette note e anche da alcune meno note. Ma prima o poi verrà anche il loro turno…

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