SwissPeaks Trail 170


Publiziert von Sky , 12. September 2018 um 07:38.

Region: Welt » Schweiz » Wallis » Unterwallis
Tour Datum: 7 September 2018
Wandern Schwierigkeit: T3 - anspruchsvolles Bergwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: CH-VS   F 
Zeitbedarf: 3 Tage

SwissPeaks Trail 170: 165 km, 10500 m D+. L'anno scorso fui fermato al 104° km, gara interrotta dall'organizzazione per una tempesta di neve. Allora presi la decisione con disappunto, ero convinto che ce l’avrei fatta tranquillamente. Più tardi, ripensandoci, mi resi conto che la mia giacca non era stata all’altezza della situazione, non aveva tenuto minimamente l’acqua e, bagnato com’ero, non sarei potuto andare lontano senza rischiare veramente l’ipotermia. Così, quest’anno, mi preparo molto meglio. Non fisicamente, che la cosa non mi preoccupa, quanto mentalmente e come materiale. Sono deciso a finirla, ad arrivare al Lago Lemanno, senza se e senza ma.

Se l’anno passato, quindi, il brutto tempo rovinò tutto, quest’anno la fortuna è stata dalla nostra: a parte qualche nube nel pomeriggio di venerdì, per il weekend è previsto tempo bello e soleggiato.

Arrivo a Villeneuve il giovedì. Voglio fare le cose con calma. Nel pomeriggio riesco a dormire un’ora e mezza, poi preparo con la massima cura tutto il materiale, mi preparo un bell’etto e mezzo di pasta al sugo e vado a dormire. Mi sveglio solo un paio di volte, ma riesco quasi subito a riprendere sonno, cosa che per me, prima di una gara o di qualcosa a cui tengo particolarmente, è cosa difficile. Nei prossimi due giorni prevedo di dormire solo qualche decina di minuti, quindi più sonno riesco ad accumulare, meglio è!

Alla partenza, facciamo gruppo tra i (pochissimi) italiani in gara – insieme a me, due genovesi ed una ragazza di Bergamo. Conoscendo bene la prima metà di gara, posso dare un po’ di suggerimenti. A fare il tifo per me c’è la mia amica Brigitte. Chiacchiero a lungo anche con lei, poi è il momento della concentrazione. Prima, due parole al microfono con il mitico Silvano Gadin e poi si parte.

Primo tratto quasi pianeggiante, appena in salita. L’ho provato quest’estate. Fondamentale è non forzare. Fa sorridere, ma tanto della gara, per me, si gioca qui. Ho caldo, sono partito troppo pesante, non esito a tornare in mezze maniche. La salita alla Grande Dixence è violenta, ma la conosco metro per metro. Le bandierine dell’organizzazione sono messe in modo “generoso”, senza seguire sempre la via più “diretta”. Di qui passano gare di 170 e 360 km, mi sembra ragionevole! Salto senza neanche pensarci il ristoro del 5° km e cerco di non forzare nella salita verso i 2982 metri del Col de Prafleuri. Con me ho una tabellina che mi riporta i tempi dello scorso anno. Sono più lento, se ho fatto i conti bene, ma con la prima salita ho accumulato subito un’ora sul cancello quindi sono comunque tranquillo. Anzi, andando più piano riesco ad evitare la crisi al termine della discesa infinita (1600 metri di dislivello) che Monica mi aveva pronosticato: si vede che sto diventando più saggio! Affronto la salita a cabane Brunet, che l’anno scorso fu un vero calvario, con più sicurezza e non ho bisogno di fermarmi a riposare. Nel tratto di scorrimento me la prendo un po’ più con comodo, ma il vantaggio comunque aumenta. Seconda discesa, infinita, verso gli 801 metri di Le Douay. Quest’anno mi fa meno paura. Le mie HOKA stanno andando alla grande! La prima base vita di Champex è vicina, ma voglio rimanerci il meno possibile, giusto il tempo di cambiarmi, togliere i sovrapantaloni dallo zaino, mangiare due cose, riempire come a tutti i ristori la borraccia alla cintura di Coca Cola e quella con la cannuccia di sali e ripartire. È troppo presto per dormire (siamo alla prima notte), non ha senso rimanere di più. Poco dopo essere uscito dalla base, mi accorgo di aver dimenticato la mia ecotazza sul tavolo, devo tornare indietro, maledizione! Sono solo pochi minuti, non fa nulla. Riparto deciso, lungo la tratta in comune con l’utmb. Faccio il passo a due ragazzi nella salita a Bovine. Sopra di me, un cielo con tante stelle quante mai ne avevo viste. Se non fosse perché inciamperei dopo un metro, sarebbe da spegnere la frontale e godere il momento. Mi piace correre la notte. Trovo che ogni ultratrailer debba saperlo fare come la cosa più naturale. Riconosco tanti luoghi, tanti riferimenti dello scorso anno. Le Gorges du Tête-Noire con la risalita a Finhaut sono tremende, né più né meno di come mi ricordavo. Un paio di volte mi si stira il tendine, ho paura di essermi fatto qualcosa, ma passa subito… speriamo bene. A Finhaut mi faccio un caffè. Non lo bevo mai, perché non mi piace il sapore, ma oggi devo fare un’eccezione. Il vantaggio è salito a 2 ore e mezzo, sta andando gran bene! La salita al Col d’Emaney è diversa rispetto al 2017. Il tratto finale me lo ricordavo non particolarmente impegnativo, ma oggi mi sembra non arrivare mai al colle. La discesa è però piacevole. La fame si fa sentire forte. A Salanfe mangio a profusione. Mi aspetta ora la salita al Col de Susanfe, che rimane nella mia memoria perché l’anno scorso la affrontai nella bufera di neve. Me la ricordavo a tratti tecnica (e lo straterello di neve e le scarpe da trail non aiutavano…) e così è anche da secca. Qui mi passano tutti quelli della 90. Ognuno mi guardava il pettorale e vedendo 170 mi faceva i complimenti. Ecco, questa è una delle cose belle del trail, supportare e fare il tifo per gli altri, cosa che viene facile visto che sai esattamente la fatica che stanno facendo! Una volta scollinati, in un ambiente lunare, la discesa è dolce. La guardiana di Cabane Susanfe è simpatica e chiede a tutti qualcosa. Poco dopo, mi aspetta il tratto del Pas d’Encel, con le sue mille catene. Oggi non è un torrente unico, quindi non ha grosse difficoltà. Champéry e la base vita sembra non arrivare mai, ma non ho sonno. Ho deciso comunque di dormire lì. Così, arrivato, mi corico su uno dei materassi, mettendo 15 minuti di timer. D’improvviso sento il suono della sveglia, bene, vuol dire che sono riuscito a dormire. Mangio un piatto caldo e riparto, La salita è, ancora una volta, violenta. Sono con un vodese, chiacchieriamo piacevolmente, ma quando la salita si fa tosta, non riesco a stargli dietro. Una crisi? Forse, ma non importa. Proseguo col mio passo. Fortunatamente la salita a Mossettes è su strada. Lì incontro prima un allevatore poi un ragazzo e una ragazza, con cui parlo della gara e della mia passione per il Vallese. La ragazza, alla mia risposta che avevo dormito 15 minuti mi dice “e perché non 20?”. “Perché sono troppi” le dico ridendo! Ecco, un po’ timore ce l’ho, di forzare la mia veglia per non perdere tempo e posizione. Devo fare attenzione a non tirare troppo la corda, in fondo è comunque un gioco. A Morgin il vantaggio sul cancello, che si era andato assottigliando, torna a diventare importante, 4 ore e 10. Sono assolutamente tranquillo. Uscendo dal ristoro chiedo (come faccio sempre) com’è la salita. Prima su strada, poi un tratto in piano e per finire 200 metri di salita terribile, mi dicono. Mi preparo spiritualmente. La Bec de Corbeau è effettivamente così. Mi rendo conto che la mia idea che la seconda parte di gara sia una passeggiata è completamente sbagliata: anche se le quote sono più modeste, i sentieri sono ripidi, tanti tratti sono esposti ed un piede in fallo, complice anche i muscoli induriti, sarebbe fatale. Ora sono nuovamente in compagnia, ma durante la discesa su Torgon ho una crisi di sonno. Sono intorno al 140°, è normale. Al ristoro dormo nuovamente. Stavolta metto 20 minuti. Non sento l’allarme ma, fortunatamente, non so come, mi sveglio solo qualche minuto dopo che era suonata. Temevo che succedesse, fortunatamente è andato tutto senza conseguenze. Stavolta il sonno è stato molto rigenerativo, riparto carico, o quasi. Un simpatico belga di origini scozzesi mi fa compagnia sulla salita, poi però mi dice di andare che in discesa ha problemi. Mi dispiace perché mi sarebbe piaciuto arrivare insieme, ma ci avremmo messo troppo. Sono all’ultimo ristoro. Il volontario mi dice che sono 52°. Mi sembra impossibile, visto che ho sempre viaggiato attorno alla novantesima posizione, ma, se è vero, ho fatto una garona! Mi butto giù a rotta di collo, un signore mi grida che ho sbagliato strada, spingo per tornare sulla retta via senza perdere posizioni. Le gambe non fanno male, anzi, girando veloci si sente meno il dolore. Incomincio a vedere il lago ed inizio a commuovermi. Scendendo raggiungo un concorrente: è David, un ragazzo con cui ho fatto un bel tratto. Mi dà un cinque, che bello! Poi, è la volta di tutti i concorrenti della 15, che stanno venendo i senso contrario al mio. Tutti, non uno di meno, mi incitano, mi dicono “bravo!”. Io rispondo ad uno per uno, mentre sto volando con una velocità incredibile verso Le Bouveret. È fatta! Non mollo un attimo, non ho male da nessuna parte, sono al traguardo! Lo speaker mi intervista. Gli racconto dello scorso anno, di quanto è stata dura, della crisi e della mia voglia di arrivare a Le Bouveret!  A questo punto, guardo il cronometro. Il tempo limite è 53 ore. Prima di partire, pensando a quanto avrei potuto metterci, mi son detto 50 ore. Ho chiuso 59° in 47h55’. Non posso credere a me stesso. Non avevo mai fatto una 170, sono contento di aver scelto questa. Amando in modo viscerale il Vallese non potevo fare altrimenti!


Tourengänger: Sky


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Kommentare (4)


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danicomo hat gesagt:
Gesendet am 12. September 2018 um 07:57
Bel racconto.... bravissimo.
D

Menek hat gesagt:
Gesendet am 12. September 2018 um 14:06
Grande Luca!

Gesendet am 13. September 2018 um 10:49
Grande Luca, un racconto da telecronista.
Complimenti!

ivanbutti hat gesagt:
Gesendet am 16. September 2018 um 16:47
Bravissimo davvero, super complimenti.


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