Mottan (1794 m)
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Vittoria o sconfitta? E’ come il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto….dipende dallo stato d’animo e dalla carica di ottimismo. Guardando solo questi ultimi è….Vittoria. In fondo sapevo in partenza che mi sceglievo una bella gatta da pelare: zero sentieri, vegetazione lussureggiante, esposizione e pericoli per questo mio obiettivo più volte raggiunto ma stavolta da tentare per nuova via, tutta da scoprire.
Per farla breve mi reco a Santa Maria in Calanca ma stavolta proseguo in auto verso la frazione di Bald, più che un villaggio quattro case, per una stradina di quelle che speri sempre che non arrivi nessuno in senso opposto. Adocchiato dove parcheggiare con Google Earth trovo subito il sentiero che da lì va verso Braggio, delizioso paesino della Val Calanca raggiunto da una teleferica 24h non stop. Ma la mia intenzione è diversa; ho infatti progettato di abbandonare quel sentiero più o meno a 1609 m (a chi interessa N46.27543° E9.12598°) per inerpicarmi sulla china boscosa di Mottan, un monte mai ancora raggiunto da un Hikriano, di poca rilevanza ma per me trampolino di lancio per altre conquiste. Le cose si fanno subito molto serie; a fronte di qualche moto di giubilo nell’intravedere una flebile traccia di sentiero fa seguito la delusione di perderla poco dopo. Nessuna delle carte a mia disposizione menzionava sentieri sul Mottan ma alcuni segni mi facevano pensare che in passato dovevano esistere ed essere praticati. Ora solo intricata vegetazione, un fitto bosco di odorose conifere ma con tanti esemplari ormai secchi caduti a terra e purtuttavia ostacolo per il proseguimento. Ma fino a questo punto a parte il salire lentamente, lo scavalcare rami secchi, aggirare alberi caduti e strabuzzare gli occhi alla ricerca di tracce niente di peggio. Ad un tratto, però, la via mi viene sbarrata da una parete di roccia che quasi mura poste a difesa di un castello dice: di qui non si passa! Valuto la situazione e sto già pensando alla rinuncia quando intravedo la possibilità di aggirare sulla sx il torrione, sia pure a fatica. Devo spendere due parole in più: questo versante, orografico sx, della Val Calanca è contraddistinto da un intricato bosco di conifere disposte su terreno molto ripido. Però frequentemente appaiono delle terrazze rocciose che interrompono il pur ripido versante e configurano dei salti verticali considerevoli. Nel mio caso aggirando il mio muro tramite una provvidenziale cengetta, cercando di ignorare ciò che ho sotto di me e che esercita una malefica attrazione, riesco a portarmi di nuovo su terreno pessimo ma meno esposto. Questo alternarsi di situazioni si ripropone altre volte e comincio a preoccuparmi per il ritorno: riuscirò a ricordare dove sono passato? Riuscirò a ritrovare quei pochi segni che la mia pessima memoria sicuramente dimenticherà nella confusione? Mah, intanto proseguo e scalo un canaletto roccioso infestato da provvidenziali rododendri giungendo laddove il terreno comincia a spianare. Subito mi metto alla ricerca di un segno di vetta ma vedo solo uno strano sasso bianco posto su una enorme pietra; il GPS mi dice che sono in vetta al Mottan, sopra di me non vedo nient’altro e allora “ci siamo” mi dico. Sguardo panoramico all’intorno, e lunga occhiata di valutazione al prosieguo del progetto. Quel che vedo mi dice che ci sarà da faticare ma la vegetazione lassù diminuisce drasticamente, la cresta sembra fattibile e questo mi conforta. Ciò che invece mi deprime è che tra il Mottan e l’inizio della cresta bisogna scendere ad una sella posta ca. 50 m più in basso e questo va fatto superando diverse balze rocciose intervallate da fitta vegetazione di rododendri. Non ero ancora stanco fisicamente ma il pensiero che se anche avessi proseguito avrei comunque dovuto tornare da quella via mi impone la scelta ragionevole contro quella del cuore e così, a malincuore torno sui miei passi. Come previsto, riconosciuto il percorso nella parte più recente, quando arrivo a dover rintracciare i passaggi obbligati come la famosa cengetta cominciano i problemi; le cenge che vedo sono del tutto impraticabili senza assicurazione e non sembrano portare da dove provenivo. Ne tento qualcuna ma la “vorāgo horribilis” sottostante mi dà una altrettanto orribile sensazione lungo la schiena; diverse volte torno sui mie passi, consulto il GPS, cerco in alto, in basso, a destra e a sinistra. Guardando le curve di livello mi invento nuovi percorsi laddove queste digradano più dolcemente ma trovo sempre qualche ostacolo, qualche balzo che mi impedisce di proseguire. Il GPS….si dirà; ebbene, sorprendentemente, su questo tipo di terreno scosceso il GPS non è di molto aiuto o è addirittura fuorviante; su terreno così ripido l’errore laterale di pochi metri significa trovarsi di diverse decine di metri più in alto o in basso come spiegherò in un apposito report futuro. Per cui? Cominciavo già a preparare cosa dire a quelli della Rega, dapprima quasi per scherzo e poi sempre più seriamente, quando mi trovo faccia a faccia con un ramo secco che ricordavo benissimo perché quasi me lo infilavo in un occhio all’andata. Così cercando e riconoscendo ulteriori segni ritrovo la retta via ed esulto arrivando alla vera cengia, passaggio chiave. Superatala la storia ha il lieto fine; in poco tempo arrivo al sentiero per Braggio e tiro un respiro; anche stavolta…..
In compenso ho parecchio tempo davanti a me per cui decido di proseguire e di andare a vedere la cappelletta di Sant’Antonio de Bolada ottimo punto panoramico dove scatto molte foto e ringrazio l’inquilino della cappella.
Che dire? Progetto infinito, difficoltà, suspence, lieto fine e…..bisognerà tornare ma…..ci sono abituato!
Nota: l’attribuzione della difficoltà T5+ si riferisce solo al fuori sentiero; il tratto percorso che va da Bald verso Braggio è un tranquillo T2.
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Pillole di strizza:
Lunghezza 6,5 km
Dislivello 626 m
Tempo lordo 4h27’
Soste 20’
Tempo netto 4h07’
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