Monte Zeda (2156 m) dalla Valle Cannobina – SKT
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tapio: Da quando ho cominciato a fare scialpinismo, un’idea non mi ha mai più abbandonato: salire la Regina del Verbano con gli sci. Sono passati oltre quattro anni dalla prima gita con le pelli e finalmente questa volontà si realizza. Avevo fatto un tentativo l’anno scorso dalla Valle Intrasca, ma le condizioni critiche della rampa finale mi avevano indotto a chiudere la salita sul Monte Vadà, con solo una puntata esplorativa al Piè di Zeda.
Stavolta non si può dire in tutta onestà che le condizioni siano migliori: più sicure senz’altro, ma non certo migliori. Eppure è la volta giusta.
Con tignoelino e Marco ci diamo appuntamento in Valle e fissiamo il punto di partenza dalla zona che gli indigeni conoscono bene, cioè l’ultimo tornante successivo al ponte sul Rio di Falmenta, posizionato sulla strada (~ 725 m) che da Falmenta porta a Crealla. Con gli sci ben legati allo zaino raggiungiamo i Monti di Barro ed oltrepassata anche l’ultima cascina superiore proseguiamo fino alla quota di circa 1250 m dove l’innevamento, già presente fin dalla partenza ma in maniera insufficiente, ci consente di mettere gli sci ai piedi. Il bosco finora percorso è abbastanza ripido, non molto adatto a dei passaggi con gli sci: da qui in avanti le cose non cambiano di molto (incluso un attraversamento abbastanza problematico di una gola), ma non c’è più il rischio di rovinare le solette.
Sbuchiamo ai Monti di Ortighedo su neve crostosa e in parte soffiata, indizio di quello che ci riserverà la rimanente salita (e non solo…).
Oltre Ortighedo manteniamo sempre il filo di cresta. Per un tratto essa si presenta ancora boscosa, con alcuni stretti passaggi sul filo. Poi la vegetazione di alto fusto finisce ed in contemporanea la cresta impenna.
L’unica via accettabile è comunque sulla dorsale della cresta NNE del Monte Vadà: eventuali traversi a destra (verso il Piè di Zeda) o a sinistra (verso il Passo Folungo) non sono percorribili, a causa dell’accidentalità rocciosa e dell’estrema ripidità del terreno.
La stessa cresta presenta dei passaggi al limite dell’AD: per questo motivo - cioè per la difficoltà tecnica in senso stretto - e poi per le condizioni più avanti trovate oggi - ghiaccio sia qui che sulla cresta finale della Zeda - ci rimettiamo prudenzialmente attorno alla valutazione di AD- come picco di difficoltà.
Verso la fine della cresta NNE del Monte Vadà (cima NE) i rampanti (o i ramponi per chi così preferisce) diventano indispensabili anche perché, dopo aver sfiorato il punto culminante, non necessario per proseguire, procediamo con il primo dei due traversi che caratterizzano questa parte della salita.
Evitiamo così, anche se di pochissimo, la cima NE; poi, con un leggero saliscendi, ci avviciniamo alla cima principale del Monte Vadà, che aggiriamo anch’essa (ubi major…) con un nuovo traverso su terreno particolarmente indurito dal vento e dal freddo.
Raggiunta la cresta W del Monte Vadà (Pian Vadà alto), con ulteriori saliscendi (più scendi che sali…) ci portiamo al Piè di Zeda, punto d’incontro delle varie vie che provengono dall’Alpe Fornà, dal Passo Folungo e dalla cresta che abbiamo percorso noi.
Qui comincia l’erta finale del Monte Zeda. La neve è durissima: senza rampanti o, rispettivamente, senza ramponi oggi bisognerebbe abbandonare l’ascensione, visto che il procedere si svolge quasi esclusivamente su ghiaccio ripido (effetto del freddo e del forte vento dei giorni scorsi).
Con passaggi che in sé non sarebbero nulla di complicato ma che, con le condizioni odierne, richiedono particolare prudenza e forza, arriviamo in vetta al Monte Zeda con temperature di molto inferiori allo zero.
Dopo la doverosa pausa e tutto il rituale che queste situazioni richiedono ci prepariamo alla discesa, chi con gli sci ai piedi, chi senza (ma con ramponi).
La discesa che sognavo indimenticabile è invece molto tormentata: derapage a mille e soglia di attenzione allo stesso livello, per evitare scivoloni dalle conseguenze irreparabili.
Arriviamo al Piè di Zeda e procediamo con lo stesso assetto, con anche dei brevi tratti a scaletta, fino alla base della salita finale al Vadà. Qui dobbiamo per forza ripellare, perché sono almeno 60 metri di dislivello su terreno vario (ghiaccio, polvere soffiata, crosta). Poco prima della cima procediamo con il traverso; poi una breve discesa e poi un ulteriore traverso che si conclude sulla vetta del Vadà NE, 1814 m. Alcune carte riportano questa come cima principale: è il culmine di quattro creste, NE, NW, ESE e SW, mentre l’elevazione più alta, 1836 m, ne ha solo tre, NE, SSE e W; propendo però per assegnare il nome della montagna alla cima più alta, conformemente alla maggior parte delle carte e alla logica.
La discesa sul versante NE è abbastanza problematica: meno rischiosa di quella dalla pala finale della Zeda ma sempre da fare con attenzione (crosta quasi sempre non portante).
Con l’avvicinarci al bosco le cose cambiano: si comincia a vedere la polvere tanto desiderata. L’unico problema è che si tratta di un bosco fitto (nel quale finirò per rompere un bastone tra gli alberi) per cui non ci si può distrarre un attimo.
L’apoteosi di questa fantastica giornata arriva quasi alla fine – dulcis in fundo – perché il ripido pendio erboso dei Monti di Barro ci regala delle fantastiche curve su polvere di raffinatissima qualità. Alla cascina più bassa rimettiamo gli sci in spalla e in allegria percorriamo quei 200 metri di dislivello che ci separano dall’auto: è tardi ma riusciamo ad evitare la frontale. Avendo dovuto tracciarla tutta (com’era ovvio aspettarsi), i tempi si sono un po’ dilatati. Ma l’è ‘l sò bell.
Oltre al naturale tripudio per aver raggiunto finalmente la Zeda con gli sci sono molto contento di aver ritrovato l’amico Roby e di aver fatto la conoscenza di Marco: la lunga salita e la rognosa discesa, in loro compagnia non dico che sia stata una nocciolina, ma senz’altro la convivialità ha di certo giovato.
tignoelino: L' idea di questa splendida escursione ci era balenata un paio di anni fa, con Marco, durante un' escursione sul Sentiero Bove tra
La Piota e lo Zeda: per me è fattibile quel percorso con gli ski: anche per me. Una settimana fa, durante l' escursione allo Ziccher, l' ho guardata e
riguardata: per me è il momento.
Sento l' Amis Fabio, esperto conoscitore di questi luoghi, la cosa è fatta.
Puntuali, come sempre e caparbi più che mai, la gita non ha avuto la minima sbavatura sempre della teoria: boia chi molla, oggi o mai più.
Grande fatica e grande soddisfazione in condizioni non certo ideali e
bello tornare a skialpare con tapio. Ciao, Amis, alla prossima.


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