Torrone Alto (Cima SW - Cima 7, 2950 m)
|
||||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Venerdì 12 settembre, ore 20:35, RSI LA1: il noto meteorologo della rete ticinese compare raggiante ad annunciare a gran voce che durante l'imminente week-end si prevede tempo spettacolare... tanto da definirlo il miglior fine settimana dell'estate! Non ci si crede... scatta subito un giro di chiamate ed ecco organizzata l'ascesa al Torrone Alto, per il giorno seguente.
Prima di cominciare la relazione è necessario soffermarsi su alcuni particolari.
Il Torrone Alto è un imponente massiccio formato da numerose torrette. E’ una montagna complicata, sia dal punto di vista topografico che da quello orografico.
Durante i secoli ha acquisito numerosi toponimi: Torrente Alto, Torrone d’Orza, Filo di Piancalone, Torrone Alto, Torent Alto, Torrentone. I vari toponimi sono probabilmente riconducibili al fatto che il massiccio si trova alla convergenza di 3 valli ben diverse tra loro: Val Calanca, Valle d’Osogna e Val Pontirone. Come noto, gli autoctoni d’un tempo amavano chiamare ognuno alla loro maniera le sovrastanti creste. Chi lo sa, forse in modo recondito, essendo originario della Val Pontirone, mi piace per esempio il termine Torrentone, come appunto i miei antenati solevano chiamare questa montagna!
La situazione resta complessa anche per quanto riguarda le quote riportate sulle carte topografiche. Con il passare delle edizioni, le quote sono state spostate da una torre all’altra. Sulla cresta sommitale (estensione di oltre 700 metri), che va dalla vetta SW (2950 m) alla vetta NW (2897 m), contiamo ben sette cime. Sulle recenti Carte Nazionali sono riportate solo due quote ossia quella della Cima 6 a 2952 m e quella della Cima 2 a 2919 m. La vetta principale, ossia quella più alta è la Cima 4 (2957 mca.) non quotata. Un tempo quotata sulle carte nazionali, la vetta “classica” del Torrente Alto, ossia la torre SW (Cima 7 - 2950 m), che è anche quella che conferisce eleganza a tutto il massiccio, non viene più riportata sulle recenti edizioni.
Dal punto di vista bibliografico, la prima "Bibbia" delle alpi ticinesi, redatta dal dott. Ermes Borioli, "Alpi Ticinesi e Mesolcinesi" pone come unica vetta quella SW a 2950 m, ossia la Cima 7 (Edizioni Club Alpino Svizzero, 1973) mentre la più recente, quella di Giuseppe Brenna menziona nel dettaglio tutte e sette le torri, dando comunque più risalto alla Cima 7 ("Guida delle Alpi Ticinesi", Volume 3, Edizioni Club Alpino Svizzero, 1994).
Infine, per chiarezza: Il waypoint di Hikr è puntato ora sulla quota 2952 m (Cima 6), e non su quella “classica” (Cima 7); La mia relazione, come peraltro due delle tre già presenti, si riferiscono appunto alla salita sulla cima SW 2950 m, e non alla Cima 6 come erroneamente titoli o waypoint lascerebbero intendere.
Albeggia, quando lasciamo il posteggio di Selma per divorarci in poco più di 5 minuti i primi 360 metri di dislivello... certo, seduti sulle comode seggiole della filovia Selma-Landarenca!
A Landarenca (1280 m) cominciamo a zampettare in direzione di Lego (1485 m), passando dal sentiero più diretto (senza toccare Boliv). A quota 1446 m abbandoniamo la traccia, e superando un breve gradino roccioso, calpestiamo la radura nei pressi della cascina di Lego (1485 m). Prima di entrare nel bosco, rintracciamo un esile traccia e la seguiamo fino ad agganciarci al sentiero con segnavia B/R/B che proviene da Monterisc. Avvolti da paesaggi bucolici superiamo i boschi di Ross e di Castaneda e guadiamo il Ria del Böc di Piöv, guadagnando così l'alpe di Piöv di Fuori (1853 m).
Poco più avanti scavalchiamo anche il Ria di Pianca Geneura, oltrepassato il quale la via si perde nella radura. Essendo già passati in precedenza da questo punto, individuiamo subito il sentierino che riprende ad essere ben visibile appena ci si inoltra nel bosco di larici. Aggirando alla base la Costa del Galbines, ci concediamo una prima importante pausa all’alpe Piöv di Dent (1958 m).
Riprendiamo l’ascesa, superando a destra una scogliera per poi sfruttare l’evidente costone erboso che ci porta agli ampi pascoli soprastanti, tra Gagn da Piöv e I Pianon de Piöv. Adesso abbiamo già nel mirino il canalone che andremo a risalire per raggiungere la cresta del Torrone Alto.
Tra pietraie ed erba, passiamo accanto alla quota 2364 m, per poi immetterci nella parte iniziale del vallone detritico. Ci teniamo dapprima sulla destra sfruttando il più possibile le chiazze d'erba. Quando il terreno diviene più sassoso, all’incirca a metà del canale, ci spostiamo invece nella sua parte sinistra con ascesa diagonale, evitando i punti più friabili. Nella porzione superiore, composta perlopiù da macigni, il canale gira verso sinistra, superiamo un facile imbuto roccioso (sulla destra, sotto le pareti) e ci affacciamo così per la prima volta sul versante osognese, seduti sulla splendida sella posta appena a N della quota 2759 m. Per chi non ama canali o pietraie, si può anche procedere sull'evidente costola a sinistra del canale, su terreno prevalentemente erboso (sulla CN sembra esserci solo roccia, in realtà la gobba resta piuttosto erbosa). Si può risalirla tutta e portarsi poi alla sella per la rocciosa cresta S, oppure abbandonare prima la costola superando delle placchette, e rientrare nella parte alta del canale, a pochi passi dalla sella.
Dalla citata bocchetta (dove arriva anche la via normale che sale dall’Alpe di Cava) entriamo sulla sinistra nel versante S ed in diagonale procediamo su facili pendii erbosi finché incontriamo i primi gradini rocciosi che fanno impennare la montagna. Cinti da immense pareti rocciose proseguiamo ora all'interno di un canalino detritico per poi salire sulla spalla alla nostra sinistra, in modo da evitare il terreno franoso. La corretta via è anche segnata da alcuni ometti di sasso che non sono però di facile individuazione. Giunti su un terrazzino erboso, che sovrasta le caratteristiche placche sottostanti, rientriamo nel seguente canaletto puntando ora più verticalmente verso due evidenti spuntoni che emergono dalla cresta formando una U. A circa quota 2810 m. (quota riportata dall’altimetro; la realtà potrebbe variare di qualche metro) c’è il bivio: qui bisogna decidere se proseguire in verticale in direzione dei due torrioni, oppure virare decisi a destra optando per una traversa su una cengia erbosa che permette di raggiungere un evidente ometto di sasso a forma di menir (dal bivio lo si vede bene poiché resta in zona tattica sul ciglio della costola, sulla destra). Per la salita scegliamo la prima opzione mentre al ritorno opteremo per la più facile "via del menir". Arrampichiamo dunque qualche ulteriore gradino fino ad immetterci in uno stretto camino (nella zona dei due evidenti spuntoni), per raggiungere una forcella sull'anti-cresta W a ca. 2850 m (qui non ci si affaccia ancora sull'Alpe di Cava). Aggiriamo uno spuntone sul versante N della cresta intermedia e subito notiamo che le rocce divengono bagnate e viscide. Per fortuna è l'unico tratto non esposto al sole! Rientriamo subito sulla cresta e qui incontriamo la difficoltà maggiore. Un caminetto di un paio di metri (passaggio di II), non molto appigliato e per di più esposto. Alla sua base c’è un minuscolo balconcino erboso che aiuta lo stacco iniziale, mentre all’uscita c'è un vecchio cordino blu, attaccato ad un antico chiodo rosso. In caso di discesa potrebbe venir utile, anche se la sua sicurezza sarebbe da verificare. Superata questa difficoltà camminiamo sempre sulla cresta intermedia, formata da macigni gradinati, oppure ci concediamo qualche lieve uscita sulla destra, agganciandoci infine alla cresta W, proprio a ridosso di un grosso ometto di sasso. E’ fatta… non ci sono più ostacoli tra noi e la vetta del Torrone Alto (2950 m), che raggiungiamo per il suo pianeggiante filo detritico.
L'assortimento di vetta è ampio… una piccola croce con il Cristo, un manico d’ombrellone, qualche smunta bandierina tibetana, una pietra con l’incisione GM1921, oltre alla gamella con il libro. La cresta che va dalla Cima d’Örz al Pizzo di Claro forma un biscione roccioso che da quassù resta spettacolare! Verso E, invece spuntano le famose torrette descritte in precedenza.
Il clima è mite per cui non abbiamo fretta di scendere e ce la prendiamo comoda! Tanto comoda che ad un certo punto si crea un simpatico siparietto. Quasi assopiti, ci destiamo d’improvviso sentendo le imprecazioni dell’amico, che poco distante sta immortalando gli scenari adiacenti. Accidenti, con un gesto goffo, la SD Card con tutte le foto della salita si è intrufola in un groviglio di sassi! Attimi di panico… beh, posso capire che per un amante della fotografia questo sia un vero dramma! Corriamo in soccorso, con tanto di pile frontali che illuminano i meandri della roccia. Può darsi che ora la vetta misuri solo 2949 m, poiché il numero di sassi che spostiamo da una parte all’altra è innumerevole. La perseveranza però paga sempre, e quando oramai la speranza è ridotta al lumicino, ecco che qualcosa luccica tra le rocce! Con una mossa chirurgica andiamo ad estrarre il relitto… e le imprecazioni dell’amico si trasformano subito in giaculatorie, dove nessun Santo viene dimenticato… nemmeno il più esotico! Il setaccio ha richiesto più di 30 minuti, per cui adesso è proprio giunta l’ora di perder quota.
Seguiamo a ritroso la cresta W, poi cominciamo una discesa in diagonale verso destra, sul versante S. Si procede senza difficoltà, in maniera logica, per gradini, su terreno a tratti erboso a tratti roccioso. Arrivati quasi a ridosso della cresta intermedia (anti-cresta W), citata nella salita, scendiamo ora in maniera più verticale, facendo attenzione a non scendere sotto la quota 2800 m., altrimenti non rientreremmo più sulla “via del menir”. Affacciandoci sulla costola che scende sulla nostra destra notiamo che ora ci troviamo all’altezza del cordino blu, che scorgiamo più in là sulla cresta. Siamo ancora alti, da qui non si rientra, per cui dobbiamo perdere ancora qualche decina di metri. Superando con agilità un gradino roccioso (passaggio di I, l’unica “vera” difficoltà su questa via) ci troviamo ora alla giusta quota per rientrare nel canale a quota 2810 m ca. In effetti scorgiamo il piccolo “menir”, viriamo dunque a destra e se senza alcun problema su una “larga” cengia ci rituffiamo nel canale seguendo a ritroso la stessa via di salita fino alla selletta a N della quota 2759 m.
In teoria, prima della traversa sulla cengia, si potrebbe anche discendere in maniera diretta, sbucando poi sulla corretta via, più in basso. Le pendenze ed il terreno sono però più ostici, a occhio direi F+ / PD-… non ne vale la pena!
Per dare l’idea, rimando all’immagine finale dell’album dove ho inserito in maniera indicativa le varie vie.
Alla larga sella ci concediamo un'altra breve pausa dopodiché ridiscendiamo il canale con la stessa traiettoria di salita, e ci portiamo sul cucuzzolo di quota 2364 m. Da qui tra sali e scendi sugli ampi pianori di Gagn di Piöv, ci spingiamo nelle vicinanze della quota 2162 m sulla Costa del Galbines. Decidiamo di superare la scogliera alzandoci ancora per 80 metri in direzione della Cima d’Örz, in modo da evitare delle pietraie sul pendio sottostante. Grazie ad un provvidenziale pertugio erboso, abbandoniamo la costa e scendendo ad un pianoro intermedio. Da qui lungo un facile canale detritico ci agganciamo infine al sentiero con segnavia B/R/B che arriva dalla Bocchetta di Pianca Geneura. Passando per la quota 2022 m, notiamo con stupore innumerevoli pezzi di lardo che stanno cuocendo sulle calde pietre… ah ecco, periodo di caccia e trucchetto da cacciatori per attirare selvaggina! Da Piöv di Fuori rientriamo a Landarenca, seguendo il bel sentiero che passa per Monterisc (1485 m) e Boliv (1478 m). A Selma sta ormai per imbrunire e l’orario è propizio per una buona e meritata pizzoccherata nella vicina locanda!
Note:
Vetta:
Uomo di sasso con libro di vetta, croce, asta d'un ombrellone, qualche bandiera tibetana, pietra con l’incisione 1921.
Selma:
Ampia possibilità di parcheggio nei posteggi della filovia Selma-Landarenca.
Valutazione:
Selma - Landarenca: T0 (filovia)
Landarenca - Piöv di Dent: T3 (EE)
Piöv di Dent - Sella a N della quota 2759 m: T4+ (F)
Sella a N della quota 2759 m - cresta W - Torrone Alto: T5+ (F - passaggio di II)
Torrone Alto - Versante S - Sella a N della quota 2759 m: T5 (F)
Quota 2677 m - Costa del Galbines - Piöv di Fuori: T3+ (EE)
Prima di cominciare la relazione è necessario soffermarsi su alcuni particolari.
Il Torrone Alto è un imponente massiccio formato da numerose torrette. E’ una montagna complicata, sia dal punto di vista topografico che da quello orografico.
Durante i secoli ha acquisito numerosi toponimi: Torrente Alto, Torrone d’Orza, Filo di Piancalone, Torrone Alto, Torent Alto, Torrentone. I vari toponimi sono probabilmente riconducibili al fatto che il massiccio si trova alla convergenza di 3 valli ben diverse tra loro: Val Calanca, Valle d’Osogna e Val Pontirone. Come noto, gli autoctoni d’un tempo amavano chiamare ognuno alla loro maniera le sovrastanti creste. Chi lo sa, forse in modo recondito, essendo originario della Val Pontirone, mi piace per esempio il termine Torrentone, come appunto i miei antenati solevano chiamare questa montagna!
La situazione resta complessa anche per quanto riguarda le quote riportate sulle carte topografiche. Con il passare delle edizioni, le quote sono state spostate da una torre all’altra. Sulla cresta sommitale (estensione di oltre 700 metri), che va dalla vetta SW (2950 m) alla vetta NW (2897 m), contiamo ben sette cime. Sulle recenti Carte Nazionali sono riportate solo due quote ossia quella della Cima 6 a 2952 m e quella della Cima 2 a 2919 m. La vetta principale, ossia quella più alta è la Cima 4 (2957 mca.) non quotata. Un tempo quotata sulle carte nazionali, la vetta “classica” del Torrente Alto, ossia la torre SW (Cima 7 - 2950 m), che è anche quella che conferisce eleganza a tutto il massiccio, non viene più riportata sulle recenti edizioni.
Dal punto di vista bibliografico, la prima "Bibbia" delle alpi ticinesi, redatta dal dott. Ermes Borioli, "Alpi Ticinesi e Mesolcinesi" pone come unica vetta quella SW a 2950 m, ossia la Cima 7 (Edizioni Club Alpino Svizzero, 1973) mentre la più recente, quella di Giuseppe Brenna menziona nel dettaglio tutte e sette le torri, dando comunque più risalto alla Cima 7 ("Guida delle Alpi Ticinesi", Volume 3, Edizioni Club Alpino Svizzero, 1994).
Infine, per chiarezza: Il waypoint di Hikr è puntato ora sulla quota 2952 m (Cima 6), e non su quella “classica” (Cima 7); La mia relazione, come peraltro due delle tre già presenti, si riferiscono appunto alla salita sulla cima SW 2950 m, e non alla Cima 6 come erroneamente titoli o waypoint lascerebbero intendere.
Albeggia, quando lasciamo il posteggio di Selma per divorarci in poco più di 5 minuti i primi 360 metri di dislivello... certo, seduti sulle comode seggiole della filovia Selma-Landarenca!
A Landarenca (1280 m) cominciamo a zampettare in direzione di Lego (1485 m), passando dal sentiero più diretto (senza toccare Boliv). A quota 1446 m abbandoniamo la traccia, e superando un breve gradino roccioso, calpestiamo la radura nei pressi della cascina di Lego (1485 m). Prima di entrare nel bosco, rintracciamo un esile traccia e la seguiamo fino ad agganciarci al sentiero con segnavia B/R/B che proviene da Monterisc. Avvolti da paesaggi bucolici superiamo i boschi di Ross e di Castaneda e guadiamo il Ria del Böc di Piöv, guadagnando così l'alpe di Piöv di Fuori (1853 m).
Poco più avanti scavalchiamo anche il Ria di Pianca Geneura, oltrepassato il quale la via si perde nella radura. Essendo già passati in precedenza da questo punto, individuiamo subito il sentierino che riprende ad essere ben visibile appena ci si inoltra nel bosco di larici. Aggirando alla base la Costa del Galbines, ci concediamo una prima importante pausa all’alpe Piöv di Dent (1958 m).
Riprendiamo l’ascesa, superando a destra una scogliera per poi sfruttare l’evidente costone erboso che ci porta agli ampi pascoli soprastanti, tra Gagn da Piöv e I Pianon de Piöv. Adesso abbiamo già nel mirino il canalone che andremo a risalire per raggiungere la cresta del Torrone Alto.
Tra pietraie ed erba, passiamo accanto alla quota 2364 m, per poi immetterci nella parte iniziale del vallone detritico. Ci teniamo dapprima sulla destra sfruttando il più possibile le chiazze d'erba. Quando il terreno diviene più sassoso, all’incirca a metà del canale, ci spostiamo invece nella sua parte sinistra con ascesa diagonale, evitando i punti più friabili. Nella porzione superiore, composta perlopiù da macigni, il canale gira verso sinistra, superiamo un facile imbuto roccioso (sulla destra, sotto le pareti) e ci affacciamo così per la prima volta sul versante osognese, seduti sulla splendida sella posta appena a N della quota 2759 m. Per chi non ama canali o pietraie, si può anche procedere sull'evidente costola a sinistra del canale, su terreno prevalentemente erboso (sulla CN sembra esserci solo roccia, in realtà la gobba resta piuttosto erbosa). Si può risalirla tutta e portarsi poi alla sella per la rocciosa cresta S, oppure abbandonare prima la costola superando delle placchette, e rientrare nella parte alta del canale, a pochi passi dalla sella.
Dalla citata bocchetta (dove arriva anche la via normale che sale dall’Alpe di Cava) entriamo sulla sinistra nel versante S ed in diagonale procediamo su facili pendii erbosi finché incontriamo i primi gradini rocciosi che fanno impennare la montagna. Cinti da immense pareti rocciose proseguiamo ora all'interno di un canalino detritico per poi salire sulla spalla alla nostra sinistra, in modo da evitare il terreno franoso. La corretta via è anche segnata da alcuni ometti di sasso che non sono però di facile individuazione. Giunti su un terrazzino erboso, che sovrasta le caratteristiche placche sottostanti, rientriamo nel seguente canaletto puntando ora più verticalmente verso due evidenti spuntoni che emergono dalla cresta formando una U. A circa quota 2810 m. (quota riportata dall’altimetro; la realtà potrebbe variare di qualche metro) c’è il bivio: qui bisogna decidere se proseguire in verticale in direzione dei due torrioni, oppure virare decisi a destra optando per una traversa su una cengia erbosa che permette di raggiungere un evidente ometto di sasso a forma di menir (dal bivio lo si vede bene poiché resta in zona tattica sul ciglio della costola, sulla destra). Per la salita scegliamo la prima opzione mentre al ritorno opteremo per la più facile "via del menir". Arrampichiamo dunque qualche ulteriore gradino fino ad immetterci in uno stretto camino (nella zona dei due evidenti spuntoni), per raggiungere una forcella sull'anti-cresta W a ca. 2850 m (qui non ci si affaccia ancora sull'Alpe di Cava). Aggiriamo uno spuntone sul versante N della cresta intermedia e subito notiamo che le rocce divengono bagnate e viscide. Per fortuna è l'unico tratto non esposto al sole! Rientriamo subito sulla cresta e qui incontriamo la difficoltà maggiore. Un caminetto di un paio di metri (passaggio di II), non molto appigliato e per di più esposto. Alla sua base c’è un minuscolo balconcino erboso che aiuta lo stacco iniziale, mentre all’uscita c'è un vecchio cordino blu, attaccato ad un antico chiodo rosso. In caso di discesa potrebbe venir utile, anche se la sua sicurezza sarebbe da verificare. Superata questa difficoltà camminiamo sempre sulla cresta intermedia, formata da macigni gradinati, oppure ci concediamo qualche lieve uscita sulla destra, agganciandoci infine alla cresta W, proprio a ridosso di un grosso ometto di sasso. E’ fatta… non ci sono più ostacoli tra noi e la vetta del Torrone Alto (2950 m), che raggiungiamo per il suo pianeggiante filo detritico.
L'assortimento di vetta è ampio… una piccola croce con il Cristo, un manico d’ombrellone, qualche smunta bandierina tibetana, una pietra con l’incisione GM1921, oltre alla gamella con il libro. La cresta che va dalla Cima d’Örz al Pizzo di Claro forma un biscione roccioso che da quassù resta spettacolare! Verso E, invece spuntano le famose torrette descritte in precedenza.
Il clima è mite per cui non abbiamo fretta di scendere e ce la prendiamo comoda! Tanto comoda che ad un certo punto si crea un simpatico siparietto. Quasi assopiti, ci destiamo d’improvviso sentendo le imprecazioni dell’amico, che poco distante sta immortalando gli scenari adiacenti. Accidenti, con un gesto goffo, la SD Card con tutte le foto della salita si è intrufola in un groviglio di sassi! Attimi di panico… beh, posso capire che per un amante della fotografia questo sia un vero dramma! Corriamo in soccorso, con tanto di pile frontali che illuminano i meandri della roccia. Può darsi che ora la vetta misuri solo 2949 m, poiché il numero di sassi che spostiamo da una parte all’altra è innumerevole. La perseveranza però paga sempre, e quando oramai la speranza è ridotta al lumicino, ecco che qualcosa luccica tra le rocce! Con una mossa chirurgica andiamo ad estrarre il relitto… e le imprecazioni dell’amico si trasformano subito in giaculatorie, dove nessun Santo viene dimenticato… nemmeno il più esotico! Il setaccio ha richiesto più di 30 minuti, per cui adesso è proprio giunta l’ora di perder quota.
Seguiamo a ritroso la cresta W, poi cominciamo una discesa in diagonale verso destra, sul versante S. Si procede senza difficoltà, in maniera logica, per gradini, su terreno a tratti erboso a tratti roccioso. Arrivati quasi a ridosso della cresta intermedia (anti-cresta W), citata nella salita, scendiamo ora in maniera più verticale, facendo attenzione a non scendere sotto la quota 2800 m., altrimenti non rientreremmo più sulla “via del menir”. Affacciandoci sulla costola che scende sulla nostra destra notiamo che ora ci troviamo all’altezza del cordino blu, che scorgiamo più in là sulla cresta. Siamo ancora alti, da qui non si rientra, per cui dobbiamo perdere ancora qualche decina di metri. Superando con agilità un gradino roccioso (passaggio di I, l’unica “vera” difficoltà su questa via) ci troviamo ora alla giusta quota per rientrare nel canale a quota 2810 m ca. In effetti scorgiamo il piccolo “menir”, viriamo dunque a destra e se senza alcun problema su una “larga” cengia ci rituffiamo nel canale seguendo a ritroso la stessa via di salita fino alla selletta a N della quota 2759 m.
In teoria, prima della traversa sulla cengia, si potrebbe anche discendere in maniera diretta, sbucando poi sulla corretta via, più in basso. Le pendenze ed il terreno sono però più ostici, a occhio direi F+ / PD-… non ne vale la pena!
Per dare l’idea, rimando all’immagine finale dell’album dove ho inserito in maniera indicativa le varie vie.
Alla larga sella ci concediamo un'altra breve pausa dopodiché ridiscendiamo il canale con la stessa traiettoria di salita, e ci portiamo sul cucuzzolo di quota 2364 m. Da qui tra sali e scendi sugli ampi pianori di Gagn di Piöv, ci spingiamo nelle vicinanze della quota 2162 m sulla Costa del Galbines. Decidiamo di superare la scogliera alzandoci ancora per 80 metri in direzione della Cima d’Örz, in modo da evitare delle pietraie sul pendio sottostante. Grazie ad un provvidenziale pertugio erboso, abbandoniamo la costa e scendendo ad un pianoro intermedio. Da qui lungo un facile canale detritico ci agganciamo infine al sentiero con segnavia B/R/B che arriva dalla Bocchetta di Pianca Geneura. Passando per la quota 2022 m, notiamo con stupore innumerevoli pezzi di lardo che stanno cuocendo sulle calde pietre… ah ecco, periodo di caccia e trucchetto da cacciatori per attirare selvaggina! Da Piöv di Fuori rientriamo a Landarenca, seguendo il bel sentiero che passa per Monterisc (1485 m) e Boliv (1478 m). A Selma sta ormai per imbrunire e l’orario è propizio per una buona e meritata pizzoccherata nella vicina locanda!
Note:
Vetta:
Uomo di sasso con libro di vetta, croce, asta d'un ombrellone, qualche bandiera tibetana, pietra con l’incisione 1921.
Selma:
Ampia possibilità di parcheggio nei posteggi della filovia Selma-Landarenca.
Valutazione:
Selma - Landarenca: T0 (filovia)
Landarenca - Piöv di Dent: T3 (EE)
Piöv di Dent - Sella a N della quota 2759 m: T4+ (F)
Sella a N della quota 2759 m - cresta W - Torrone Alto: T5+ (F - passaggio di II)
Torrone Alto - Versante S - Sella a N della quota 2759 m: T5 (F)
Quota 2677 m - Costa del Galbines - Piöv di Fuori: T3+ (EE)
Tourengänger:
Varoza

Communities: Hikr in italiano, Ticino Selvaggio
Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (18)