Pizzo Montalto (2705 m): salita dal canale Sud, discesa dalla cresta Nord
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Ci sono montagne che, dal loro primo apparire alla vista, si imprimono indelebilmente nel cuore dell’osservatore. È quello che è successo a me con il Pizzo Montalto, e precisamente con il suo impressionante versante Sud che da Cheggio si alza per 1200 metri come una muraglia verde. La cosa che colpisce, infatti, è che, oltre a tanta roccia, la “parete” è costituita in gran parte da ripidissimi scivoli erbosi, così ripidi che necessiterebbero di mezzi d’assicurazione, così come si fa per la roccia. Ma non è come dirlo… cosa usare, viti da ghiaccio? Ramponi? Piccozza? Tutto quanto in combinazione? L’unica cosa che si può dire è che questo pendio, così bello da vedere, è rischioso: in nessun modo può essere arrestata un’eventuale caduta.
Io ho provato a salirlo per un tratto, ma quando mi sono reso conto della ripidità – dai 55° / 60° andava aumentando – ho piegato a destra, per ricongiungermi al più docile pendio che sale verso il Passo del Fornalino.
Poi ho costeggiato la parete rocciosa integralmente (cioè, molto a lungo) fino al momento in cui essa ha ceduto, presentando un canalino che “portava su”. Ignaro se potesse portarmi in cima, l’ho percorso tutto (difficoltà F), rimanendo sempre al centro. Dico “al centro” perché c’è prima una ramificazione a sinistra, ignorata, e poi, più in alto, anche una verso destra, ignorata anch’essa.
Il canalino rimane posizionato molto a Ovest rispetto al sentiero ufficiale che porta al Passo del Fornalino. Naturalmente, dopo esserci entrati, si perde la visuale sul Passo stesso.
Tutto questo costeggiare iniziale alla ricerca del punto di passaggio mi impedisce di fornire una tempistica corretta. So quanto ci ho impiegato per arrivare in cima ma, ipotizzando di conoscere il punto d’entrata nel canale e di seguire il sentiero ufficiale fino almeno all’Alpe Meri superiore, si potrebbe poi salire su terreno libero ed accettabilmente ripido fino all’imbocco del canale (a circa 2080 m), con il risultato di abbassare il tempo di almeno un’ora abbondante, credo. Forse anche di più.
In ogni caso, in occasione del primo approccio (visivo) con il versante S del Pizzo Montalto, avvenuto in occasione della scialpinistica al Pizzo del Fornalino con tignoelino e Fabrizio del febbraio 2013, ho cominciato a sognare una salita da Sud e, canalino o parete che sia, è andata a fine che da Sud l’ho salito, questo Montalto. Certo, dal canale non è come “andar su dritti”, ma l’esplorazione sistematica della parete Sud è stata altrettanto entusiasmante (e meno rischiosa) rispetto all’idea iniziale campata per aria aprioristicamente.
Poi l’ho rivisto molte altre volte, sia dalla valle Antrona che dalla Val Bognanco. Ma è questo “sogno di direttissima” che ha tenuto desta l’attenzione su questa fantastica montagna. Dalla Val Bognanco il Montalto è bello – l’ho appena osservato poco tempo fa dallo Straciugo – ma da Cheggio ti irretisce…
Per tornare alla salita, allo sbocco del canalino ho poi proseguito dapprima su pietraia (va bene, siamo in Ossola, diciamo “giavina”) e poi sulla cresta SSE. Qui ho trovato una chiara traccia che, contornando la cupola sommitale, porta sulla cresta WSW, passando sopra i ripidissimi pendii erbosi di cui parlavo all’inizio (e di cui la CNS dimostra l’esistenza, anche se poi non restituisce una chiara idea della montagna….).
Dopo aver raggiunto quella cresta, la vetta è raggiungibile in pochi minuti.
Un’ora in vetta, in una delle giornate più belle di tutto il 2014 (paragonabile solo al giorno della Punta di Val Scaradra). I quattro giganti (Andolla, Weissmies, Laggin- e Fletschhorn) sono lì, quasi da toccare. Non vorrei scendere, ma il tempo passa e così mi dirigo verso la normale, la cresta Nord. Un po’ di attenzione va fatta anche qui, soprattutto perché di sole ne arriva poco e ci sono anche delle piccole macchie di neve fresca.
Nel punto in cui dalla cresta si diparte una grande ganna scendo e, percorrendola, arrivo al maggiore dei due Laghi dei Pianei, quello superiore. Più sotto è visibile la traccia ufficiale che porta all’Alpe Pianei. La raggiungo e poi, attraverso il sentiero che valica il Vallone Pasquale e tocca le due Alpi Pasquale (di cui una viene solo sfiorata) e le rovine dell’Alpe Bisi, ritorno a Cheggio per la birra finale, giungendovi due ore e mezza dopo aver lasciato la vetta del Montalto.
La ciliegina sulla torta di questa fantastica giornata è costituita, nel viaggio di ritorno, da una fermata a Domodossola per far visita ad adrimiglio: dopo anni di contatti solo virtuali era ora di conoscersi di persona! È stato un piacere, e alla prossima!

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