Alta Burasca (2634 m) - SKT
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Ringrazio Giuseppe Brenna per questa sua toccante pagina. Impossibilitato ad aggiungere alcunché, mi ritiro in religioso silenzio e lascio fluire le parole del Maestro.
“Alta Burasca: montagna dal nome epico, quasi romantico, che in origine apparteneva alla Cima NW del Piz de Trescolmen (… la carta Siegfried del 1872 riporta il toponimo Alta Burrasca …). Si alza dall’impervia costiera situata tra la Cima de la Bedoleta e il Piz de Trescolmen, separando il bacino dell’Alp d’Arbeola orientale dalla Val Largè.
Per motivi di sussistenza, agli alpigiani di una volta le cime interessavano solo come luogo di riferimento e di ricerca del bestiame e non come punto di escursione: per questo fatto molte sommità dei nostri monti prendono il nome da alpeggi, valichi, laghetti, pendii sottostanti dal carattere particolare. Ci sono eccezioni legate alla singolare forza estetica o naturalistica di una montagna (da qui: Pizzo Castello, Pizzo Badile, Poncione Rosso, Pizzo di Mezzodì, ecc.).
Alta Burasca è un’espressione che riflette bene uno dei più importanti avvenimenti che possono provocare “paura in montagna” (sentimento che lo scrittore romando Charles Ferdinand Ramuz ha posto al centro del suo celebre romanzo): ricorda e racchiude in sé la potenza devastante della natura, che in montagna si scatena sotto forma di tempeste dalla forza inaudita; fa pensare ai pastori dell’alpe – piccoli, grandi uomini sotto le placconate che scaricano torrenti impetuosi nel concerto drammatico di un temporale – impegnati strenuamente e disperatamente nel tentativo di portare al riparo qualche bovino, o un gregge di capre o di pecore, insostituibile bene, frutto di grandi cure e indicibili fatiche.
Per tutto quello che significa, Alta Burasca è forse il nome di monte più leggendario e insieme poeticamente veritiero che sia mai stato dato.”
Volevo chiuderla qui questa relazione, per non rovinare il momento magico creato dalle parole profondamente evocative del Brenna, ma ritengo comunque che due particolari aggiuntivi non sprofonderanno nel Flegetonte lo scrivente e il lettore.
Il percorso è quello indicato. Da segnalare solo:
- Il canalino fatto sia in salita che in discesa si trova appena a destra della quota 2057 riportata sulla CNS. Ho provato a salirlo non perché sia un fanatico dei canali, ma per evitare (sarebbe meglio dire “dimezzare”) il traverso su neve durissima che va ad aggirare la costiera rocciosa che scende dalla vetta e che comincia già al Passo Ovest dell’Alta Burasca. Il canalino era comunque tutto su neve altrettanto dura e, a fatica e con sforzo fisico non indifferente, sono riuscito a tenere gli sci e a fare le inversioni necessarie. Sarebbe stato molto più semplice toglierli, oppure ultimare il traverso sottostante.
- Pur avendo notato che sotto la verticale della cima NW (2652 m) del Piz de Trescolmen (cima definita Alta Burrasca dalla Carta Siegfried) alcune fasce rocciose avrebbero costituito un problema per attraversare verso la vetta dell’Alta Burasca, una vecchia traccia parzialmente cancellata mi invoglia a seguirla. Pochi metri sotto gli immensi cornicioni (~ 2545 m) compresi tra la Cima NW del Piz de Trescolmen ed il Passo E dell’Alta Burasca si potrebbe spellare e buttarsi per un breve tratto di discesa verso W in direzione della vetta, su neve durissima che non vede - per ora - il sole, come poi la successiva discesa dalla vetta dimostrerà. In un punto in cui ogni movimento è critico e ogni mossa falsa avrebbe come conseguenza una lunga scivolata (o a E o a W, in entrambi i casi, molto lunga) riesco a togliere i rampanti, a spellare e, con molta fatica, a ri-chiudere gli attacchi. Alla fine la prudenza mi fa scendere da dove sono venuto, aggirare la costiera rocciosa 130 metri più in basso e riprendere la salita per la cima dell’Alta Burasca. Il tutto, anche qui, per evitare un misero traverso di non più di 20 metri di lunghezza. A motivo di questa discesa inaspettata, e conseguente risalita, il computo del dislivello è maggiore del differenziale tra partenza ed arrivo.
- In vetta spira un vento fortissimo, per cui, toccata e fuga; per il cambio di assetto e la birra mi posiziono 4 o 5 metri più in basso, in zona sicura per quanto riguarda le cornici e un pochino più riparata dal vento.
- Per la discesa ripeto il tragitto dell’andata con l’eccezione del tratto tra la fine del canalino e I Cebi. Opto per una via più diretta (senza l’ampio giro a sinistra e poi a destra), andando a valicare il ruscello in una zona tranquilla e sfruttando i pendii situati più in basso ma altrettanto godibili rispetto a quelli percorsi in salita.
- Neve: crosta portante con sentori di polvere tra la vetta e quota 2000. Da 2000 a 1700 ottima neve trasformata. Nel bosco neve molle. Ancora sulz tra 1600 e 1400 (Pignela Sura). Poi sabbia in disfacimento fino all’auto. Comunque grande sciata.
Alta Burasca, montagna che incanta: basta il nome ed è detto tutto.

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