Le Pipe (2667 m) SKT – Discesa dal Canalone dei Canali
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La situazione della strada del Lucomagno si fa di anno in anno sempre più incresciosa. Apertura a singhiozzo, improvvise chiusure, talvolta finestra diurna, talvolta notturna: e questo in barba alla tanto sbandierata apertura invernale garantita! Come mai il Passo del Sempione è sempre aperto e invece il Lucomagno è in queste condizioni? Si dirà che i pendii che incombono sulle due strade sono totalmente diversi. E allora, se non si può garantirne la sicurezza, tanto vale che la strada rimanga ufficialmente chiusa. Sarebbe comunque in buona compagnia (San Gottardo, San Bernardino e tutta la lunga teoria dei passi alpini chiusi per la stagione).
Ordunque, per evitare di restare in balia dei balivi del Lucomagno (si fa per dire, che nessuno se ne abbia a male…) il sistema c’è: basta partire da Campra. La necessità aguzza l’ingegno: come l’anno scorso mi sono concesso in pieno inverno la Fibbia con il Gottardo chiuso partendo da Airolo (ok, era il Motto Bartola…), quest’anno posso benissimo ambire a Le Pipe sciroppandomi anche i 4 km (x2 = 8 km) aggiuntivi (in realtà per Casaccia sono un bel po’ di più…) e i conseguenti 350 metri di dislivello. Che sarà mai?
Anzi, così facendo, l’Alpe Casaccia non la vedo nemmeno, avendo la possibilità di tagliare molto prima.
Certo, la chiusura diurna della strada del Lucomagno ha anche i suoi lati positivi: una tranquillità mai vista da queste parti, la strada deserta, poche persone in giro, un silenzio da far invidia alla tundra artica…
Veniamo alla relazione. Cito il Gabuzzi: “Le Pipe sono un’elevazione della cresta Sud-Est del Pizzo del Sole. Si possono salire sia i suoi versanti Sud (Leventina) che quelli a Nord (Lucomagno), tutti gli itinerari sono assai ripidi e richiedono condizioni sicure”.
Il bollettino valanghe dà 2 per il mattino e 3 per il pomeriggio (valanghe bagnate), per cui il mio intento è salire la cima, fare una bella sciata e non mettermi nei pericoli.
Venendo invece all’”assai ripido”, devo dire che i tratti di questo tipo, se esistono, si limitano a un brevissimo tratto in salita (“fino a 36°” dice la guida) e all’altrettanto breve (ma si sa, la percezione, in discesa, è un pochino alterata…) uscita dal Canalone, ripida sì e costellata da spuntoni di roccia, ma che, come detto, termina poco dopo essere iniziata.
La guida del CAS dà “AD” la salita alle Pipe e “D” la discesa dal Canalone dei Canali. Siccome mi è rimasto un briciolo di spirito critico e le sparate tanto per ingigantire le difficoltà non mi appartengono, finisco per valutare AD il picco di difficoltà della gita, mentre il continuum non va oltre un PD / PD+. Per chiudere il capitolo difficoltà, va aggiunto che nella discesa, in almeno due punti (uno sotto la verticale del Pizzo Predelp e l’altro sotto il Pizzo dei Toròi), discendo altri due brevi pendii ripidi, del tipo AD+, ma siccome tutto dipende dalla via di discesa seguita – rimanendo più bassi sotto il Parè di Scut, cioè scendendo, come dice la guida, fino al Lago dei Canali, si evitano – non vado a toccare la valutazione predetta. E dunque, AD sia.
Per quanto riguarda il tragitto:
- Lascio la macchina a Campra (località Bolla del Corno), dove si diparte la stradina (invisibile a causa della neve) che esce a Segno, all’incrocio con la strada del Lucomagno subito dopo la galleria denominata Böcc di Scar. I 3,28 km della stradina sono in leggera salita e, specialmente nella seconda parte, ricchi di valanghe (già scese) da superare. C’è anche una piccola fossa causata da un grosso abete caduto, ma con un po’ di contorsionismo, si supera. Tolti gli sci per attraversare la strada del Lucomagno, passo dall’altra parte e li rimetto.
- Resto sempre sulla destra orografica del Brenno e poi del Ri di Lareccio. Supero Piano e senza salire verso Brönich passo da Stabbio Vecchio e Laraset. Per un breve tratto, circa 10 minuti, condivido il cammino con un ragazzo di Olivone. Poi lui svolta a sinistra verso il Pizzo d’Era e io proseguo nel lunghissimo traverso verso il Lago dei Canali (che non toccherò, né in salita né in discesa, rimanendo sempre più alto).
- La chiave di volta di tutta la gita è il Parè di Scut: sia in salita che in discesa ne raggiungo la base Nord-Est (rimanendo a distanza di sicurezza, visto che le sue rocce sono sì scaricate, ma c’è sempre la possibilità che venga giù qualcos’altro), passo poi a Nord, poi a Nord-Ovest, poi contorno tutto il suo fianco Ovest (che è gradevolmente all’ombra: il caldo si fa già sentire, quindi, quando possibile, meglio evitare…). Appena le sue rocce terminano, taglio in direzione SW e, ormai al sole, raggiungo la Bassa di Söu.
- Dalla Bassa alle Pipe la salita è gradevole: brevi tratti ripidi si alternano a docili pianori. Impressionante, all’improvviso, veder spuntare la gigantesca croce del Pécian appena oltre il pendio. Senza difficoltà raggiungo il grosso uomo di vetta de Le Pipe (2667 m). È mezzogiorno: naturalmente un pensierino al Pizzo del Sole, se la sua cresta non fosse stata così affilata e ricca di cornici, e la sua cupola terminale non fosse stata così gonfia, e non fosse già così tardi, l’avrei fatto. Ma memore del pericolo 3 incombente e ambendo con ardente desiderio al Canalone dei Canali, mi limito a scendere quei pochi metri per passare sul pendio Est del Pizzo del Sole e lì preparo il cambio di assetto.
- Discesa: il pendio Est è affascinante, anche se ogni tanto la crosta cede. La speranza è che il Canalone sia in migliori condizioni. A parte il nome altisonante “Canalone dei Canali” (il motivo è che, sotto, ci sono i Canali di Lareccio e poi anche il Lago dei Canali), si tratta di un normale pendio (canalone, non canale), che però verso la fine, cioè a quota 2400 m, presenta degli affioramenti rocciosi non sempre ben individuabili da sopra. La via più sicura sarebbe stata quella più a sinistra, ma ormai, dopo la bellissima discesa su polvere nel Canalone, mi trovo nella parte a destra, cioè non lontano dalla rocciosa cresta NE delle Pipe, che delimita il canalone stesso. Dopo aver ispezionato la discesa tra le rocce del settore centrale, propendo per la parte destra e trovo sotto di me un ripido pendio bianco polveroso. Mi faccio un tutt’uno con quei cristalli di diamanti puri e, purtroppo, dopo poche curve, mi ritrovo nuovamente sui docili pendii di Predèlp (che non c’entra niente con Carì, nonostante la vicinanza in linea d’aria).
- Come detto, per cercare di rimanere il più possibile su pendii presumibilmente più attrattivi (perché meno soggetti all’azione del sole), mi riavvicino, superando a scaletta un tratto di una trentina di metri, alla parete Nord del Paré di Scut. Traversi su polvere, pendii godibili sulla pendenza, e, rimanendo alto... a Est delle Foppe dei Toròi incontro una serpentina di discesa (forse lasciata dal ragazzo di Olivone). Al diavolo la perdita di dislivello! Metto in preventivo un’ulteriore scaletta e mi diverto a scendere a fianco della predetta scia. Polvere della più fina, Genuß pur, come direbbero a Nord.
- Una breve scaletta mi porta poi a Frodalera (evitata al mattino restando più a Nord, cioè più in basso), da cui, poi, con manovra aggirante, raggiungo anche Brönich. Sull’ovatta che nasconde il sentiero estivo sbuco oltre le cascine di Piano, avendo poi solo da percorrere un breve tratto in piano, come dice il nome.
- Incrocio la strada del Lucomagno e poi ripercorro la stradina (Campra di Qua) che, a tratti, permette un’ottima visuale sulle piste da fondo (Campra di Là), che anch’io ho percorso in passato. Arrivo all’auto ancora con il profumo della polvere negli occhi e la magnificenza dell’inverno bianco nel cuore. Il verde può aspettare, ogni cosa a suo tempo…

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