Fiasco alla Scaravini
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Giulio (gbal) dice:
Mi sono chiesto se avesse senso pubblicare questa relazione; di solito lo scopo è quello di comunicare una vittoria, il raggiungimento di una vetta e invece qui parliamo di un fiasco, di una sconfitta. Anzi, nel mio caso questo era il terzo tentativo di raggiungere la Cima Scaravini (o Scaravine come la chiamano i locali) partendo da Forno Valstrona (vedi: Rel.1 e Rel.2).
Ma a ben pensare c’è innanzitutto un motivo di onestà: la vita non è fatta solo di gioie e anche dei dolori bisogna parlare; inoltre comunicare ad altri i problemi e le difficoltà incontrate oltre che occasione di auto-riflessione può essere utile a colui che intendesse ripetere l’esperimento.
Questa volta ho un compagno a tentare con me, Emiliano, alias Poncione che porta in dote un bell’allenamento maturato con le sue recenti gite.
Consultiamo il Vate della meteo che valuta giovedì giornata migliore di mercoledì; obbedienti saltiamo la stupenda giornata di mercoledì e partiamo per la Val Strona giovedì……che nel primo mattino ci regala già un temporale notturno (alla faccia delle previsioni!).
Però, giunti a Forno costatiamo che il tempo è buono e ce ne rallegriamo mentre iniziamo a camminare.
Sapevo cosa mi aspettava; i due tentativi precedenti mi avevano insegnato quanto selvaggio fosse questo versante Ovest della Scaravini e quanto fosse difficile rintracciare la retta via nella faggeta sovrastante l’Alpe Cinque Fontane. Ma ero ottimista: le volte precedenti era inverno, c’erano 20 cm di neve che nascondevano la maggior parte dei rari segnali; oggi sarebbe stato diverso, di sicuro.
Infatti….già facciamo un piccolo girotondo all’Alpe Cinque Fontane prima di capire che il giusto sentiero era quello che sembrava entrare in una casetta ma, anche se camuffato, andava seguito. Arrivati a ca. 1250m nel bosco dove l’ultima volta avevo fatto dietrofront proseguiamo e attraversiamo il letto di un torrente secondario riemergendo sulla sua sponda dx. Poco più avanti intravedo una traccia di sentiero che va verso sx munita di un confortante ometto che ci rassicura dopo la carenza degli ultimi segnali B/R. Avanti, avanti, sali, sali nel bosco ma i segnali scompaiono; si formulano teorie: Emiliano opta per traccia di animali, io dico che stiamo seguendo la giusta traccia programmata sul GPS. Raggiungiamo q.1450m ca. e il sentiero o presunto tale muore in una distesa di rododendri che avrebbe scoraggiato chiunque. Ai nostri sguardi esplorativi l’isola verde si presenta vasta e continua ed è posta tra un secondo torrente e la faggeta che continua ripidissima. Comincio a pensare di essere incappato di nuovo in un sentiero giusto sì ma ormai senza la minima manutenzione e non più percorso da alcuno. Allora, dopo un conciliabolo, decidiamo di tornare sui nostri passi per rintracciare l’ultimo segnale B/R scorto e capire poi cosa fare. Dopo un po’ di difficoltà anche per ritornare ecco che improvvisamente vediamo il nostro B/R! (Wow) A questo punto aguzziamo la vista e scorgiamo qualche altro segno che indica una direzione diversa dall’ometto; allora pensiamo che sia stato stato posto lì da un buontempone per cui mi affretto a distruggerlo. Riduciamo mentalmente il nostro programma per via del tempo sprecato e seguiamo i nuovi segni fino a raggiungere i ruderi dell’Alpe Pociola anch’essa a q.1420m ca.
Qui però osserviamo la severa cresta che ci sovrasta e costatiamo che mentre ci divertivamo a giocare a nascondino nel bosco delle nuvole scure avevano avvolto la parte sommitale della cresta della Scaravini. Inoltre il sentiero continuava a non esistere; si vedevano solo i rari segni B/R ma l’erba folta celava qualunque traccia di passaggio.
In quelle condizioni ho ritenuto meglio piantarla lì piuttosto che trovarsi immersi nelle nuvole una volta in cresta e dover organizzare un avventuroso rientro in un ambiente così ostile.
Scesi nel letto del torrente asciutto attraversato all’andata ci siamo divertiti a risalirlo un po’ tanto per vedere dove andava: a casa, con calma ho scoperto che può essere una delle vie di salita alla Scaravini perché termina a ca.1860m di altezza. Forse un po’ duro come sentiero….ma anche il nostro non scherzava!
Abbandonati i giochi, un po’ a malincuore siamo tornati a Forno dove abbiamo pranzato; poi un caffè all’Albergo del Leone e quattro chiacchiere con le due simpatiche proprietarie hanno fatto tornare un po’ di buonumore. Un conforto? Le due signore ci hanno raccontato che non molto tempo fa dovette intervenire il Soccorso Alpino proprio lassù per recuperare un plotoncino di scout avventuratisi sulla cresta Scaravini.
A casa un ulteriore esame di coscienza fatto per tacitare la sensazione di essere gli ultimi “pirla” di questa terra mi rivela che le due gite ispiratrici erano state fatte da altri a fine Settembre e a fine Novembre quindi senza neve (che c’era nei miei precedenti tentativi) e sicuramente con meno vegetazione rispetto ad oggi.
Quindi…..ci riproverò a breve, questo è sicuro!
Emiliano (Poncione) dice:
[modalità antipatico on] Più chiaro di così Giulio non poteva essere... mi preme soltanto dire che chi ha avuto la "bella idea" di tracciare questo sentiero con tanto di (rari) segnavia, avrebbe anche il dovere non dico tanto, ma una volta all'anno - come regolarmente fanno le serissime società escursionistiche ticinesi, da cui TANTO TROPPO noi italiani abbiamo da imparare, ma seguitiamo ad ignorare la lezione - di controllare che tali itinerari restino fruibili e percorribili in sicurezza per chi (specie i "forestieri") osi avventurarsi.
Perchè la "Wilderness" è una gran bella cosa, specie se la si sa gustare, ma è anche vero che uno lo sa e parte preparato... ma se uno ha un obiettivo e deve fare dietrofront - non una ma TRE volte - per l'incuria che va ad aggiungersi alle già evidenti difficoltà oggettive dell'itinerario, allora proprio non ci siamo.
Mi spiace soprattutto per Giulio, che anche stavolta ha bevuto l'amaro calice della "sconfitta", il quale ci teneva davvero tanto a fare questa cresta Scaravini, ma mi spiace ancor più essere polemico e constatare ancora una volta che l'erba del vicino è sempre più verde.
Purtroppo però questo non è solo uno stupido e scontato modo di dire, ma è la pura e dura verità. Non, per carità, che anche in Ticino ciò non possa accadere (vedi avventura di igor al Pizzo Strega e dello stesso
gbal al Motton), ma ciò che oltreconfine è eccezione molto spesso da noi è regola, ed a quote ben inferiori. E, per evitare di essere ulteriormente antipatico aggiungo che odio dire quello che sto dicendo, e ne farei volentieri a meno: non sono anti-italiano o filo-svizzero, ma solo obiettivo, lo dico a scanso d'equivoci.
Peccato, perchè da quel poco che ho potuto vedere, litigando e sbuffando con un itinerario davvero selvaggio, i posti sono davvero stupendi e meriterebbero miglior sorte e miglior cura: allo stato attuale non me la sento affatto di fare buona pubblicità a questi luoghi, specie a chi non li conosce. [modalità antipatico off]
I tempi:
Località |
Tempo parziale |
Progressivo |
Parcheggio Forno |
0 |
0 |
Alpe Cinque Fontane |
0:33 |
0:33 |
Stop ai rododendri (q.1442) |
1:13 |
1:46 |
Ruderi A. Pociola (q.1422) |
0:33 |
2:19 |
Parcheggio Forno |
1:41 |
4:00 |
Pillole….del giretto:
Dislivello 727 m
Lunghezza totale 7,3 km
Tempo totale 4h00’
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