Cima d’Aspra (1848 m) e Cimetta (2030 m)
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Per aspera ad astra - Per suavia ad Aspra
Come avrebbe detto il mio indimenticato professore in relazione al primo dei due motti, “senza lacrime non si sente spirar l’ambrosia…”. Ma visto che qui, di lacrime, non se n’è versata alcuna, chiedo licenza di rovesciare la massima, e di sottolineare come la via per Aspra sia invece dolce, senza strappi, dal fondovalle fino alla cima.
Quello che è venuto dopo è da classificare soltanto “qualcosa leggermente in più” rispetto alla Cima d’Aspra, e con questo giustifico il “+” che ho aggiunto, corredandolo anche di quell’”I” necessario per far capire che non è il caso portarci dei bambini alla prima gita in montagna. Per il resto, come detto, tutto molto soave.
Veniamo ai fatti. Il sentiero è interamente segnalato in bianco-rosso fino alla Cima d’Aspra, per cui inutile dilungarsi: il percorso è visibile alla voce sintetica “Percorso”. Nemmeno l’aver scelto la salita diretta dall’Alpe alla Cima (fuori sentiero) fa aumentare il T3 che aleggia sul resto del tragitto. C’è da notare la grande somiglianza di questa salita con quella alla Cima di Visghèd (il Brenna parla di “straordinarie somiglianze strutturali” tra tutte le quattro cime che si affacciano sulla Riviera: la Cima di Negrös non l’ho ancora visitata e quindi non ne posso parlare, e per quanto riguarda il Ricuca, forse le somiglianze si limitano all’80% del percorso, dal quale mi sentirei di escludere il tratto terminale, parecchio più complesso).
Comunque, con un passo assolutamente non forzato (e con abbondanti pause fotografiche), raggiungo la Cima d’Aspra in 3 ore e 45’ dal fondovalle (il cartello del CAS a Gnosca parlava di 4 ore e 20’). La cosa mi induce a prolungare la salita fino alla Cimetta, avendo appurato che di neve, pur trattandosi di un versante N, ce n’è ben poca. Scendo alla bocchetta quotata 1809; poi, sempre su buona traccia (se si esclude un breve tratto molto “inerbato” – in realtà nascosto da rododendri e neve – dove la perdo momentaneamente) salgo all’anticima N della Cimetta, quotata 1957 (alcuni sassi raggruppati indicano il punto di culmine) e da lì mi presento all’attacco dell’ultimo tratto, sul quale, per evitare la neve, cerco di stare il più possibile in cresta. Ogni tanto si appoggiano le mani, più che altro per sicurezza, visto che lì, di sole se ne parlerà soltanto con l’equinozio di primavera, e quindi potrebbero esserci dei passaggi scivolosi. La coppia di camosci che avevo notato sulla vetta della Cimetta al mio arrivo sulla Cima d’Aspra è sparita; in compenso uno dei due, in magnifica livrea invernale, attraversa la cresta da W verso E sparendo nei bricchi del versante soleggiato. Guadagno la cima che presenta solo un debole segnale di vetta e visto che qui la neve copre quasi tutto, decido che la pausa pranzo verrà rimandata al mio arrivo all’Alpe d’Aspra.
Così faccio e per il ritorno non mi discosto dal percorso dell’andata, se si esclude il tratto finale (zona Pedena, Runc dala Pépe) dove, senza accorgermi, seguo un’altra (buona) traccia che mi scodella proprio davanti alla chiesa di Gnosca.
Gita alla portata di tutti ma d’interesse tutt’altro che trascurabile. Bellissima, come sempre in questi casi, la progressione dalla zona del castagno a quella del faggio, per passare poi alla betulla ed infine all’abete e al larice.
Tempi di percorrenza: 7 ore. Dettaglio:
Gnosca – Cima d’Aspra: 3 ore e 45’
Cima d’Aspra – Cimetta: 45’
Cimetta – Alpe d’Aspra: 30’
Alpe d’Aspra – Gnosca: 2 ore

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