Cima d'Aspra (1848 m)
Dopo le recenti nevicate, mi viene in mente questa montagna, sulla quale lessi commenti non certo entusiasmanti. La cosa mi incuriosisce e decido di approfondire l’argomento: i pareri in effetti sono molto contrastanti, sembra si tratti di un percorso senza mezze misure, che si ama o che si odia, e decido quindi di testarlo personalmente per verificare a quale schieramento appartengo.
Ad addolcire l’aspra cima di oggi, una giornata bellissima: cielo terso, colori meravigliosi e, in alto, un bianco lenzuolo ad ovattare l’ambiente. Consapevole non si tratti di una gita troppo lunga, parto con molta calma, me la voglio godere, per cui salgo senza nessuna fretta e raggiungo Nàseri, un vasto alpeggio tra i più suggestivi che mi sia mai capitato di vedere in Ticino. Qui prendo una bella pausa nei pressi della chiesetta, mentre qualche alpigiano passeggia silenziosamente sui prati. Il Gaggio innevato fa ora bella mostra di sé, oggi è lui il protagonista: mentre risalgo il bosco sopra l’alpeggio in direzione di Sessaldora, qualche scorcio al di fuori del cupo bosco mette in risalto la sua sagoma luccicante, che attrae lo sguardo in maniera inequivocabile. Giunto a Sessaldora faccio un’altra pausa dopodiché, poco più in alto, inizia la neve e calzo le racchette. Il panorama ora si amplia ed in breve arrivo all’Alpe Aspra dove la ripida crestina soprastante pressoché sgombra da neve mi consente di raggiungere la croce sull’anticima.
Sono così affascinato dall’ambiente circostante che inizio a perdermi in non so quali pensieri mentre mi godo la purezza dell’aria: il Gaggio è sempre lì, maestoso, mentre all’orizzonte i vari Pizzo di Claro, Torent Alto, Poncione Rosso, Poncione di Piotta, ecc. non sono sicuramente meno attraenti. Un freddo venticello ed un certo appetito mi spingono però a ridiscendere all’Alpe Aspra per il pranzo. Una volta rifocillato, visto che è ancora presto, decido di andare a curiosare lungo il percorso bollato che conduce sempre in cresta ma più a W, nei pressi della vera vetta, che prima ho trascurato. Attraversato quindi un pendio svalangato, tribolo un po’ nei pressi di alcuni abeti a causa della neve abbondante e sfondosa, prima di ritrovare su un albero i segni bianco-rossi che mi portano in breve ancora sulla dorsale e poi stavolta sulla cima, poco più alta della croce precedentemente raggiunta.
Ora sono appagato in toto. Scivolo serenamente verso valle, tornando a Nàseri e poi in corrispondenza della strada asfaltata, con l’intenzione di provare a seguire il sentiero che sulla CNS porta a Teid e quindi a Preonzo, per compiere così un ampio anello. Non ci sono però indicazioni, la cosa mi insospettisce e alla prima baita di Caslaccio chiedo informazioni ad un alpigiano sullo stato del sentiero: non è bollato e poco visibile in parecchi punti. Visto che ho davanti poco più di due ore di luce, il buon senso mi suggerisce di tornare sul sentiero dell’andata e seguire quello fino a valle.
Conclusioni? A me la gita è piaciuta parecchio. Certo, per apprezzarla a pieno molto dipende dalla scelta della stagione, personalmente ritengo il tardo autunno o il pieno inverno i periodi più indicati per questo itinerario, sia per la temperatura che per il tipo di ambiente ed i panorami, nonché per la scarsa frequentazione degli alpeggi. Oltretutto non è troppo lungo, per cui adatto alle corte giornate invernali, mai monotono, redditizio come pendenza e offre begli scorci panoramici, con molti tratti nel bosco ma anche in spazi aperti, alcuni meravigliosi (vedi Nàseri). Avvistato un camoscio e un’aquila nei pressi della cima ed un capriolo nel bosco vicino ai ruderi di Stabbio. Solo io in vetta ed un local salito con il suo bimbo sulle spalle, complimenti!

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