Il Massiccio del Teno
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4.a escursione: il massiccio del Teno
Per oggi ci tocca la parte più settentrionale dell'isola, quella mediamente più umida e per questo più ricca di vegetazione.
Teno è il nome dato alla punta più nord-occidentale dell'isola, Teno Alto è il minuscolo paesino dove pranzeremo e Teno è il nome del massiccio che andremo a visitare.
Prima di tutto occorre arrivare a nord, cosa mica facile, quando le strade sono attorcigliate su se stesse come delle budella. Dopo aver visto alcune facce verdi per qualche tornante di troppo, arriviamo a ridosso del mare. Qui non è mica come il resto di Tenerife, quello mondano, tutto villaggi e appartamenti. Qui ci sono paesini autentici, inondati (questo sì, come da tutte le altri parti) da infinite piantagioni di banane. Qui il mare sembra sempre incazzato ed mi sembra anche più scuro rispetto le altre parti del'isola.
E poi le rocce partono proprio dietro il paese per salire velocemente di un migliaio di metri. In mezzo queste rocce, erose dal vento, dall'acqua e dal tempo, ci sono numerosi intagli, i famosi barranchi, ed oggi ne risaliremo uno (il barranco de la Torre), seguendo un antico sentiero usato dai pastori della zona.
Dopo la sosta bar ci mettiamo in cammino. Il calima non molla, ma neanche noi lo facciamo. Sicuramente non abituati a questo clima, che è comunque insolito in questo periodo (siamo proprio dei fortunelli!!!), siamo più tenaci del ferro e dopo aver abbandonato la strada che porta alla penisola del Teno, cominciamo a salire.
La pendenza è subito diretta ed è bene tenere un passo umano. Lascio che Enea sfili con la massa di ramboidi, mentre io alterno la posizione di scopa a quella di cadenzatore di passo per il gruppetto terminale (terminale è una parola un po' pesante, ma le cose stanno proprio così).
Stiamo incollati alle pareti che trasudano umidità e vegetazione, mentre il mare man mano si allontana. La nebbiolina che avvolge le rocce fa somigliare l'ambiente all'interno di un vulcano ed io mi sento un po' nei panni del protagonista di "Viaggio al centro della terra", solo che al posto della tuba ho il mio cappello estivo (però le ghette le porto anch'io, anche se in altre stagioni...).
Con fatica recuperiamo quasi 700m ed ecco che improvvisamente la roccia lascia spazio ad ampie spianate, dove cresce l'orzo selvatico. Siamo in una zona di antiche coltivazioni, quando l'uomo non aveva ancora capito che al mare si fa meno fatica che in montagna. Sostiamo in un antico perimetro di sassi, sede di un vecchio mulino e poi proseguiamo baciati dal vento, che rinfresca pelle e idee.
Con tranquilli sali-scendi procediamo tra i terrazzamenti e la vegetazione folta, segno che di qui passa ben poca gente e arriviamo a Teno Alto, con il solleone di nuovo in nostra compagnia. L'ombra del bar è una panacea e lo è ancora di più la bibita gelata. E se proprio non ti vuoi accontentare ecco in arrivo il formaggio di capra autoctona, che evito per non incorrere nella solita cementificazione della dentiera. Pare che abbia sbagliato, visto che, chi lo ha gustato, si è leccato i baffi per varie ore.
Il paesino è proprio una chicca: mi sembra di tornare indietro di un secolo, con la sua minuscola chiesetta bianca, i tetti sui quali cresce l'erba, le viuzze e le case basse: manca solo il saloon e potremo essere in piena cittadina messicana frequentata da Tex Willer. In lontananza, i profili dirupati delle montagne potrebbero benissimo essere confusi con quelli dei mitici Mogolloni.
La ripresa dopo-pranzo è un dramma: primo perchè è una ripresa, secondo perchè il sole ulula, terzo perchè abbiamo un tratto da fare in salita su asfalto.
Poi finalmente raggiungiamo la cresta, a fianco della quale procederemo per un bel po'. "Ambiente aereo e di ampi panorami" reciterebbe la guida TCI-CAI Monti delle Canarie. Io mi godo dei panorami, mi godo la discesa alla strada, maledico l'ultima salita (per fortuna breve) et voilà, eccoci nello stesso punto del sentiero incontrato il primo giorno.
Da qui a Masca manca poco e manca ancora meno del primo giorno, visto che il bar più vivino è oggi aperto, risparmiandoci un buon chilometro di strada.
Parte il giro dei regali, assaltando l'esposizione. Come se non bastasse si fa una seconda sosta in paese, sosta decisamente business-oriented, dove mieli e saponi di aloe verranno assaltati.
Per oggi ci tocca la parte più settentrionale dell'isola, quella mediamente più umida e per questo più ricca di vegetazione.
Teno è il nome dato alla punta più nord-occidentale dell'isola, Teno Alto è il minuscolo paesino dove pranzeremo e Teno è il nome del massiccio che andremo a visitare.
Prima di tutto occorre arrivare a nord, cosa mica facile, quando le strade sono attorcigliate su se stesse come delle budella. Dopo aver visto alcune facce verdi per qualche tornante di troppo, arriviamo a ridosso del mare. Qui non è mica come il resto di Tenerife, quello mondano, tutto villaggi e appartamenti. Qui ci sono paesini autentici, inondati (questo sì, come da tutte le altri parti) da infinite piantagioni di banane. Qui il mare sembra sempre incazzato ed mi sembra anche più scuro rispetto le altre parti del'isola.
E poi le rocce partono proprio dietro il paese per salire velocemente di un migliaio di metri. In mezzo queste rocce, erose dal vento, dall'acqua e dal tempo, ci sono numerosi intagli, i famosi barranchi, ed oggi ne risaliremo uno (il barranco de la Torre), seguendo un antico sentiero usato dai pastori della zona.
Dopo la sosta bar ci mettiamo in cammino. Il calima non molla, ma neanche noi lo facciamo. Sicuramente non abituati a questo clima, che è comunque insolito in questo periodo (siamo proprio dei fortunelli!!!), siamo più tenaci del ferro e dopo aver abbandonato la strada che porta alla penisola del Teno, cominciamo a salire.
La pendenza è subito diretta ed è bene tenere un passo umano. Lascio che Enea sfili con la massa di ramboidi, mentre io alterno la posizione di scopa a quella di cadenzatore di passo per il gruppetto terminale (terminale è una parola un po' pesante, ma le cose stanno proprio così).
Stiamo incollati alle pareti che trasudano umidità e vegetazione, mentre il mare man mano si allontana. La nebbiolina che avvolge le rocce fa somigliare l'ambiente all'interno di un vulcano ed io mi sento un po' nei panni del protagonista di "Viaggio al centro della terra", solo che al posto della tuba ho il mio cappello estivo (però le ghette le porto anch'io, anche se in altre stagioni...).
Con fatica recuperiamo quasi 700m ed ecco che improvvisamente la roccia lascia spazio ad ampie spianate, dove cresce l'orzo selvatico. Siamo in una zona di antiche coltivazioni, quando l'uomo non aveva ancora capito che al mare si fa meno fatica che in montagna. Sostiamo in un antico perimetro di sassi, sede di un vecchio mulino e poi proseguiamo baciati dal vento, che rinfresca pelle e idee.
Con tranquilli sali-scendi procediamo tra i terrazzamenti e la vegetazione folta, segno che di qui passa ben poca gente e arriviamo a Teno Alto, con il solleone di nuovo in nostra compagnia. L'ombra del bar è una panacea e lo è ancora di più la bibita gelata. E se proprio non ti vuoi accontentare ecco in arrivo il formaggio di capra autoctona, che evito per non incorrere nella solita cementificazione della dentiera. Pare che abbia sbagliato, visto che, chi lo ha gustato, si è leccato i baffi per varie ore.
Il paesino è proprio una chicca: mi sembra di tornare indietro di un secolo, con la sua minuscola chiesetta bianca, i tetti sui quali cresce l'erba, le viuzze e le case basse: manca solo il saloon e potremo essere in piena cittadina messicana frequentata da Tex Willer. In lontananza, i profili dirupati delle montagne potrebbero benissimo essere confusi con quelli dei mitici Mogolloni.
La ripresa dopo-pranzo è un dramma: primo perchè è una ripresa, secondo perchè il sole ulula, terzo perchè abbiamo un tratto da fare in salita su asfalto.
Poi finalmente raggiungiamo la cresta, a fianco della quale procederemo per un bel po'. "Ambiente aereo e di ampi panorami" reciterebbe la guida TCI-CAI Monti delle Canarie. Io mi godo dei panorami, mi godo la discesa alla strada, maledico l'ultima salita (per fortuna breve) et voilà, eccoci nello stesso punto del sentiero incontrato il primo giorno.
Da qui a Masca manca poco e manca ancora meno del primo giorno, visto che il bar più vivino è oggi aperto, risparmiandoci un buon chilometro di strada.
Parte il giro dei regali, assaltando l'esposizione. Come se non bastasse si fa una seconda sosta in paese, sosta decisamente business-oriented, dove mieli e saponi di aloe verranno assaltati.
La cena ce la pappiamo alla grande sul lungo mare: goduria massima per concludere la giornata come-si-deve.
Partecipanti: Antonella, Antonino, Antonio, Beppe, Chiara, Enea, Fabrizio, Floriano, Giovanni, Guido, Laura, Maria, Mauro, Nello, Paolo, Ugo
Percorso: 10,50 km circa
Dislivello in salita: 855 m
Dislivello in discesa: 374 m
Tempo di percorrenza totale: 5,30 h (soste comprese)
Communities: Hikr in italiano
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