Dopo la sconfitta bruciante dell’altro giorno al Mont Vélan, ho bisogno di tornare a portare a casa qualcosa. È l’ultima uscita della stagione e vado sul sicuro. La Becca di Giasson è ideale. Una scialpinistica, la riuscita è a prova di bomba – anche se, realizzo ora scrivendo, la via invernale sale dal versante opposto…. Ripercorro la noiosissima strada che porta al Rifugio Bezzi. La giornata è uggiosa e non aiuta, anche se non dà pioggia. Poco prima del rifugio mi raggiunge un ragazzino che viene su a tutta. Gli chiedo se si alleni per il Tor des Glaciers, che, sì, passa di lì, ma non penso al fatto che la sua giovane età non si sposa molto con una gara di 450 chilometri, ed infatti lui mi risponde che va su a vedere come stanno le sue mucche. Ancora due chiacchiere e poi le strade si separano. Io proseguo lungo il sentiero che porta al Lago San Martino. In effetti, incontro una mandria di mucche sparse per il pendio. Mi chiedo come sia possibile contarle tutte: provo mentalmente, ma non è facile! Proseguo, seguendo qualche ometto qua e là, verso la conca sotto al colle di Fos, poi piego verso il Colle Giasson. Dal colle scende un torrente vorticoso, lo seguo risalendo il pendio e scopro che, lassù, c’è un lago enorme, frutto dello scioglimento di un minuscolo ghiacciaio, uno dei tanti sparsi nella zona. La Becca di Giasson è alla mia sinistra, salgo con delicatezza in diagonale il pendio innevato ed in breve arrivo in vetta. Pur essendo una vetta laterale, il panorama è vasto, però tutto attorno a me è grigio: grigie sono le rocce e grigie sono le nubi che ricoprono il cielo, pur non nascondendo le montagne attorno a me. Ma oggi va così, la montagna è anche questa, e le pareti attorno a me sono imponenti.
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