Pointe Maurin (3220 m)
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Finalmente, dopo due giorni interlocutori, ecco una giornata in cui il tempo è previsto bello. Non posso dunque che incominciare a fare cime “interessanti”. Incomincio da una cima poco conosciuta, dalla Valgrisenche. Parcheggio in fondo al lago e mi incammino verso il Rifugio Bezzi. Nonostante il sole sia già sorto, la strada è tutta al buio e questo la rende particolarmente noiosa. Una volta arrivato al rifugio, incontro un po’ di gente, tutta quanta però ovviamente diretta dalla parte opposta rispetto alla mia! Tutti, infatti, partono per uno dei Col Bassac, io invece mi dirigo verso il Col du Lac Noir. Giusto il tempo di mettere gli scarponi e parto. Ora il sole è alto. Il sentiero corre a mezzacosta lungo un pendio molto esposto, ma non c’è alcuna difficoltà tecnica. Invece che dirigermi verso il Col Vaudet (o du Rocher Blanc, per via di una fascia di rocce chiare) proseguo in direzione Col du Lac Noir, sempre lungo il sentiero. Il colle è difeso da un nevaio, la cui cornice di un paio di metri si rivela divertentemente difficile da superare! Ma la mia meta è di fronte a me, bella imponente. Ora mi si aprono due strade: salire la cresta S, che sembra un po’ affilata, o salire lungo il versante S e andare a prendere la cresta E, che sembra più tranquilla. Propendo per la seconda opzione. Con tranquillità mi porto in cresta, sfruttando in realtà una cresta laterale. La cresta è abbastanza tranquilla, soltanto un passaggio è un po’ delicato. Sono in vetta. Il cielo è terso come non mai. Il panorama è vasto, anche se non riconosco quasi neanche una vetta. Guardando verso la cresta S, sembra che non sia così difficili. Allora, visto anche che è presto, decido di provare a farla, al massimo posso sempre tornare indietro (!). La cresta si rivela meno banale di quello che mi era parsa guardandola dall’alto, ma anche non impossibile come invece mi sembrava osservandola dal colle: insomma, un giusto compromesso per rendere il tutto divertente!
Una volta arrivato al colle, è presto, mi sdraio per terra e mi appisolo, per qualche minuto, finché mi sento portare via dal vento il berretto che mi ero messo sul viso per non vedere il sole…!
È ora di scendere. Al rifugio c’è il mondo, ma io mi fermo giusto ilo minimo indispensabile per rimettere le scarpe leggere ed affrontare in velocità la discesa, per me sempre il momento più noioso della giornata. Supero tantissima gente, inclusi tre con degli zaini pieni quasi come il mio. Sento che si dicono tra loro “ma quella è una piccozza…”, poi ad alta voce mi chiedono dove sono andato. La mia meta ovviamente non dice loro un granché, poi mi raccontano che loro invece volevano andare a fare la Grande Traversière, ma pochi metri sotto il Col Bassac hanno incontrato un nevaio esposto e con la neve dura e senza ramponi né piccozza non sono riusciti a passarlo, rinunciando così tutti alla vetta. Io la mia piccozza e i ramponi li ho sempre con me, anche se oggi non li ho usati! Proseguiamo così con le chiacchiere, che mi fanno passare il tempo prima di arrivare alla macchina, dove ci salutiamo.

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