Monte Martica (m.1032), dosso NE
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Da parecchio tempo, stranamente, non frequentavo i versanti settentrionali e orientali del Monte Martica - se si eccettua l'uscita di circa un anno fa con Froloccone e Serzo dal temibile canalone del Pass dul Diàvul - pertanto, ben conoscendene le caratteristiche ed evitando ostinatamente i sentieri segnati, l'obiettivo è bissare proprio una "divertente" e ormai datata salita, di cui riferii con una relazione ironica e un filo satirica, tacendo tuttavia sulle reali difficoltà e i passaggi obbligati d'affrontare, tanto da costringermi a distanza di anni ad elevarne la valutazione (https://www.hikr.org/tour/post63415.html). Tutto questo ben conscio come su questi terreni sia quasi impossibile ripetere fedelmente una "via" avventurosa, specie a distanza di anni in cui molte (brutte) cose son capitate a questa montagna, ferita a più riprese sia dalla forza della Natura che dalla stupidità di qualche idiota, ma che mantiene pur sempre inalterato il suo fascino magnetico.
Dopo il solito avvicinamento alla "base" della Badia di Ganna (m.460) e al successivo Ponte degli Alpini, evito immediatamente i tre percorsi noti (Miniera, Valicci e Pralugano) puntando il "prato dei cinghiali" (basta guardarlo...), posto sotto due severi costoloni erbosi e rocciosi intercalati da una continuata e verticale forra percorsa da un ramo del torrente Margorabbia. Solcato il rivolo d'acqua si sale per un evidente corridoio a mezzacosta in direzione sud. Già da qui ci si può rendere perfettamente conto di come i passaggi siano ampiamente caratterizzati dalla folta colonia di ungulati, pesanti o leggeri che siano, che abitano la montagna, pertanto quando il traccione iniziale finisce nel nulla è d'obbligo osservare minuziosamente dove e come passare seguendo le loro orme. C'è quasi l'imbarazzo della scelta, ma una traccia è molto più evidente ed invitante delle altre e con qualche elaborato zigzag conduce appena sotto l'evidente fascia rocciosa di inaffidabilissimo porfido, a sinistra della forra sopraccitata. La si affronta con cautela per un tratto, ma una pianta impedisce di proseguire, a meno di sfidare inutilmente l'esposizione del solco, quindi in qualche modo si aggira a sinistra per poi tornare sul filo. E' uno dei tanti e affascinanti angoli selvaggi della Martica e la Valganna in generale, ed è assai emozionante affrontarlo nella sua crudezza. Da qui comincia il "bello", in quanto la prosecuzione verso l'alto si fa ancor più impervia e confusa, tanto da imporre un'interpretazione continua del terreno, finchè s'incontra un evidente sentierino che rimane a mezzacosta sempre in direzione S. Mi sembra di ricordarlo, ma preferisco salire, finchè mi rendo conto della delicatezza del terreno e dell'esposizione crescente, ridiscendendo con cautela ad esso. Il sentierino procede con scarsa pendenza, diventando magnifica cengia rocciosa ed esile traccia esposta, imponendo una breve arrampicata su misto, e poi volgere finalmente a N con brevi zigzag tra le rade piante giungendo sull'ampio costolone erboso sostenuto dalla precedente fascia rocciosa: di fatto il "passaggio-chiave" per vincere il versante è questo.
Una volta al sicuro sull'ampio dorso erboso il ripido non è certo concluso, ma si usano assai meno le mani se non per affrontare qualche tratto roccioso comodamente aggirabile, in un crescendo di visuali tra le più selvagge e particolari della Valganna, rivolte dapprima su Ganna, il Pralugano, il Monte Mondonico e il Monte Val de Corni, ampliandosi sempre più magnificamente sul Lago e il Poncione di Ganna, oltre al Minisfreddo. Purtroppo la giornata è fosca, altrimenti sarebbe stato tutto ulteriormente spettacolare... Salendo questa schiena erbosa ritrovo anche il suo accesso più facile, sempre da nord, per tracce di sentieri e vallecole provenienti dal sentiero 15, consigliabile per chi voglia godersi questi panorami senza rischiare salite azzardate e incognite: dato da verificare tuttavia, perchè da anni non faccio quel sentiero e ignoro se si riesca ancora a passare, dopo i tanti disastri successi.
I "disastri" tuttavia li posso vedere coi miei occhi proseguendo ora più agevolmente la libera salita, ostacolata a più riprese da un autentico cimitero di piante cadute, quando anni fa era tutto bosco di faggi, betulle e querce. Intuisco appena il punto in cui s'interseca il sentiero che risale a mezzacosta al Pass dul Diàvul, che descrivevo - seppur ermeticamente - nella relazione di cui sopra: riconosco tuttavia il luogo, qui caratterizzato da grossi massi che il suddetto sentiero, ancor visibile, aggira a sinistra. Punto ripidamente i massi giungendo presto ai loro piedi, e dei due canalini terrosi che li attraversano scelgo quello di destra, più appigliato. Superato questo tratto divertente non rimane che seguire liberamente il ripido pendio boscoso attraversato da innumerevoli tracce di animali, benchè a un certo punto si trovi un ulteriore sentiero (forse quello segnato sulla carta del Parco Campo dei Fiori che si collega al sentiero 16 a destra), avendo l'accortezza di spostarsi gradualmente a sinistra. Questa parte è un pò monotona ma al tempo stesso conduce rapidamente al fortino orientale di vetta (m.1032), incontrando un'ulteriore zona disastrata, ma fattasi anche più panoramica.
Il ritorno a Ganna avviene, ovviamente, seguendo i sentieri 16 e 15 ed è senza storia e alquanto rilassante. Ciò non toglie che questa sia, tra le svariate possibilità di salita che offre, la più diretta, panoramica e selvaggia salita al Monte Martica, offrendo emozioni e sensazioni del tutto particolari e molteplici.
Avanti così.
NB. La via di salita si può valutare nella media un T3+/T4, ma in qualche passaggio singolo ci sta anche il T4+: il grosso della difficoltà è la scelta della via migliore e l'orientamento. La discesa su via normale T2.
Dopo il solito avvicinamento alla "base" della Badia di Ganna (m.460) e al successivo Ponte degli Alpini, evito immediatamente i tre percorsi noti (Miniera, Valicci e Pralugano) puntando il "prato dei cinghiali" (basta guardarlo...), posto sotto due severi costoloni erbosi e rocciosi intercalati da una continuata e verticale forra percorsa da un ramo del torrente Margorabbia. Solcato il rivolo d'acqua si sale per un evidente corridoio a mezzacosta in direzione sud. Già da qui ci si può rendere perfettamente conto di come i passaggi siano ampiamente caratterizzati dalla folta colonia di ungulati, pesanti o leggeri che siano, che abitano la montagna, pertanto quando il traccione iniziale finisce nel nulla è d'obbligo osservare minuziosamente dove e come passare seguendo le loro orme. C'è quasi l'imbarazzo della scelta, ma una traccia è molto più evidente ed invitante delle altre e con qualche elaborato zigzag conduce appena sotto l'evidente fascia rocciosa di inaffidabilissimo porfido, a sinistra della forra sopraccitata. La si affronta con cautela per un tratto, ma una pianta impedisce di proseguire, a meno di sfidare inutilmente l'esposizione del solco, quindi in qualche modo si aggira a sinistra per poi tornare sul filo. E' uno dei tanti e affascinanti angoli selvaggi della Martica e la Valganna in generale, ed è assai emozionante affrontarlo nella sua crudezza. Da qui comincia il "bello", in quanto la prosecuzione verso l'alto si fa ancor più impervia e confusa, tanto da imporre un'interpretazione continua del terreno, finchè s'incontra un evidente sentierino che rimane a mezzacosta sempre in direzione S. Mi sembra di ricordarlo, ma preferisco salire, finchè mi rendo conto della delicatezza del terreno e dell'esposizione crescente, ridiscendendo con cautela ad esso. Il sentierino procede con scarsa pendenza, diventando magnifica cengia rocciosa ed esile traccia esposta, imponendo una breve arrampicata su misto, e poi volgere finalmente a N con brevi zigzag tra le rade piante giungendo sull'ampio costolone erboso sostenuto dalla precedente fascia rocciosa: di fatto il "passaggio-chiave" per vincere il versante è questo.
Una volta al sicuro sull'ampio dorso erboso il ripido non è certo concluso, ma si usano assai meno le mani se non per affrontare qualche tratto roccioso comodamente aggirabile, in un crescendo di visuali tra le più selvagge e particolari della Valganna, rivolte dapprima su Ganna, il Pralugano, il Monte Mondonico e il Monte Val de Corni, ampliandosi sempre più magnificamente sul Lago e il Poncione di Ganna, oltre al Minisfreddo. Purtroppo la giornata è fosca, altrimenti sarebbe stato tutto ulteriormente spettacolare... Salendo questa schiena erbosa ritrovo anche il suo accesso più facile, sempre da nord, per tracce di sentieri e vallecole provenienti dal sentiero 15, consigliabile per chi voglia godersi questi panorami senza rischiare salite azzardate e incognite: dato da verificare tuttavia, perchè da anni non faccio quel sentiero e ignoro se si riesca ancora a passare, dopo i tanti disastri successi.
I "disastri" tuttavia li posso vedere coi miei occhi proseguendo ora più agevolmente la libera salita, ostacolata a più riprese da un autentico cimitero di piante cadute, quando anni fa era tutto bosco di faggi, betulle e querce. Intuisco appena il punto in cui s'interseca il sentiero che risale a mezzacosta al Pass dul Diàvul, che descrivevo - seppur ermeticamente - nella relazione di cui sopra: riconosco tuttavia il luogo, qui caratterizzato da grossi massi che il suddetto sentiero, ancor visibile, aggira a sinistra. Punto ripidamente i massi giungendo presto ai loro piedi, e dei due canalini terrosi che li attraversano scelgo quello di destra, più appigliato. Superato questo tratto divertente non rimane che seguire liberamente il ripido pendio boscoso attraversato da innumerevoli tracce di animali, benchè a un certo punto si trovi un ulteriore sentiero (forse quello segnato sulla carta del Parco Campo dei Fiori che si collega al sentiero 16 a destra), avendo l'accortezza di spostarsi gradualmente a sinistra. Questa parte è un pò monotona ma al tempo stesso conduce rapidamente al fortino orientale di vetta (m.1032), incontrando un'ulteriore zona disastrata, ma fattasi anche più panoramica.
Il ritorno a Ganna avviene, ovviamente, seguendo i sentieri 16 e 15 ed è senza storia e alquanto rilassante. Ciò non toglie che questa sia, tra le svariate possibilità di salita che offre, la più diretta, panoramica e selvaggia salita al Monte Martica, offrendo emozioni e sensazioni del tutto particolari e molteplici.
Avanti così.
NB. La via di salita si può valutare nella media un T3+/T4, ma in qualche passaggio singolo ci sta anche il T4+: il grosso della difficoltà è la scelta della via migliore e l'orientamento. La discesa su via normale T2.
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