Pizzo del Corvo (P.3086) e Pizzo Scopi (vetta 3190)
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La parte che collega le due vette è forse la più bella dell'intera escursione. Lo Scopi ha una vetta rovinata ma conserva con dignità la sua bellezza. Il Corvo con la neve è una perla. Per me è il primo 3000 della stagione invernale..
In breve
In tre siamo saliti dal Lucomagno al Pizzo Scopi passando dalla cima P.3086m del Pizzo del Corvo, tramite un traverso nel versante S dello Scopi. Per lo Scopi abbiamo scalato la breve e piacevole cresta S. Solo 2 di noi hanno completato le cime, la terza persona (Deborah) si è fermata, a causa della mancanza di condizione fisica, nel tentativo accedere direttamente in solitario alla più vicina vetta della Scopi. Per lei si tratta della prima volta a 3000m e su terreni misti.
Lo Scopi visto dalla cresta SW in mattinata

Commento di
michea82
Video: [/drive.google.com/file/d/16rUFJq3EPai0gCSleOnW8gpKJbvm3Rpf/v...]
Dopo il Kastelhorn, raggiunto con Fredy in settembre, e la Grigna Meridionale con Deborah in ottobre, siamo riusciti a riunirci per un bel giro che soddisfacesse tutti.
Fredy viaggia con disinvoltura ed è veloce, Deborah si è approcciata con motivazione, portandosi in alto con noi e tentando un'ascesa in solitaria alla vetta rilevatasi tuttavia troppo difficile.
Ci siamo incontrati a Malvaglia alle 06.00 e siamo partiti dal Lucomagno alle 06.45. Poche centinaia di metri più in basso il termometro segnava meno 4 gradi. Presso il Passo invece il vento inibiva l'irraggiamento notturno mantenendo gli zero gradi. In giornata era previsto un forte riscaldamento in quota. Per noi è stata, come spesso accade, una partenza traumatica. Ben coperti ci siamo incamminati sferzati dal vento e abbiamo seguito il sentiero sopra la galleria. Verso la fine della stessa una traccia si stacca a destra (vedi foto). Fredy avendo scaricato il gpx di
siso nel telefono riconosce il sentiero già fatto in estiva e così cominciamo a prendere quota sotto una lesta aurora.
Le cime si illuminano e i frontalini diventano inutili.
In poco tempo, intorno a quota 2300, indossiamo i ramponi, la neve è gelata e il terreno abbastanza ripido da rendere rischioso proseguire solo con le scarpe. Manteniamo la destra per raggiungere in modo diretto la cresta SW. Saliamo in modo lento e regolare, il tratto finale è ripido e alla fine si toccano inevitabilmente molte rocce con i ramponi.
Siamo a 2700 m e sono le 09.30.
Poco prima di toccare la cresta SW

Pausetta e riprendiamo suibito. Percorriamo la cresta baciati dal sole e con il vento divenuto debole o assente.
Deborah soffre l'altitudine, essendo poco abituata, ma ha un buon battito (inferiore a 150/min). È visibilmente affaticata e quindi le porto lo zaino, oltre ad offrirle la redbull, che beve disgustata ma senza opporre troppa resistenza. Questo le permette di volare a quota 3100.
Il paesaggio è ammaliante e lo Scopi ci sovrasta imponente. A quota 2950 m siamo nei pressi di una sella, e vediamo distintamente la parte finale della cresta SW per il Pizzo Scopi.
Calcolando di volerci occupare prima del Corvo (per evitare di disarrampicare la cresta S dello Scopi durante la discesa) riteniamo, di comune accordo con Deborah, di lasciarla riposare. Lei decide di provare a raggiungerci sulla vetta dello Scopi direttamente da SW (avendo a disposizione più tempo). La via vista da sotto appare facile.
Dopo una pausa lasciamo quindi lei indietro e noi ci spostiamo a quota 3000 dove imbocchiamo il traverso sul versante S dello Scopi.
Qui io rischio subito di scivolare e partire: la neve è molto farinosa (non portante) e 20 cm sotto lo strato è liscio, gelato e scivoloso. Nonostante la pendenza sia moderata tengo la piccozza in mano.
Alle 11:25 siamo sulla cresta S e la scena è top. Alle spalle abbiamo la breve scalata per lo Scopi. Davanti a noi la cresta sottile innevata che conduce al Pizzo del Corvo. Da entrambi i lati c'è una certa esposizione. Con concentrazione, seguendo il filo della cresta, siamo sulla vetta denominata Punto 3086. La vera cima del Corvo resta una settantina di metri più in basso e più a sud (e non ci va di scendere per poi risalire).
Brevissima pausa e ripartiamo.
Intanto alla nostra stessa quota ma sulla cresta SW Deborah decide di fermarsi. È in difficoltà. Ci manda alcuni SMS: non abbiamo considerato che le mancasse la dimestichezza con il tipo di terreno (e la condizione). La invitiamo a non scendere da sola.
Ora ci occupiamo dello Scopi. Ma principalmente lo Scopi diventa la strada per compiere la missione di salvataggio della bella escursionista bloccata dall'altra parte.
Crestina N per il Pizzo del Corvo (vista verso S)

Ho la sensazione di essere stato leggero e imprudente. Voglio raggiungere lei. Pertanto vengo pervaso da energie che non credevo di avere. Supero la bestia che finora mi aveva preceduto, Fredy, e attacco la cresta. Da sotto sembra una parete difficile e verticale. Ma si arrampica con facilità, pochi distacchi, molti appigli e una fune per aiutarsi. Il grado lo stimiamo come secondo. Praticamente volo in vetta lasciando indietro il mio amico. Alle 12.30 sono su. Aspetto Fredy e dopo qualche scatto obbligatorio ci ramponiamo nuovamente per scendere.
E qui mi rendo conto che non è uno scherzo. Il pendio è abbastanza ripido, la neve dura e gelata. I ramponi tengono ma anche io ho paura di scivolare lungo un versante punteggiato di rocce affioranti. Pertanto scendo molto lentamente e all'indietro. Fredy è più sicuro e mi supera. Così ci ricongiungiamo alla nostra compagna di avventura e insieme ci rechiamo presso la sella a quota 2950 per mangiare e studiare la discesa.
La discesa sotto quota 2900 ora più facile priva di rocce

Sono le 13.30 ma la sensazione è che siano le 17.00.
Decidiamo di seguire la cresta SW ma poi di piegare a dx nella valle e scendere liberamente nei pendii esposti a N e ben innevati. In questo modo guadagniamo tempo e risparmiamo fatica. La neve ci ammorbidisce il passo e così in poche ore siamo al Lucomagno.
Tappa a Olivone per una meritata birra/cioccolata calda.
Commento di
debbee
Impressioni di un'escursionista alla prima esperienza di alpinismo.
Se due baldi giovani si offrono di portarti "a fare un 3000", mica ti puoi tirare indietro. Qualcuno ti dirà che sei coraggiosa, ma in cuor tuo ti senti anche un po' incosciente - nel senso che non sei veramente cosciente di cosa stai per fare. Poi saltano fuori ramponi e piccozza, allora cominci a capire che non sarà una passeggiata. Neve e pendenze vertiginose, dorsali e sassaie insidiose, terreni mai affrontati.
Partenza al buio nel vento gelido del passo del Lucomagno, cose che mettono a dura prova la tua forza di volontà: il pensiero fisso nei primi minuti è stato "sono ancora in tempo per tornare indietro". Improvvisamente, il cielo si schiarisce: l'alba, quel momento che solo in pochi temerari hanno la fortuna di vedere da quassù. I colori nell'aria limpida del mattino sono talmente belli che ti costringono a fermarti per contemplare la meraviglia della natura intorno a te: il lago di un blu così scuro che pare nero, in contrasto netto col bianco purissimo della neve sulle montagne che lo sovrastano, e il cielo così azzurro che promette una splendida giornata di sole. Ma il percorso è ancora lungo e le ore di luce sono poche, quindi si cammina, ininterrottamente, inesorabilmente, un passo dopo l'altro, con ritmo costante e poche parole, che il fiato va risparmiato a queste quote.
Camminare nella neve mi piace, nonostante la ripidità del pendio. Certo, sono facilitata molto dal fatto che Michea e Fredy mi precedono e creano scalini su misura per me, sobbarcandosi un po' di fatica in più per rendermi la vita più facile. Resta il fatto che le gambe e le braccia che mi tirano su per la montagna sono solo le mie e probabilmente sto dando il 110%, bruciando ogni briciolo di energia presente nel mio corpo. Infatti comincio a sentire una certa fame e a quota circa 2600m, dopo quasi 3h di cammino, facciamo una pausa e mangiucchio qualcosa.
Qui le cose iniziano a farsi serie: la quota e lo sforzo appena fatto si fanno sentire e do i primi segni di cedimento. Certi passaggi mi fanno dubitare delle mie capacità e della mia sicurezza. Michea mi porta lo zaino per un po'. Camminiamo un'altra oretta e facciamo un'altra breve pausa in un punto molto panoramico e comodo per la sosta. Chiaramente non ho le forze per fare due cime e non me la sento di affrontare il traverso nella neve verso il Pizzo del Corvo, quindi decidiamo di separarci: la vetta dello Scopì mi sembra raggiungibile, sembra quasi di vedere pure una traccia di sentiero che sale...
Mi avvio baldanzosa: ce la posso fare, ne sono convinta. Ma poi succede qualcosa, sopra i 3000m. Il terreno diventa più difficile, la pendenza aumenta, la quota a cui non sono abituata, la traccia che non si vede, la solitudine, la testa che gira un po' ad ogni minimo sforzo... Provo ad andare avanti lentamente, ma ogni due passi mi devo fermare a riprendere fiato. Non ce la faccio, non ho più le forze né fisiche né mentali per andare avanti. Mi fermo, sulla neve dura, in mezzo al pendio, all'ombra. Valuto la possibilità di tornare indietro ma guardare verso il basso mi fa tremare le gambe: troppo ripido, troppe poche forze. Mi devo spostare, in quella posizione non posso neanche togliermi lo zaino per mettermi il piumino o mangiare qualcosa. Alla mia destra delle rocce. Devo riprendere fiato e spostarmi da lì. Ho bisogno di un contatto umano: posso solo mandare un SMS a Michea e informarlo della mia situazione. Cerco di non farlo preoccupare troppo ma voglio che sia comunque chiaro che sono in difficoltà. Mi risponde di aspettare e mangiare - facile a dirsi...
Siccome per salire non ho le forze e per scendere non ho il coraggio, mi resta solo una possibilità: spostarmi in orizzontale, verso le rocce alla mia destra, sperando di trovare un posto in cui sedermi ad aspettare. Guardo verso il Pizzo del Corvo, vedo i ragazzi e loro vedono me. Fortunatamente c'è un sasso perfetto per sedermi, appoggiare lo zaino in sicurezza, tirare fuori il piumino e cercare di mangiare qualcosa. Ancora non posso dire di sentirmi bene, ma almeno sono al sicuro. Il tè mi scalda ma il panino fa fatica ad andare giù; mi sforzo di mangiarlo lo stesso con la consapevolezza di aver bisogno di energia. Il mio umore è pessimo, i pensieri sono tutti negativi. Resto lì un'oretta prima che i ragazzi mi raggiungano ma quando finalmente sono con me, il mio stato d'animo cambia immediatamente: ritrovo forze e sicurezza in un secondo, mi sento pronta per affrontare la discesa.
...e che discesa! Fredy si lascia scivolare sul sedere per un pezzo di discesa e io lo copio divertita. Ci fermiamo a mangiare nel punto in cui ci eravamo separati e poi proseguiamo il rientro, il peso dei nostri passi attutito dal soffice manto nevoso che rende gradevole anche la discesa (che solitamente mal sopporto). Finita la neve, ci stupiamo tutti e 3 di come ci sembrino le 8 di sera d'estate: il sole ormai basso e le tante ore alle nostre spalle creano questa strana illusione temporale, ma sono solo le 3 del pomeriggio. Il passo del Lucomagno ci accoglie col suo terribile vento gelido e ci affrettiamo alla macchina. Un ultimo sguardo verso le cime che ci hanno ospitato e via verso una meritata tazza di cioccolata calda!
Commento di
m323
Dopo l'avventura con Michea al Kastelhorn di metà settembre, con cui mi sono trovato a mio agio, ci voleva un'altra bella giornata in montagna prima di togliere gli sci dal solaio per l'imminente stagione invernale. E con questo tempo meraviglioso non ci si poteva certo tirare indietro!
E' stata l'occasione per conoscere anche Deborah e pure con lei mi sono trovato molto bene. Cos'altro dire oltre a quanto già esposto da Michea e Deborah? Hanno già esposto in dettaglio tutto loro... Una sola parola quindi: FANTASTICO!!!
Grazie per la splendida giornata trascorsa assieme e arrivederci alla prossima.
In breve
In tre siamo saliti dal Lucomagno al Pizzo Scopi passando dalla cima P.3086m del Pizzo del Corvo, tramite un traverso nel versante S dello Scopi. Per lo Scopi abbiamo scalato la breve e piacevole cresta S. Solo 2 di noi hanno completato le cime, la terza persona (Deborah) si è fermata, a causa della mancanza di condizione fisica, nel tentativo accedere direttamente in solitario alla più vicina vetta della Scopi. Per lei si tratta della prima volta a 3000m e su terreni misti.
Lo Scopi visto dalla cresta SW in mattinata

Commento di

Video: [/drive.google.com/file/d/16rUFJq3EPai0gCSleOnW8gpKJbvm3Rpf/v...]
Dopo il Kastelhorn, raggiunto con Fredy in settembre, e la Grigna Meridionale con Deborah in ottobre, siamo riusciti a riunirci per un bel giro che soddisfacesse tutti.
Fredy viaggia con disinvoltura ed è veloce, Deborah si è approcciata con motivazione, portandosi in alto con noi e tentando un'ascesa in solitaria alla vetta rilevatasi tuttavia troppo difficile.
Ci siamo incontrati a Malvaglia alle 06.00 e siamo partiti dal Lucomagno alle 06.45. Poche centinaia di metri più in basso il termometro segnava meno 4 gradi. Presso il Passo invece il vento inibiva l'irraggiamento notturno mantenendo gli zero gradi. In giornata era previsto un forte riscaldamento in quota. Per noi è stata, come spesso accade, una partenza traumatica. Ben coperti ci siamo incamminati sferzati dal vento e abbiamo seguito il sentiero sopra la galleria. Verso la fine della stessa una traccia si stacca a destra (vedi foto). Fredy avendo scaricato il gpx di

Le cime si illuminano e i frontalini diventano inutili.
In poco tempo, intorno a quota 2300, indossiamo i ramponi, la neve è gelata e il terreno abbastanza ripido da rendere rischioso proseguire solo con le scarpe. Manteniamo la destra per raggiungere in modo diretto la cresta SW. Saliamo in modo lento e regolare, il tratto finale è ripido e alla fine si toccano inevitabilmente molte rocce con i ramponi.
Siamo a 2700 m e sono le 09.30.
Poco prima di toccare la cresta SW

Pausetta e riprendiamo suibito. Percorriamo la cresta baciati dal sole e con il vento divenuto debole o assente.
Deborah soffre l'altitudine, essendo poco abituata, ma ha un buon battito (inferiore a 150/min). È visibilmente affaticata e quindi le porto lo zaino, oltre ad offrirle la redbull, che beve disgustata ma senza opporre troppa resistenza. Questo le permette di volare a quota 3100.
Il paesaggio è ammaliante e lo Scopi ci sovrasta imponente. A quota 2950 m siamo nei pressi di una sella, e vediamo distintamente la parte finale della cresta SW per il Pizzo Scopi.
Calcolando di volerci occupare prima del Corvo (per evitare di disarrampicare la cresta S dello Scopi durante la discesa) riteniamo, di comune accordo con Deborah, di lasciarla riposare. Lei decide di provare a raggiungerci sulla vetta dello Scopi direttamente da SW (avendo a disposizione più tempo). La via vista da sotto appare facile.
Dopo una pausa lasciamo quindi lei indietro e noi ci spostiamo a quota 3000 dove imbocchiamo il traverso sul versante S dello Scopi.
Qui io rischio subito di scivolare e partire: la neve è molto farinosa (non portante) e 20 cm sotto lo strato è liscio, gelato e scivoloso. Nonostante la pendenza sia moderata tengo la piccozza in mano.
Alle 11:25 siamo sulla cresta S e la scena è top. Alle spalle abbiamo la breve scalata per lo Scopi. Davanti a noi la cresta sottile innevata che conduce al Pizzo del Corvo. Da entrambi i lati c'è una certa esposizione. Con concentrazione, seguendo il filo della cresta, siamo sulla vetta denominata Punto 3086. La vera cima del Corvo resta una settantina di metri più in basso e più a sud (e non ci va di scendere per poi risalire).
Brevissima pausa e ripartiamo.
Intanto alla nostra stessa quota ma sulla cresta SW Deborah decide di fermarsi. È in difficoltà. Ci manda alcuni SMS: non abbiamo considerato che le mancasse la dimestichezza con il tipo di terreno (e la condizione). La invitiamo a non scendere da sola.
Ora ci occupiamo dello Scopi. Ma principalmente lo Scopi diventa la strada per compiere la missione di salvataggio della bella escursionista bloccata dall'altra parte.
Crestina N per il Pizzo del Corvo (vista verso S)

Ho la sensazione di essere stato leggero e imprudente. Voglio raggiungere lei. Pertanto vengo pervaso da energie che non credevo di avere. Supero la bestia che finora mi aveva preceduto, Fredy, e attacco la cresta. Da sotto sembra una parete difficile e verticale. Ma si arrampica con facilità, pochi distacchi, molti appigli e una fune per aiutarsi. Il grado lo stimiamo come secondo. Praticamente volo in vetta lasciando indietro il mio amico. Alle 12.30 sono su. Aspetto Fredy e dopo qualche scatto obbligatorio ci ramponiamo nuovamente per scendere.
E qui mi rendo conto che non è uno scherzo. Il pendio è abbastanza ripido, la neve dura e gelata. I ramponi tengono ma anche io ho paura di scivolare lungo un versante punteggiato di rocce affioranti. Pertanto scendo molto lentamente e all'indietro. Fredy è più sicuro e mi supera. Così ci ricongiungiamo alla nostra compagna di avventura e insieme ci rechiamo presso la sella a quota 2950 per mangiare e studiare la discesa.
La discesa sotto quota 2900 ora più facile priva di rocce

Sono le 13.30 ma la sensazione è che siano le 17.00.
Decidiamo di seguire la cresta SW ma poi di piegare a dx nella valle e scendere liberamente nei pendii esposti a N e ben innevati. In questo modo guadagniamo tempo e risparmiamo fatica. La neve ci ammorbidisce il passo e così in poche ore siamo al Lucomagno.
Tappa a Olivone per una meritata birra/cioccolata calda.
Commento di

Impressioni di un'escursionista alla prima esperienza di alpinismo.
Se due baldi giovani si offrono di portarti "a fare un 3000", mica ti puoi tirare indietro. Qualcuno ti dirà che sei coraggiosa, ma in cuor tuo ti senti anche un po' incosciente - nel senso che non sei veramente cosciente di cosa stai per fare. Poi saltano fuori ramponi e piccozza, allora cominci a capire che non sarà una passeggiata. Neve e pendenze vertiginose, dorsali e sassaie insidiose, terreni mai affrontati.
Partenza al buio nel vento gelido del passo del Lucomagno, cose che mettono a dura prova la tua forza di volontà: il pensiero fisso nei primi minuti è stato "sono ancora in tempo per tornare indietro". Improvvisamente, il cielo si schiarisce: l'alba, quel momento che solo in pochi temerari hanno la fortuna di vedere da quassù. I colori nell'aria limpida del mattino sono talmente belli che ti costringono a fermarti per contemplare la meraviglia della natura intorno a te: il lago di un blu così scuro che pare nero, in contrasto netto col bianco purissimo della neve sulle montagne che lo sovrastano, e il cielo così azzurro che promette una splendida giornata di sole. Ma il percorso è ancora lungo e le ore di luce sono poche, quindi si cammina, ininterrottamente, inesorabilmente, un passo dopo l'altro, con ritmo costante e poche parole, che il fiato va risparmiato a queste quote.
Camminare nella neve mi piace, nonostante la ripidità del pendio. Certo, sono facilitata molto dal fatto che Michea e Fredy mi precedono e creano scalini su misura per me, sobbarcandosi un po' di fatica in più per rendermi la vita più facile. Resta il fatto che le gambe e le braccia che mi tirano su per la montagna sono solo le mie e probabilmente sto dando il 110%, bruciando ogni briciolo di energia presente nel mio corpo. Infatti comincio a sentire una certa fame e a quota circa 2600m, dopo quasi 3h di cammino, facciamo una pausa e mangiucchio qualcosa.
Qui le cose iniziano a farsi serie: la quota e lo sforzo appena fatto si fanno sentire e do i primi segni di cedimento. Certi passaggi mi fanno dubitare delle mie capacità e della mia sicurezza. Michea mi porta lo zaino per un po'. Camminiamo un'altra oretta e facciamo un'altra breve pausa in un punto molto panoramico e comodo per la sosta. Chiaramente non ho le forze per fare due cime e non me la sento di affrontare il traverso nella neve verso il Pizzo del Corvo, quindi decidiamo di separarci: la vetta dello Scopì mi sembra raggiungibile, sembra quasi di vedere pure una traccia di sentiero che sale...
Mi avvio baldanzosa: ce la posso fare, ne sono convinta. Ma poi succede qualcosa, sopra i 3000m. Il terreno diventa più difficile, la pendenza aumenta, la quota a cui non sono abituata, la traccia che non si vede, la solitudine, la testa che gira un po' ad ogni minimo sforzo... Provo ad andare avanti lentamente, ma ogni due passi mi devo fermare a riprendere fiato. Non ce la faccio, non ho più le forze né fisiche né mentali per andare avanti. Mi fermo, sulla neve dura, in mezzo al pendio, all'ombra. Valuto la possibilità di tornare indietro ma guardare verso il basso mi fa tremare le gambe: troppo ripido, troppe poche forze. Mi devo spostare, in quella posizione non posso neanche togliermi lo zaino per mettermi il piumino o mangiare qualcosa. Alla mia destra delle rocce. Devo riprendere fiato e spostarmi da lì. Ho bisogno di un contatto umano: posso solo mandare un SMS a Michea e informarlo della mia situazione. Cerco di non farlo preoccupare troppo ma voglio che sia comunque chiaro che sono in difficoltà. Mi risponde di aspettare e mangiare - facile a dirsi...
Siccome per salire non ho le forze e per scendere non ho il coraggio, mi resta solo una possibilità: spostarmi in orizzontale, verso le rocce alla mia destra, sperando di trovare un posto in cui sedermi ad aspettare. Guardo verso il Pizzo del Corvo, vedo i ragazzi e loro vedono me. Fortunatamente c'è un sasso perfetto per sedermi, appoggiare lo zaino in sicurezza, tirare fuori il piumino e cercare di mangiare qualcosa. Ancora non posso dire di sentirmi bene, ma almeno sono al sicuro. Il tè mi scalda ma il panino fa fatica ad andare giù; mi sforzo di mangiarlo lo stesso con la consapevolezza di aver bisogno di energia. Il mio umore è pessimo, i pensieri sono tutti negativi. Resto lì un'oretta prima che i ragazzi mi raggiungano ma quando finalmente sono con me, il mio stato d'animo cambia immediatamente: ritrovo forze e sicurezza in un secondo, mi sento pronta per affrontare la discesa.
...e che discesa! Fredy si lascia scivolare sul sedere per un pezzo di discesa e io lo copio divertita. Ci fermiamo a mangiare nel punto in cui ci eravamo separati e poi proseguiamo il rientro, il peso dei nostri passi attutito dal soffice manto nevoso che rende gradevole anche la discesa (che solitamente mal sopporto). Finita la neve, ci stupiamo tutti e 3 di come ci sembrino le 8 di sera d'estate: il sole ormai basso e le tante ore alle nostre spalle creano questa strana illusione temporale, ma sono solo le 3 del pomeriggio. Il passo del Lucomagno ci accoglie col suo terribile vento gelido e ci affrettiamo alla macchina. Un ultimo sguardo verso le cime che ci hanno ospitato e via verso una meritata tazza di cioccolata calda!
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Dopo l'avventura con Michea al Kastelhorn di metà settembre, con cui mi sono trovato a mio agio, ci voleva un'altra bella giornata in montagna prima di togliere gli sci dal solaio per l'imminente stagione invernale. E con questo tempo meraviglioso non ci si poteva certo tirare indietro!
E' stata l'occasione per conoscere anche Deborah e pure con lei mi sono trovato molto bene. Cos'altro dire oltre a quanto già esposto da Michea e Deborah? Hanno già esposto in dettaglio tutto loro... Una sola parola quindi: FANTASTICO!!!
Grazie per la splendida giornata trascorsa assieme e arrivederci alla prossima.
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