Pizzo di Vogorno (2442 m)
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Il Pizzo di Vogorno è un’ambita montagna piramidale della Verzasca, solcata da una buona varietà di percorsi di salita e con una splendida vista sul Lago Maggiore. Tralasciando gli itinerari più classici, il Brenna nella sua guida ne cita uno per “rudi montanari” che da Lavertezzo raggiunge Laghetto prima di condurre, con esposta traversata, al dimenticato alpeggio di Arpètt. Ma Arpètt è raggiungibile anche dal cuore della Val Carecchio, lungo un tracciato non segnato sulle carte che da Monte della Valle risale l’ombroso e selvaggio versante di Riali. Le informazioni in rete dal sito alpi-ticinesi.ch sono sommarie ma indispensabili per porre le basi dell’esplorazione in questione.
Lasciata l’auto in uno dei pochi spiazzi gratuiti prima di Lavertezzo, mi inoltro in Val Carecchio alla luce della frontale. Il mio scopo è arrivare a Monte della Valle alle prime luci in modo da poter studiare senza errori l’itinerario che mi aspetta al di là del torrente. L’idea non riesce in quanto, ingannato da alcune tracce che portano ad uno spiazzo pulito con numerose piante tagliate, vago inutilmente nel bosco per circa un’ora alla ricerca del percorso. Tornato quindi a Monte della Valle ormai deciso a proseguire sul sentiero segnato per la Bocchetta di Rognoi, individuo alcuni metri più avanti il ponticello da attraversare per raggiungere una baita isolata, dove parte il traverso poco evidente che porta in leggera salita in direzione di Riali. In precedenza ero sommariamente nel posto giusto, ma senza punti di riferimento: ora a guidare la salita in questo tratto c’è un tubo nero dell’acqua, che segue il sentiero fino al crinale di fronte a Riali, a circa 1100 m. Qui abbandono il tubo dell'acqua per salire a sinistra nella ripida faggeta, su vaghe tracce di sentiero abbastanza riconoscibili. A quota 1220 m incontro i ruderi di un alpe sconosciuto che chiamerò Riali. Ai piedi della pietraia soprastante, una traccia evidente mi conduce al torrente che scende dalla quota 1791 m di Arpètt, consentendomi il guado a circa 1270 m. Qui mi tocca districarmi negli arbusti per raggiungere il successivo ruscello che scende dalla quota 1689 m, scorrendo in un canale di roccia attraversabile solo in pochi punti. Appena oltre, mantenendo una direzione di salita SSW (segni di calpestio), cerco di raggiungere l'estremità occidentale delle placche indicate a 1500 m sulla CNS. Alcuni tratti ghiacciati mi obbligano a procedere con attenzione e ad effettuare alcuni aggiramenti, sempre su ripidi pendii, aggrappandomi occasionalmente a ciuffi d’erba e qualche alberello. Proseguendo con stupore tra i cervi in amore e qualche camoscio fuggiasco, rimonto il pendio ora più dolce sino ad incrociare la traccia che arriva da Laghetto a circa 1680 m di quota. Proseguo quindi in falsopiano verso E, raggiungendo in breve il primo gruppo di ruderi a 1689 m. La traversata continua e, su percorso ora ben visibile, giungo sul caratteristico terrazzino sospeso del nucleo principale di Arpètt, ancora in buono stato e con segni di frequentazione tutto sommato recenti. Il sole è finalmente arrivato anche qui e posso goderne il tepore tra i colori dorati dei larici. Purtroppo la pausa è breve vista l’ora tarda e devo infilarmi nuovamente nell’ombroso versante N del Vogorno, dove preferisco ramponarmi: giunto nella conca a NE della costola rocciosa che domina le baite, risalgo dapprima ai piedi della parete e poi mi alzo sotto i contrafforti ghiacciati per gande e prati innevati alla quota 2011 m. Da qui, su vasta pietraia, rientro nel bacino di Arpètt e raggiungo la sella a 2150 m (muro a secco) dove transita il sentiero segnato che sale da Bardughè. La vista improvvisa del lago e di un versante così soleggiato è un’emozione. Aggirato in breve il pendio erboso, eccomi sul percorso bollato con la mole innevata del pizzo proprio di fronte a me. Da qui il percorso è noto e non faccio altro che procedere ramponato sul traverso nella neve fresca fino all’ultimo pendio per la vetta.
E’ trascorsa un’eternità da quando sono partito ma è una soddisfazione essere qui ora, a godermi l’aria tersa e le montagne circostanti, dopo un itinerario così entusiasmante. Il mio desiderio era raggiungere questo pizzo nelle esatte condizioni trovate e con la limpidezza autunnale del Lago Maggiore a deliziare la vista.
Inizio la discesa che sono quasi le 15, ma poco importa e mi concedo un’ulteriore pausa presso il bellissimo alpeggio di Bardughè, dove ho la fortuna di imbattermi poco sotto in un altro gruppo di cervi e in un camoscio a pochi metri proprio sul sentiero e intento a cibarsi di felci. Giunto a Vogorno, percorro rilassato i 4 km di strada asfaltata verso Lavertezzo, mentre cala il giorno sulla bella avventura trascorsa.

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