Cardinello per il Sass Camoscé (cresta ESE) - Alto Lario
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Il Cardinello (2520 m) presenta una lunga dorsale che scende prima verso ESE per poi piegare decisamente a Sud, separando la valle di Camedo dalla valle del Dosso o Magiam. Diversi alpeggi occupavano la parte inferiore di questa dorsale: Rovedo (1202 m) o, in dialetto, Ravé - come indica la mappa di Bruno Mazzoleni - e, più in alto, Mottala di sotto / Motàla zòta (1426 m) e Mottala di sopra / Motàla zùra (1647). Sono luoghi raramente visitati se non da poche persone del posto, non toccati da sentieri ancora in uso.
Più in alto la dorsale diviene più ripida e rocciosa e sale con una serie di elevazioni secondarie - una delle quali è conosciuta localmente con il nome di Sass Camoscé - fino ad esaurire la sua fisionomia in corrispondenza del tracciato dell'Alta Via dei Monti Lariani, alla base del salto di roccia che sostiene i pendii sommitali del Cardinello.
Lo spunto per l'escursione era stata questa foto scattata da
Emanuele80 durante una recente salita al vicino Monte Toresella, in cui si vedeva che la cresta ESE si poteva prestare ad una salita alternativa alla via normale, via che percorrerò al ritorno compiendo così un interessante anello che coniuga la ricerca dei segni minori della passata civiltà alpina con un'interessante e selvatica salita "a vista".
Si tratta potenzialmente di un percorso molto panoramico, in una giornata diversa da quella che ho scelto. D'altra parte era da un po' che avevo progettato questo giro e non avevo intenzione di rimandare ulteriormente...
Annotazioni
Percorso lungo e faticoso. Sulla cresta le difficoltà "obbligatorie" non superano il II grado e si incontrano tracce discontinue di animali. E' comunque richiesta prudenza nella scelta dei passaggi perché basta poco per ritrovarsi su terreno infido ed esposto.
Dai 2000 m in su si presentano diverse vie di fuga a Nord verso la testata della Valle Dermone, dove passa l'Alta Via dei Monti Lariani, ma è possibile anche proseguire lungo la cresta, come fatto in questa occasione, senza incontrare particolari difficoltà.
Da segnalare che ho iniziato la salita della dorsale dall'Alpe Mottala di Sotto per evitare il guado del fiumetto di Camedo. Esiste infatti anche la possibilità di una salita "integrale", partendo dalla confluenza tra il Fiumetto di Camedo e il Liro (in questo modo si ha la possibilità di visitare anche i resti di Rovedo / Ravé) ma la quantità di acqua presente al guado rende questa opzione più adatta ad altri periodi, come constatato in un giro di ricognizione effettuato la settimana precedente. Per chi volesse provare, il bivio per Rovedo (non segnalato) è a circa 890 m di quota sul sentiero ufficiale che dal Ponte di Vincino sale al Rifugio Vincino. Un sentiero evidente traversa a Nord e porta in breve ad un colletto, da cui si può scendere al torrente sia a destra che a sinistra. Non ci sono né ometti né segni di alcun tipo che aiutino nella scelta del punto migliore dove guadare né evidenze di sentiero sulla sponda opposta.
La via normale del Cardinello, percorsa in discesa, può presentare difficoltà di orientamento per cui suggerisco di leggere attentamente le numerose relazioni presenti in rete. Molto facile sbagliare la discesa dalla Bocchetta di Caurit: bisogna abbassarsi leggermente a Est rispetto alla massima depressione della cresta, puntando ad una pietraia in falso piano (ometto) e si volge quindi a Est per scendere a destra di una zona di piodate.
Il percorso
Lasciata l'auto a Pian delle Castagne (890 m, CNS Novina), proseguo sulla rotabile a uso delle baite fino a Monte Caiasco (1003 m), un grande nucleo sparso di baite, ancora in parte utilizzate. La strada continua sterrata fino a La Foppa, dove inizia il sentiero vero e proprio, che seguo fino al Ponte di Madri (1185 m).
Attraversato il Liro sul manufatto in cemento, prendo il sentiero che percorre verso Sud la destra idrografica della valle principale. Superato un torrente laterale che scende con numerosi salti, salgo la costa successiva, incontrando subito il sentiero per Mottala, segnalato da tagli. Il percorso, non sempre evidente, corrisponde grosso modo al tracciato sulla CNS: sale in diagonale verso Sud Est, supera due canalini, sale quindi a tornanti in una zona con grandi faggi e, con un traverso, raggiunge i resti di Mottala di Sotto, situati sulla dorsale principale esattamente dove finisce il bosco e iniziano i prati: un recinto per gli animali, due piccoli ruderi senza più copertura e un abbeveratoio in sasso sorprendentemente poco profondo.
Salgo direttamente la ripida dorsale erbosa fino ad una sorta di torretta (viste le dimensioni, mi sembra riduttivo parlare di ometto..), che segnala la presenza di Mottala di Sopra, i cui resti azzerati si trovano qualche decina di metri a Nord, in un punto pianeggiante. Da qui in avanti è tutto un salire a vista, anche se nella giornata odierna quello che si vede in realtà è molto poco...
Aggirate le prime paretine mi porto, sul versante Ovest, sotto dei denti di roccia. Mi affaccio da un intaglio sul versante opposto. Canaloni selvaggi e strane forme che emergono dalla nebbia, camosci in fuga, tracce evanescenti tra i mirtilli: la montagna può essere anche più suggestiva in una giornata come questa...
Dopo avere aggirato un dente della cresta a Est, mi riporto sui ripidi pendii erbosi a Ovest e guadagno un ampio colletto dove convergono tracce di animali: sicuramente questo è il primo passaggio per chi vuole abbandonare la cresta e andare a cercare il sentiero in Val Dermone.
Decido di salire ancora sul colmo, a tratti ripido ma ampio, misto di erba e roccette. Procedo col fiato sospeso perché non ci sono più tracce e questo potrebbe preludere ad un ostacolo, un intaglio ad esempio...
Guadagno così la sommità arrotondata del Sass Camoscé (2233 CNS), da cui purtroppo non si vede nulla del percorso fatto. Oltre questo risalto la cresta si abbassa di pochi metri: non c'è il temuto intaglio ma un breve tratto affilato, che si lascia superare agevolmente traversando sul versante Est. La nebbia si dirada per qualche minuto e mi lascia intravvedere la vernice dell'Alta Via ma in mezzo c'è un ripido imbuto di neve marcia da attraversare. Molto meglio riprendere il filo, roccioso ma facile, che mi porta in breve ad incrociare l'Alta Via nel punto in cui passa dal versante della Val Dermone a quello di Camedo (I Nàav 2369 m sulla mappa di Bruno di Mazzoleni).
La cresta percorsa qui pare terminare contro la parete che sostiene i pendii sommitali del Cardinello. Seguo brevemente i segnavia verso Ovest fino ad incrociare due escursionisti che si sono persi nella nebbia. Stanno cercando la via normale per il Cardinello e sono arrivati dal versante di Camedo. Illustro il mio proposito e li invito a seguirmi su una traccia che sale in diagonale da destra a sinistra per valicare una costa rocciosa rivolta verso Sud. Dove la traccia supera la nervatura per entrare nel versante SO del Cardinello, mi arrampico sulla ripida costa a blocchi mentre gli altri si spostano leggermente nel versante SO, caratterizzato da terreno meno pendente, misto di piodate ed erba. Arrivo finalmente in cima, che purtroppo non permette di vedere nulla del panorama per cui è famosa, stanco ma soddisfatto (6:30 dalla partenza).
La minaccia di pioggia mi suggerisce di limitare la permanenza al minimo: un boccone di pane, due sorsi d'acqua, e mi avvio subito in discesa lungo la cresta Ovest della Via Normale. Un po' di neve residua richiederebbe l'uso dei ramponi ma il tratto è talmente breve che mi risparmio il cambio e cerco di sopperire con un sovrappiù di cautela.
Come detto in premessa, in assenza di neve, non ci sono difficoltà vere e proprie se non quelle legate all'orientamento, finché non si raggiungono i segni di vernice dell'Alta Via.
Trovati quelli, bisogna solo mettere in conto che sarà un rientro molto lungo (circa 4 ore, compresa una sosta per una frugale merenda all'Alpe Malpensata).
Più in alto la dorsale diviene più ripida e rocciosa e sale con una serie di elevazioni secondarie - una delle quali è conosciuta localmente con il nome di Sass Camoscé - fino ad esaurire la sua fisionomia in corrispondenza del tracciato dell'Alta Via dei Monti Lariani, alla base del salto di roccia che sostiene i pendii sommitali del Cardinello.
Lo spunto per l'escursione era stata questa foto scattata da

Si tratta potenzialmente di un percorso molto panoramico, in una giornata diversa da quella che ho scelto. D'altra parte era da un po' che avevo progettato questo giro e non avevo intenzione di rimandare ulteriormente...
Annotazioni
Percorso lungo e faticoso. Sulla cresta le difficoltà "obbligatorie" non superano il II grado e si incontrano tracce discontinue di animali. E' comunque richiesta prudenza nella scelta dei passaggi perché basta poco per ritrovarsi su terreno infido ed esposto.
Dai 2000 m in su si presentano diverse vie di fuga a Nord verso la testata della Valle Dermone, dove passa l'Alta Via dei Monti Lariani, ma è possibile anche proseguire lungo la cresta, come fatto in questa occasione, senza incontrare particolari difficoltà.
Da segnalare che ho iniziato la salita della dorsale dall'Alpe Mottala di Sotto per evitare il guado del fiumetto di Camedo. Esiste infatti anche la possibilità di una salita "integrale", partendo dalla confluenza tra il Fiumetto di Camedo e il Liro (in questo modo si ha la possibilità di visitare anche i resti di Rovedo / Ravé) ma la quantità di acqua presente al guado rende questa opzione più adatta ad altri periodi, come constatato in un giro di ricognizione effettuato la settimana precedente. Per chi volesse provare, il bivio per Rovedo (non segnalato) è a circa 890 m di quota sul sentiero ufficiale che dal Ponte di Vincino sale al Rifugio Vincino. Un sentiero evidente traversa a Nord e porta in breve ad un colletto, da cui si può scendere al torrente sia a destra che a sinistra. Non ci sono né ometti né segni di alcun tipo che aiutino nella scelta del punto migliore dove guadare né evidenze di sentiero sulla sponda opposta.
La via normale del Cardinello, percorsa in discesa, può presentare difficoltà di orientamento per cui suggerisco di leggere attentamente le numerose relazioni presenti in rete. Molto facile sbagliare la discesa dalla Bocchetta di Caurit: bisogna abbassarsi leggermente a Est rispetto alla massima depressione della cresta, puntando ad una pietraia in falso piano (ometto) e si volge quindi a Est per scendere a destra di una zona di piodate.
Il percorso
Lasciata l'auto a Pian delle Castagne (890 m, CNS Novina), proseguo sulla rotabile a uso delle baite fino a Monte Caiasco (1003 m), un grande nucleo sparso di baite, ancora in parte utilizzate. La strada continua sterrata fino a La Foppa, dove inizia il sentiero vero e proprio, che seguo fino al Ponte di Madri (1185 m).
Attraversato il Liro sul manufatto in cemento, prendo il sentiero che percorre verso Sud la destra idrografica della valle principale. Superato un torrente laterale che scende con numerosi salti, salgo la costa successiva, incontrando subito il sentiero per Mottala, segnalato da tagli. Il percorso, non sempre evidente, corrisponde grosso modo al tracciato sulla CNS: sale in diagonale verso Sud Est, supera due canalini, sale quindi a tornanti in una zona con grandi faggi e, con un traverso, raggiunge i resti di Mottala di Sotto, situati sulla dorsale principale esattamente dove finisce il bosco e iniziano i prati: un recinto per gli animali, due piccoli ruderi senza più copertura e un abbeveratoio in sasso sorprendentemente poco profondo.
Salgo direttamente la ripida dorsale erbosa fino ad una sorta di torretta (viste le dimensioni, mi sembra riduttivo parlare di ometto..), che segnala la presenza di Mottala di Sopra, i cui resti azzerati si trovano qualche decina di metri a Nord, in un punto pianeggiante. Da qui in avanti è tutto un salire a vista, anche se nella giornata odierna quello che si vede in realtà è molto poco...
Aggirate le prime paretine mi porto, sul versante Ovest, sotto dei denti di roccia. Mi affaccio da un intaglio sul versante opposto. Canaloni selvaggi e strane forme che emergono dalla nebbia, camosci in fuga, tracce evanescenti tra i mirtilli: la montagna può essere anche più suggestiva in una giornata come questa...
Dopo avere aggirato un dente della cresta a Est, mi riporto sui ripidi pendii erbosi a Ovest e guadagno un ampio colletto dove convergono tracce di animali: sicuramente questo è il primo passaggio per chi vuole abbandonare la cresta e andare a cercare il sentiero in Val Dermone.
Decido di salire ancora sul colmo, a tratti ripido ma ampio, misto di erba e roccette. Procedo col fiato sospeso perché non ci sono più tracce e questo potrebbe preludere ad un ostacolo, un intaglio ad esempio...
Guadagno così la sommità arrotondata del Sass Camoscé (2233 CNS), da cui purtroppo non si vede nulla del percorso fatto. Oltre questo risalto la cresta si abbassa di pochi metri: non c'è il temuto intaglio ma un breve tratto affilato, che si lascia superare agevolmente traversando sul versante Est. La nebbia si dirada per qualche minuto e mi lascia intravvedere la vernice dell'Alta Via ma in mezzo c'è un ripido imbuto di neve marcia da attraversare. Molto meglio riprendere il filo, roccioso ma facile, che mi porta in breve ad incrociare l'Alta Via nel punto in cui passa dal versante della Val Dermone a quello di Camedo (I Nàav 2369 m sulla mappa di Bruno di Mazzoleni).
La cresta percorsa qui pare terminare contro la parete che sostiene i pendii sommitali del Cardinello. Seguo brevemente i segnavia verso Ovest fino ad incrociare due escursionisti che si sono persi nella nebbia. Stanno cercando la via normale per il Cardinello e sono arrivati dal versante di Camedo. Illustro il mio proposito e li invito a seguirmi su una traccia che sale in diagonale da destra a sinistra per valicare una costa rocciosa rivolta verso Sud. Dove la traccia supera la nervatura per entrare nel versante SO del Cardinello, mi arrampico sulla ripida costa a blocchi mentre gli altri si spostano leggermente nel versante SO, caratterizzato da terreno meno pendente, misto di piodate ed erba. Arrivo finalmente in cima, che purtroppo non permette di vedere nulla del panorama per cui è famosa, stanco ma soddisfatto (6:30 dalla partenza).
La minaccia di pioggia mi suggerisce di limitare la permanenza al minimo: un boccone di pane, due sorsi d'acqua, e mi avvio subito in discesa lungo la cresta Ovest della Via Normale. Un po' di neve residua richiederebbe l'uso dei ramponi ma il tratto è talmente breve che mi risparmio il cambio e cerco di sopperire con un sovrappiù di cautela.
Come detto in premessa, in assenza di neve, non ci sono difficoltà vere e proprie se non quelle legate all'orientamento, finché non si raggiungono i segni di vernice dell'Alta Via.
Trovati quelli, bisogna solo mettere in conto che sarà un rientro molto lungo (circa 4 ore, compresa una sosta per una frugale merenda all'Alpe Malpensata).
Tourengänger:
atal

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