Monts Rouges (3314 m)

I Monts Rouges sono un caso eccezionale: il Brandt, per loro, dà due vie di accesso – la cresta N (PD) e quella S (AD) – ma si dimentica completamente del versante E, decisamente più facile delle vie che cita. Fino a qualche mese fa, conoscendo solo le prime due vie, non li avevo presi in considerazione. Poi, un giorno leggo su camptocamp di una scialpinistica lungo il suddetto versante. Vado a studiare le pendenze ed effettivamente, come mostra una foto sul loro sito, c’è una fascia piuttosto vasta con pendenze modeste che corre parallela alla cresta (una sorta di mega-cengia) fin sotto alla vetta. Su HIKR, una sola relazione, gradata T4. Tutto sembra quadrare.

Al primo giorno delle mie vacanze vallesane, eccomi dunque ad Arolla per andare a provare questo (facile) tremila. Parto con la frontale. Sul versante di fronte al mio, una mezza dozzina di “luci nel buio”: due cordate, direi, che stanno andando a fare la cresta della Dent de Tsalion, una via classica di arrampicata. Per arrivare a Les Fontanesses non c’è fretta, posso benissimo seguire la (comoda) strada sterrata. Giunto in prossimità dell’arrivo dello skilift, viro in direzione del mio versante, che adesso a poco a poco incomincia ad essere ben visibile, illuminato dal sole. Per la salita, cerco di seguire quel “curvone” ideale di minima pendenza e tutto fila perfettamente fin sotto alla vetta. Lì la pendenza aumenta, ma rimane assolutamente gestibile. Il terreno è divertente, su pietre di media dimensione, perfettamente stabili. Arrivato a pochissimi metri dalla vetta, la brutta sorpresa: questa è formata da un ammasso roccioso che sembra impossibile da scalare in sicurezza e con le mie (scarsissime) capacità. Ci giro attorno alla ricerca di un passaggio “facile”, ma niente. A N decisamente no, ma neanche da S mi piace. C’è un cavo d’acciaio che corre lungo la cresta, apparentemente attaccato al pilone (della meteo? Boh!), ma direi che non è proprio il caso affidarsi ad esso. Mando un SMS a casa dicendo che rinuncio alla cima e punto (magari) alla Roussette. Poi, all’improvviso, decido di fare un ultimo tentativo. Ritorno nel primo punto che avevo scartato. Provo a forzare il passaggio. Lentamente. Gli appigli non sono un granché, ma riesco in qualche modo a venirne fuori. Sono in vetta, sono in vetta! Vorrei avere con me la mia mezza corda per fare una doppia (lo, sono solo sì e no 5 metri di “salto” e sotto non c’è propriamente il vuoto, però l’idea non mi fa stare del tutto tranquillo), ma non avrei mai immaginato che mi sarebbe servita (doveva essere semplicemente una via su un ghiaione, non una cresta!). D’altra parte, una corda andrebbe (quasi) sempre portata con sé… Ad ogni modo, con estrema lentezza disarrampico. Per l’ultimo passaggio dopo vari tentativi di trovare degli appigli sicuri, decido di saltare giù. Non ci sono (grandi) pericoli, atterro ed ora son tranquillo! Da qui in poi la discesa è (sostanzialmente) una passeggiata. Mi fermo a mangiare al laghetto a quota 2900, immagino un invaso artificiale per l’innevamento artificiale delle piste da sci. Per la discesa calzo le scarpette e mi concedo un “diversivo”, passando dal col de la Forclette (una volta, La Forcla) ed avventurandomi in un vallone con qualche traccia di sentiero, per il resto orientamento “a vista”.

Bene, parto con una vetta (bella e sconosciuta) al primo tentativo, ci sono le premesse per una buona stagione!