Tàverna - Bassa Ossola
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Un esposto calpestio attraversa la destra idrografica del Valon da Migiandon, passando dal Casot del Casciadur (IGM 1230 m), rudere abbandonato da chissà quanto tempo al centro di un versante troppo ripido per il pascolo, ma non c'è più un vero e proprio sentiero che conduca fino a Tàverna, il più scomodo e appartato tra gli Alpi di Migiandone.
La IGM indica un gruppo di rovine più basso, senza quota e senza nome, situato all'incirca dove troveremo i ruderi, ma "Taverna" appare riferito ad un nucleo più alto, con la quota di 1521 m, dove però non troveremo nulla.
Sulla mappa dipinta dell'Alpe Campaccio, Tàverna invece è in basso mentre in alto è riportato Ecalti, un alpe che si può raggiungere più comodamente con una breve discesa dalla zona dell'Alpe Rossombolmo, che è ancora utilizzato e raggiunto da un nastro d'asfalto.
Avvertenze
Il percorso di andata si svolge su tracce e sentieri esposti che, nel migliore dei casi, sono segnalati da qualche taglio.
Il passaggio della frana avviene su detrito instabile con pericolo di caduta massi dall'alto. Sopra la frana si sale a vista su pendii ripidi che, in queste condizioni, rendono consigliabile l'uso dei ramponi.
Rientro su facili sentieri.
Andata
Con Ferruccio e Francesco parto ancora una volta da Gabbio di Migiandone. Per il percorso fino all’Alpe Spighi, rimando alla prima puntata della serie (link).
In questo caso abbiamo fatto una piccola variante: da Bufferun, anziché salire a Cinambodo, abbiamo traversato a Est, su resti di sentiero, fino ai ruderi di Casa Pissi. Siamo saliti quindi sulla verticale delle rovine fino alla base delle rocce, dove abbiamo imboccato l’esposta traccia di animali che percorre il grund in direzione ovest. Sul primo tratto del traverso non ci sono tagli. Questi fanno la loro comparsa quando si arriva sulla verticale di Cinambodo e ci si ricongiunge al percorso della prima volta.
Per il Pass del Vadet saliamo quindi sopra la parete e raggiungiamo nuovamente le rovine dell'Alpe Auliga (situato dove la carta IGM e le mappe derivate indicano erroneamente Pacusboda) e quindi, traversando sull'ardito sentiero noto dalla precedente visita, arriviamo ai ruderi dell'Alpe Spighi.
Dall’Alpe Spighi, si traversa in direzione del Rio Blet e, giunti sul colmo della costa, si sale fino ad incontrare un traccia evidente segnalata da tagli. La traccia assume le sembianze di un sentiero e attraversa in piano il ripido fianco della valle. Superato il Casot dal Casciadur, si giunge al cospetto della frana, visibile anche da lontano (a circa 1250 m di quota). I tagli portano a scendere nel canale principale, nel detrito instabile sotto la frana, che si aggira in senso antiorario. Risaliamo un canalino, dove si trova ancora qualche taglio, e quindi - con percorso libero - il pendio soprastante, giungendo così ai ruderi azzerati di Tàverna (circa 1330 m).
Da quello che si vede sembra che le baite fossero almeno tre. Si tratta sicuramente di un abbandono di vecchia data. D'altra parte è logico che i posti più scomodi, come questo, siano stati i primi ad essere abbandonati.
Dopo una sosta, risaliamo il versante alle spalle delle rovine, incontrando inizialmente dei resti di sentiero e qualche taglio. Il terreno è ghiacciato e ripido e la prudenza suggerisce di calzare i ramponi. Risaliamo il versante con percorso libero fino alla dorsale nei pressi dell'Alpe Rossombolmo, chi su una costa in parte rocciosa, chi nel canale erboso sulla destra. In basso, poco sotto la dorsale, su un ripiano a Est del punto di uscita dal versante, si vedono le rovine di Ecalti.
Giunti sullo spartiacque colpisce il contrasto tra la valle del Rio San Carlo, fortemente antropizzata, e il selvaggio e dimenticato vallone che ci siamo lasciati alle spalle.
Tempo impiegato 5:30, comprese le pause
Ritorno
Camminando lungo l'ampia dorsale, raggiungiamo la Cappella del Buon Pastore, ristrutturata e con bella vista panoramica sui laghi. Anziché imboccare il sentiero principale, puntiamo inizialmente verso la sommità del Rothaora (quota 1565 m) e traversiamo sul suo fianco Est, passando accanto ai ruderi dell'Alpe Fènore, per immetterci su un sentiero segnalato da frecce di plastica rossa. Il percorso tocca il risalto imboscato di Punta Fènore (1435 m) e scende nel bosco sul versante di Ornavasso alla Capanna Legnano.
Qui imbocchiamo il sentiero che traversa a Nord e, giunto sul versante affacciato su Migiandone, scende con ampie svolte, sfruttando in parte i resti di una mulattiera militare. Poco sotto i ruderi dell'Alpe Pacusboda, i segni di vernice più recenti (e un ometto) indirizzano su un percorso che, al termine di un lungo traverso a Est, porta all'Alpe Barumboda, con le sue baite ristrutturate affacciate sui laghi e servite da una jeepabile.
Seguiamo inizialmente la strada sterrata per Ornavasso fino ad un bivio segnalato, dove svoltiamo a Ovest per poi scendere su sentiero alla baita rimodernata dell''Alpe Solitudine, dove inizia un percorso gradinato segnalato da una bollatura gialla (che definire esagerata è un eufemismo…) che in breve porta a Magigè, un'altra baita riattata. Ci spostiamo a Est per imboccare il sentiero che scende, nuovamente in direzione Ovest, all'Alpe Zevi, posto su un pianoro recentemente disboscato e riportato a nuova vita.
Nella precedente visita avevamo incontrato solo i cani (legati) e un asino libero di girovagare. In quest'occasione c'è anche il gentile proprietario. Scopriremo così che "Zevi" è un toponimo Walser con il significato di "laghetto", riferito alla pozza che si crea nel pianoro dell'alpe dopo piogge abbondanti, e verremo a sapere qualche dettaglio sull'identità del committente della mappa dell'alpe Campaccio, a cui va tutta la nostra riconoscenza per avere tramandato la toponomastica della montagna di Migiandone.
Ho parlato di committente e non di autore perché il nostro ha commissionato l'esecuzione della mappa ad un pittore di Marrackech, come si può leggere nella firma dell'opera.
Dopo la piacevole conversazione, prendiamo quindi il sentiero per Migiandone (frecce) noto dalla precedente visita. Questa volta, durante la discesa, Francesco nota sulla sinistra del sentiero, affacciata su un poggio panoramico, la Cappella dla Lanca, che ancora non avevamo visto. Ritorniamo quindi a Migiandone passando dagli alpi Sciuco, La Villa, Campaccio (la baita con la "famosa" mappa...) e, da ultimo, dal Santuario della Madonna dell'Oropa.
Tempo impiegato: circa 3:30
La IGM indica un gruppo di rovine più basso, senza quota e senza nome, situato all'incirca dove troveremo i ruderi, ma "Taverna" appare riferito ad un nucleo più alto, con la quota di 1521 m, dove però non troveremo nulla.
Sulla mappa dipinta dell'Alpe Campaccio, Tàverna invece è in basso mentre in alto è riportato Ecalti, un alpe che si può raggiungere più comodamente con una breve discesa dalla zona dell'Alpe Rossombolmo, che è ancora utilizzato e raggiunto da un nastro d'asfalto.
Avvertenze
Il percorso di andata si svolge su tracce e sentieri esposti che, nel migliore dei casi, sono segnalati da qualche taglio.
Il passaggio della frana avviene su detrito instabile con pericolo di caduta massi dall'alto. Sopra la frana si sale a vista su pendii ripidi che, in queste condizioni, rendono consigliabile l'uso dei ramponi.
Rientro su facili sentieri.
Andata
Con Ferruccio e Francesco parto ancora una volta da Gabbio di Migiandone. Per il percorso fino all’Alpe Spighi, rimando alla prima puntata della serie (link).
In questo caso abbiamo fatto una piccola variante: da Bufferun, anziché salire a Cinambodo, abbiamo traversato a Est, su resti di sentiero, fino ai ruderi di Casa Pissi. Siamo saliti quindi sulla verticale delle rovine fino alla base delle rocce, dove abbiamo imboccato l’esposta traccia di animali che percorre il grund in direzione ovest. Sul primo tratto del traverso non ci sono tagli. Questi fanno la loro comparsa quando si arriva sulla verticale di Cinambodo e ci si ricongiunge al percorso della prima volta.
Per il Pass del Vadet saliamo quindi sopra la parete e raggiungiamo nuovamente le rovine dell'Alpe Auliga (situato dove la carta IGM e le mappe derivate indicano erroneamente Pacusboda) e quindi, traversando sull'ardito sentiero noto dalla precedente visita, arriviamo ai ruderi dell'Alpe Spighi.
Dall’Alpe Spighi, si traversa in direzione del Rio Blet e, giunti sul colmo della costa, si sale fino ad incontrare un traccia evidente segnalata da tagli. La traccia assume le sembianze di un sentiero e attraversa in piano il ripido fianco della valle. Superato il Casot dal Casciadur, si giunge al cospetto della frana, visibile anche da lontano (a circa 1250 m di quota). I tagli portano a scendere nel canale principale, nel detrito instabile sotto la frana, che si aggira in senso antiorario. Risaliamo un canalino, dove si trova ancora qualche taglio, e quindi - con percorso libero - il pendio soprastante, giungendo così ai ruderi azzerati di Tàverna (circa 1330 m).
Da quello che si vede sembra che le baite fossero almeno tre. Si tratta sicuramente di un abbandono di vecchia data. D'altra parte è logico che i posti più scomodi, come questo, siano stati i primi ad essere abbandonati.
Dopo una sosta, risaliamo il versante alle spalle delle rovine, incontrando inizialmente dei resti di sentiero e qualche taglio. Il terreno è ghiacciato e ripido e la prudenza suggerisce di calzare i ramponi. Risaliamo il versante con percorso libero fino alla dorsale nei pressi dell'Alpe Rossombolmo, chi su una costa in parte rocciosa, chi nel canale erboso sulla destra. In basso, poco sotto la dorsale, su un ripiano a Est del punto di uscita dal versante, si vedono le rovine di Ecalti.
Giunti sullo spartiacque colpisce il contrasto tra la valle del Rio San Carlo, fortemente antropizzata, e il selvaggio e dimenticato vallone che ci siamo lasciati alle spalle.
Tempo impiegato 5:30, comprese le pause
Ritorno
Camminando lungo l'ampia dorsale, raggiungiamo la Cappella del Buon Pastore, ristrutturata e con bella vista panoramica sui laghi. Anziché imboccare il sentiero principale, puntiamo inizialmente verso la sommità del Rothaora (quota 1565 m) e traversiamo sul suo fianco Est, passando accanto ai ruderi dell'Alpe Fènore, per immetterci su un sentiero segnalato da frecce di plastica rossa. Il percorso tocca il risalto imboscato di Punta Fènore (1435 m) e scende nel bosco sul versante di Ornavasso alla Capanna Legnano.
Qui imbocchiamo il sentiero che traversa a Nord e, giunto sul versante affacciato su Migiandone, scende con ampie svolte, sfruttando in parte i resti di una mulattiera militare. Poco sotto i ruderi dell'Alpe Pacusboda, i segni di vernice più recenti (e un ometto) indirizzano su un percorso che, al termine di un lungo traverso a Est, porta all'Alpe Barumboda, con le sue baite ristrutturate affacciate sui laghi e servite da una jeepabile.
Seguiamo inizialmente la strada sterrata per Ornavasso fino ad un bivio segnalato, dove svoltiamo a Ovest per poi scendere su sentiero alla baita rimodernata dell''Alpe Solitudine, dove inizia un percorso gradinato segnalato da una bollatura gialla (che definire esagerata è un eufemismo…) che in breve porta a Magigè, un'altra baita riattata. Ci spostiamo a Est per imboccare il sentiero che scende, nuovamente in direzione Ovest, all'Alpe Zevi, posto su un pianoro recentemente disboscato e riportato a nuova vita.
Nella precedente visita avevamo incontrato solo i cani (legati) e un asino libero di girovagare. In quest'occasione c'è anche il gentile proprietario. Scopriremo così che "Zevi" è un toponimo Walser con il significato di "laghetto", riferito alla pozza che si crea nel pianoro dell'alpe dopo piogge abbondanti, e verremo a sapere qualche dettaglio sull'identità del committente della mappa dell'alpe Campaccio, a cui va tutta la nostra riconoscenza per avere tramandato la toponomastica della montagna di Migiandone.
Ho parlato di committente e non di autore perché il nostro ha commissionato l'esecuzione della mappa ad un pittore di Marrackech, come si può leggere nella firma dell'opera.
Dopo la piacevole conversazione, prendiamo quindi il sentiero per Migiandone (frecce) noto dalla precedente visita. Questa volta, durante la discesa, Francesco nota sulla sinistra del sentiero, affacciata su un poggio panoramico, la Cappella dla Lanca, che ancora non avevamo visto. Ritorniamo quindi a Migiandone passando dagli alpi Sciuco, La Villa, Campaccio (la baita con la "famosa" mappa...) e, da ultimo, dal Santuario della Madonna dell'Oropa.
Tempo impiegato: circa 3:30
Tourengänger:
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