Hubschhorn 3192 m, la pietraia infinita
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Per me che tante volte ho transitato per il Simplon Pass, lo Hubschhorn ne è la montagna simbolo.
Imponente, largo, grigio, troneggia dietro l'Ospizio e sembra inacessibile.
Poichè invece esiste una via di salita escursionistica, coinvolgo oggi l'amico Francesco per un tentativo alla vetta.
Alle 7.00 siamo già in moto, dall'Ospizio torniamo indietro qualche decina di metri e intercettiamo sulla sinistra una sterrata che in breve ci conduce al Rotelsee, bello specchio d'acqua di origine glaciale adagiato tra pascoli ancora carichi e rigogliosi.
Osserviamo, in alto, un traliccio della corrente e lo puntiamo su un sentierino ben visibile che sale con pendenze subito importanti.
Dopo il traliccio, compaiono i primi bolli blu, un pò sbiaditi ma ben visibili. Seguendoli raggiungiamo presto un bivio dove occorre girare a destra.
La salita ora è molto decisa, percorriamo una traccia terrosa meravigliosamente immersa tra mirtilli e rododendri che sale in un largo canale.
Alla approssimativa quota di 2500 m, quando sulla sinistra appare un grosso monolite, comincia la pietraia che incombe minacciosa sulle nostre teste. Senza guardare troppo in alto, continuaimo l'impegnativa salita che si svolge su sassi perlopiù stabili ed esce finalmente ad un falsopiano.
I bolli e gli ometti ci indicano la via, ci spostiamo a sinistra e andiamo a costeggiare una bastionata imponente composta da rocce rosse, al termine della quale comincia la cresta vera e propria della montagna.
Qui i bolli tendono a sparire sostituiti da ometti e pietre conficcate in altre pietre. A mio avviso conviene mantenersi sul filo di cresta mai troppo esposto piuttosto che che spostarsi verso il centro della parete come vorrebbero alcune tracce. Questo perchè in quella zona la giogaia è fortemente instabile (testato!!).
Dopo un bel po' arrancare, giungiamo infine sulla larga cima sud quotata 3187 m dove c'è un grande ometto e un panorama magnifico su Gondo, il Boshhorn, il trittico del Sempione e i giganti Vallesani.
Ci prendiamo una buona sosta dopo essere arrivati sin qui in poco più di tre ore e ripartiamo verso la cima principale. La cresta di collegamento è abbastanza larga e mai troppo esposta, occorre tuttavia prestare attenzione nel percorrere i grossi blocchi con diversi saliscendi.
L'ultimo di questi blocchi presenta la difficoltà maggiore e costituisce il passaggio chiave: occorre infatti disarrampicare pochi metri con passi di II grado. Francesco scende con relativa facilità mentre il sottoscritto si esibisce nell'ennesima puntata delle comiche in montagna rimanendo sul passaggio alcuni minuti. La risalita alla croce di vetta è invece elementare ed anche il piano inclinato su cui risiede, piuttosto impressionante visto da lontano, si rivela qui di facile approccio. Naturalmente con neve e ghiaccio le difficoltò su questi tratti si amplificano notelvolmente tanto da indurre certa letteratura a sconsigliarne l'accesso.
Altra super godereccia pausa ad ammirare altre meraviglie tra cui il gruppo del monte Leone, il lontano Bietschhorn, la valle del Rodano e spicchi del ghiacciaio dell'Aletch, quindi via al ritorno.
La risalita del passaggio chiave è ora molto più semplice mentre la discesa per l'infinita pietraia si rivela presto molto stressante, soprattutto per i miei piedi che portano un paio di scarpe nuove e per la mia caviglia sofferente causa sassata. A ciò si aggiunga la mia proverbiale lentezza in discesa ed ecco che il tempo necessario per tornare all'auto (sulla stessa via di salita) è pressochè uguale a quello dell'andata.
Tempi comprensivi di circa trenta minuti di pause totali.
Sviluppo: 9 km; SE: 21 km.
Imponente, largo, grigio, troneggia dietro l'Ospizio e sembra inacessibile.
Poichè invece esiste una via di salita escursionistica, coinvolgo oggi l'amico Francesco per un tentativo alla vetta.
Alle 7.00 siamo già in moto, dall'Ospizio torniamo indietro qualche decina di metri e intercettiamo sulla sinistra una sterrata che in breve ci conduce al Rotelsee, bello specchio d'acqua di origine glaciale adagiato tra pascoli ancora carichi e rigogliosi.
Osserviamo, in alto, un traliccio della corrente e lo puntiamo su un sentierino ben visibile che sale con pendenze subito importanti.
Dopo il traliccio, compaiono i primi bolli blu, un pò sbiaditi ma ben visibili. Seguendoli raggiungiamo presto un bivio dove occorre girare a destra.
La salita ora è molto decisa, percorriamo una traccia terrosa meravigliosamente immersa tra mirtilli e rododendri che sale in un largo canale.
Alla approssimativa quota di 2500 m, quando sulla sinistra appare un grosso monolite, comincia la pietraia che incombe minacciosa sulle nostre teste. Senza guardare troppo in alto, continuaimo l'impegnativa salita che si svolge su sassi perlopiù stabili ed esce finalmente ad un falsopiano.
I bolli e gli ometti ci indicano la via, ci spostiamo a sinistra e andiamo a costeggiare una bastionata imponente composta da rocce rosse, al termine della quale comincia la cresta vera e propria della montagna.
Qui i bolli tendono a sparire sostituiti da ometti e pietre conficcate in altre pietre. A mio avviso conviene mantenersi sul filo di cresta mai troppo esposto piuttosto che che spostarsi verso il centro della parete come vorrebbero alcune tracce. Questo perchè in quella zona la giogaia è fortemente instabile (testato!!).
Dopo un bel po' arrancare, giungiamo infine sulla larga cima sud quotata 3187 m dove c'è un grande ometto e un panorama magnifico su Gondo, il Boshhorn, il trittico del Sempione e i giganti Vallesani.
Ci prendiamo una buona sosta dopo essere arrivati sin qui in poco più di tre ore e ripartiamo verso la cima principale. La cresta di collegamento è abbastanza larga e mai troppo esposta, occorre tuttavia prestare attenzione nel percorrere i grossi blocchi con diversi saliscendi.
L'ultimo di questi blocchi presenta la difficoltà maggiore e costituisce il passaggio chiave: occorre infatti disarrampicare pochi metri con passi di II grado. Francesco scende con relativa facilità mentre il sottoscritto si esibisce nell'ennesima puntata delle comiche in montagna rimanendo sul passaggio alcuni minuti. La risalita alla croce di vetta è invece elementare ed anche il piano inclinato su cui risiede, piuttosto impressionante visto da lontano, si rivela qui di facile approccio. Naturalmente con neve e ghiaccio le difficoltò su questi tratti si amplificano notelvolmente tanto da indurre certa letteratura a sconsigliarne l'accesso.
Altra super godereccia pausa ad ammirare altre meraviglie tra cui il gruppo del monte Leone, il lontano Bietschhorn, la valle del Rodano e spicchi del ghiacciaio dell'Aletch, quindi via al ritorno.
La risalita del passaggio chiave è ora molto più semplice mentre la discesa per l'infinita pietraia si rivela presto molto stressante, soprattutto per i miei piedi che portano un paio di scarpe nuove e per la mia caviglia sofferente causa sassata. A ciò si aggiunga la mia proverbiale lentezza in discesa ed ecco che il tempo necessario per tornare all'auto (sulla stessa via di salita) è pressochè uguale a quello dell'andata.
Tempi comprensivi di circa trenta minuti di pause totali.
Sviluppo: 9 km; SE: 21 km.
Tourengänger:
rochi

Communities: Hikr in italiano, Alpinismo Cabaret!
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Kommentare (14)