Pizzo Camino Ossolano; BUON 2016 a tutti!!!!!!!
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Per la tradizionale gita di fine anno scelgo il Pizzo Camino e coinvolgo l'amico Francesco.
Nonostante la quota modesta, questa montagna non è banale e la seguente relazione tenterà di dimostrarlo.
E' ancora buio pesto quando partiamo dal parcheggio delle gallerie Enel, a Fomarco, sopra Pedimulera.
Torniamo indietro per pochi metri su asfalto e la lampada frontale intercetta il cartello segnavia. Il sentiero entra immediatamente nel bosco e lo risale con pendenze significative. A causa dell'oscurità e delle numerose foglie secche a coprire le tracce, ben presto perdiamo la retta via e ci ritroviamo a vagare su pendii. Su questi arranchiamo e con un po' di fortuna perveniamo all'Alpe Villa dove ritroviamo il tratturo ufficiale che rientra nel bosco e giunge a un bivio. Sia a destra che sinistra è possibile proseguire per la nostra meta. Scegliamo a sinistra senza una ragione evidente e transitiamo per l'alpe Pozzuolo. Superatala, incontriamo la ponderale privata che ci conduce alla bella alpe Prà, fuori dal bosco e magnificamente affacciata su tutta l'Ossola.
Più in alto si vedono le baite del Ghiaccio, tuttavia scegliamo di proseguire a destra immettendoci su un lungo traverso ascendente che circumnaviga la cima Strighet e giunge ad un ulteriore alpeggio dove un cartello indica "La Rocca"(forse alpe Marmazzuolo superiore).
Seguendo tracce di sentiero non sempre evidente puntiamo all'omone situato in alto all'altezza dell'evidente sella Strighet. La salita è piuttosto faticosa e resa pericolosa dalla galaverna che in questo versante nord ricopre interamente l'erba secca.
Alla sella il panorama è già impressionante sull'intero arco alpino e sulle vicine cime. In lontananza si vede la croce di vetta del Camino e dunque partiamo di buona lena ad affrontare l'infinita cresta. Il primo tratto è particolarmente impegnativo perché si transita su traversi strettissimi, spesso franati e paurosamente esposti sui cinquecento metri di vuoto sottostante. Passati sul versante della Val Anzasca, la situazione migliora e il tracciato si lascia camminare in scioltezza sino a una fascia rocciosa molto vertiginosa che superiamo con l'aiuto di una catena. Arriviamo finalmente alle pendici del Camino che sembra molto vicino ma è solo un'illusione ottica. Occorre infatti risalire altri duecentocinquanta metri di dislivello su terreno non sempre agevole. Finalmente, dopo quattro ore e mezza abbondanti, tocchiamo la croce di vetta e ci concediamo una meritata pausa pranzo davanti allo spettacolo del Monte Rosa e dei giganti del Vallese che sembrano a portata di mano. Facciamo anche il solito selfie celebrativo che, essendo scattato agli sgoccioli dell'anno, sarà qu indi utilizzato come biglietto d'auguri per quello a venire.
Sapendo la lunghezza del percorso, ripartiamo senza indugi sulla via dell'andata ma una qualche distrazione causata da gioiose chiacchere ci porta fuori traccia. Dotati di buona dose d'incoscienza, invece di tornare sui nostri passi decidiamo per una discesa mozzafiato su pendii a cinquanta gradi cosparsi di erba secca e scivolosa. Rintracciamo finalmente un qualcosa di simile ad un sentiero e decidiamo di seguirlo verso sinistra camminando in modo precario sotto quella che immaginiamo sia la cima. Cammina cammina, usciamo finalmente in alto sulla via principale e realizziamo la perdita di almeno un'ora.
Sulle nostre tracce, di buona lena quando possibile ripercorriamo la cresta sin prima della cima Strighet. Qui Francesco nota un sentiero che si sposta verso destra e sembra puntare le baite sottostanti del Ghiaccio. Una guida escursionistica che abbiamo con noi ci conferma l'ipotesi e decidiamo l'azzardo che si rivelerà azzeccato perché questo taglio senza la circumnavigazione dell'andata ci porterà a risparmiare parecchio tempo, forse un'ora.
Giunti al Ghiaccio, scendiamo rapidi alla sottostante alpe Prà, proseguiamo sulla ponderale e al primo tornante ci immettiamo nel bosco. In questo incredibile ambiente color rame scendiamo con frequenti scivoloni (ma traccia evidente) sino all'alpe Giachett dove troviamo le uniche due persone di giornata (per il resto, qualche capra). Con buone indicazioni continuiamo a scendere e, dopo nove abbondanti ore di montagne ritroviamo l'auto ad attenderci solitaria.
Dislivello comprensivo di saliscendi anche dovuti agli sbagli. Inutile dirlo, tracciato sino in vetta completamente sgombro dalla neve!
Tempi comprensivi di un'ora complessiva di pausa.
Sviluppo: 16 km circa; Se. 33 km circa.
Nonostante la quota modesta, questa montagna non è banale e la seguente relazione tenterà di dimostrarlo.
E' ancora buio pesto quando partiamo dal parcheggio delle gallerie Enel, a Fomarco, sopra Pedimulera.
Torniamo indietro per pochi metri su asfalto e la lampada frontale intercetta il cartello segnavia. Il sentiero entra immediatamente nel bosco e lo risale con pendenze significative. A causa dell'oscurità e delle numerose foglie secche a coprire le tracce, ben presto perdiamo la retta via e ci ritroviamo a vagare su pendii. Su questi arranchiamo e con un po' di fortuna perveniamo all'Alpe Villa dove ritroviamo il tratturo ufficiale che rientra nel bosco e giunge a un bivio. Sia a destra che sinistra è possibile proseguire per la nostra meta. Scegliamo a sinistra senza una ragione evidente e transitiamo per l'alpe Pozzuolo. Superatala, incontriamo la ponderale privata che ci conduce alla bella alpe Prà, fuori dal bosco e magnificamente affacciata su tutta l'Ossola.
Più in alto si vedono le baite del Ghiaccio, tuttavia scegliamo di proseguire a destra immettendoci su un lungo traverso ascendente che circumnaviga la cima Strighet e giunge ad un ulteriore alpeggio dove un cartello indica "La Rocca"(forse alpe Marmazzuolo superiore).
Seguendo tracce di sentiero non sempre evidente puntiamo all'omone situato in alto all'altezza dell'evidente sella Strighet. La salita è piuttosto faticosa e resa pericolosa dalla galaverna che in questo versante nord ricopre interamente l'erba secca.
Alla sella il panorama è già impressionante sull'intero arco alpino e sulle vicine cime. In lontananza si vede la croce di vetta del Camino e dunque partiamo di buona lena ad affrontare l'infinita cresta. Il primo tratto è particolarmente impegnativo perché si transita su traversi strettissimi, spesso franati e paurosamente esposti sui cinquecento metri di vuoto sottostante. Passati sul versante della Val Anzasca, la situazione migliora e il tracciato si lascia camminare in scioltezza sino a una fascia rocciosa molto vertiginosa che superiamo con l'aiuto di una catena. Arriviamo finalmente alle pendici del Camino che sembra molto vicino ma è solo un'illusione ottica. Occorre infatti risalire altri duecentocinquanta metri di dislivello su terreno non sempre agevole. Finalmente, dopo quattro ore e mezza abbondanti, tocchiamo la croce di vetta e ci concediamo una meritata pausa pranzo davanti allo spettacolo del Monte Rosa e dei giganti del Vallese che sembrano a portata di mano. Facciamo anche il solito selfie celebrativo che, essendo scattato agli sgoccioli dell'anno, sarà qu indi utilizzato come biglietto d'auguri per quello a venire.
Sapendo la lunghezza del percorso, ripartiamo senza indugi sulla via dell'andata ma una qualche distrazione causata da gioiose chiacchere ci porta fuori traccia. Dotati di buona dose d'incoscienza, invece di tornare sui nostri passi decidiamo per una discesa mozzafiato su pendii a cinquanta gradi cosparsi di erba secca e scivolosa. Rintracciamo finalmente un qualcosa di simile ad un sentiero e decidiamo di seguirlo verso sinistra camminando in modo precario sotto quella che immaginiamo sia la cima. Cammina cammina, usciamo finalmente in alto sulla via principale e realizziamo la perdita di almeno un'ora.
Sulle nostre tracce, di buona lena quando possibile ripercorriamo la cresta sin prima della cima Strighet. Qui Francesco nota un sentiero che si sposta verso destra e sembra puntare le baite sottostanti del Ghiaccio. Una guida escursionistica che abbiamo con noi ci conferma l'ipotesi e decidiamo l'azzardo che si rivelerà azzeccato perché questo taglio senza la circumnavigazione dell'andata ci porterà a risparmiare parecchio tempo, forse un'ora.
Giunti al Ghiaccio, scendiamo rapidi alla sottostante alpe Prà, proseguiamo sulla ponderale e al primo tornante ci immettiamo nel bosco. In questo incredibile ambiente color rame scendiamo con frequenti scivoloni (ma traccia evidente) sino all'alpe Giachett dove troviamo le uniche due persone di giornata (per il resto, qualche capra). Con buone indicazioni continuiamo a scendere e, dopo nove abbondanti ore di montagne ritroviamo l'auto ad attenderci solitaria.
Dislivello comprensivo di saliscendi anche dovuti agli sbagli. Inutile dirlo, tracciato sino in vetta completamente sgombro dalla neve!
Tempi comprensivi di un'ora complessiva di pausa.
Sviluppo: 16 km circa; Se. 33 km circa.
Tourengänger:
rochi

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