Alpe e Pizzo Sautì (1677 m) - Corni di Nibbio


Publiziert von atal , 12. April 2014 um 11:29.

Region: Welt » Italien » Piemont
Tour Datum:26 Oktober 2013
Wandern Schwierigkeit: T4+ - Alpinwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: I 
Zeitbedarf: 10:00
Aufstieg: 1500 m
Abstieg: 1500 m
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Si parte da Bettola, frazione di Mergozzo. Per arriavare a Bettola si percorre l'autostrada Genova - Gravellona Toce e la superstrada del Sempione fino all'uscita per Mergozzo. All'uscita prendere la provinciale in direzione Premosello (sx). Parcheggio dall'altro lato della strada subito dopo il ponte sotto la ferrovia.

Il Pizzo Sautì è la cima più alta del Vallone di Bettola, nel cuore dei Corni di Nibbio. Nonostante sia una cima ben visibile da Ornavasso, il nome non appare sulle mappe. Lo troviamo in Valgrande, il libro di Luciano Rainoldi del 1979, che anticipa di qualche anno il ben più noto Valgrande Ultimo Paradiso di Teresio Valsesia, la cui prima edizione è del 1985. Il Rainoldi a sua volta riporta il toponimo nella citazione di un testo del Brusoni scritto per la Rivista Mensile del CAI nel 1891, in cui il Pizzo Sautì viene associato alla quota 1669 m, che la prima carta IGM pone sullo stesso nodo orografico dove le carte successive riportano la quota 1677 m.

Il Brusoni parla di Pizzo Sautì o Piana del Turio (Pizzo Pian del Turio in altri testi dello stesso autore), come se fossero sinonimi, utilizzando un nome della Carta degli Stati Sardi di Terraferma che sembra un'alterazione della Piana del Turi, una dorsale ben più bassa, posta a sud della cresta principale.
Strano, perché da queste parti di piano non c'è proprio nulla...

La Linea Cadorna da Bettola all’Alpe Corte
Il percorso (cartello CAI: A48 Linea Cadorna , più segnaletica in lamiera con indicazioni per Sautì, Rodugno e Orfalecchio) inizia a Bettola, prima che la strada per Mergozzo passi sotto la ferrovia. Si percorre un tratto in piano tra un fondo privato e la ferrovia fino ad un guado cementato seguito da un lavatoio in mezzo a piante di castagno. Dal lavatoio si inizia a risalire il ripido versante seguendo la mulattiera militare della linea Cadorna. La mulattiera è in gran parte inerbita e ci sono molti rovi e altre piante spinose. Tuttavia si riesce a camminare agevolmente sulle pietre ai bordi. E' un percorso sconsigliabile quando fa caldo, perché la quantità di rovi può risultare fastidiosa se si cammina con i calzoncini corti. Inoltre la zona ha fama di essere infestata da zecche e vipere. A fine ottobre non ne ho trovate.

La mulattiera militare è un opera a suo modo imponente e di incredibile e insospettabile collocazione (non sono mai riuscito a individuarla guardando il pendio dal fondovalle ossolano). In alcuni tratti i tornanti si snodano come un nastro ripiegato, sfidando precipizi, sorretti da grandi pietre posate con perizia d'altri tempi. In altri tratti il manufatto è franato e si riduce ad un sentierino. In seguito a questa escursione, mi è capitato di percorrere questa mulattiera altre 3 volte nella stagione invernale e ormai la considero l'"autostrada dei Corni di Nibbio" perché è l'unico modo veloce per accedere al cuore di questi luoghi selvaggi.
 
Dopo pochi minuti la mulattiera si interrompe in corrispondenza ad una cascata che scende dal muraglione soprastante. Pochi metri prima si rimonta il pendio a destra in corrispondenza ad un ometto e si traversa fino a guadare il torrente sopra il salto. Oltre il guado, ci si deve arrampicare sul muraglione sotto un ometto e si riprende la mulattiera. Alla svolta successiva si passa davanti ad un caratteristica postazione costruita alla maniera dei balmi. Verso la fine della mulattiera (1 ora dal parcheggio), in corrispondenza ad un sasso sulla sinistra con un segno di vernice gialla (poggiato su un altro con una freccia verde), si inizia a traversare verso sinistra in direzione dei ruderi dell'Alpe Corte. La segnaletica è costituita da bolli di vernice gialla piuttosto stinta, presenti per lo più sui tronchi e su qualche  roccia, spesso poco visibile. Si arriva in breve ad un punto panoramico con resti di muri a secco, da cui si iniziano a vedere le cime che fanno da corona al vallone di Bettola. La traccia rientra nel bosco e arriva ai ruderi dell’Alpe Corte, con il caratteristico balmo (675 m).

Dall’Alpe Corte alla bocchetta di Sautì
Dall’Alpe Corte il sentiero prosegue traversando a destra nel vallone, con alcuni passaggi in cui la parte calpestabile del sentiero è piuttosto esigua e su terreno umido. Con l'aiuto di alcune attrezzature dall'aspetto poco rassicurante (cavi di acciaio), si perde quota (poche decine di metri) su terreno ripido ed esposto per arrivare sul fondo del vallone che origina dalla bocchetta del Tranquillo (dove un cordino da roccia aiuta in una breve calata scivolosa). Quindi si risale brevemente il greto senza attraversarlo, fino al grande masso erratico con la pleonastica scritta "Acqua". Siamo all’Ör Piccioch (cira 30' dalla fine della mulattiera, 1:30 dal parcheggio). Per individuare il sentiero al ritorno bisogna ricordare che la scritta "Acqua" all'andata viene vista frontalmente. Attraversato il torrente si salgono dei gradini di pietra e si guadagna un costone (pochi metri al di sopra del guado) per poi traversare in discesa (perdendo circa 20 metri di quota) fino al fondo del vallone di Bettola vero e proprio (quello che scende dalla bocchetta di Lavattel), dove si trova un cartello indicatore (meno di 10' dall'Ör Piccioch). Sul fondo del vallone non ci sono scorrimenti d'acqua superficiali ma una grande quantità di massi erratici. Da qui si inizia a risalire il vallone rimanendo sulla sinistra orografica. Dopo circa 40 minuti di risalita, il sentiero traversa a sx, scende sui massi del greto, che si risale per pochi metri, fino ad attraversare in corrispondenza ad un ometto che appare in alto a sinistra. Da qui ha inizio la risalita del versante destro orografico del vallone, con due passaggi scivolosi, dove si trovano delle attrezzature (il primo: cavetto di acciaio, il secondo: un cordino da roccia). La traccia sale ripida fino a passare a sinistra di un anfratto e uscire su una spalla. Subito dopo si entra in un felceto dove non ho visto indicazioni e ho perso circa 30 minuti prima di ritrovare la traccia. Il problema qui è che ci sono felci ed erba schiacciate in diverse direzioni. Dopo vari tentativi ho verificato che la traccia giusta è quella che sale traversando verso destra. In breve si arriva al bivio detto degli Asaa, dove un cartello indica a destra la bocchetta di Lavattel, e a sinistra l'alpe Sautì. Ora nella direzione dell'alpe Sautì si vede un felceto senza alcun segno di passaggio. Per questo mi sono tenuto leggermente più in alto, senza trovare tracce. Ho quindi svoltato a destra ma, così facendo, mi sono immesso nella direzione della bocchetta di Lavattel. Ho avuto la certezza dell'errore commesso solo quando sono arrivato alla frana lungo il percorso per la bocchetta di Lavattel, che è documentata da alcune fonti reperibili in rete. Sono quindi ritornato sui miei passi fino a ritrovare la traccia per Sautì, proprio nella direzione indicata dal cartello. Quindi, arrivati al bivio degli Asaa, bisogna fidarsi ciecamente del cartello, ovvero si deve attraversare il felceto, in leggera discesa, puntando esattamente nella direzione della freccia, anche se sembra che non ci sia un sentiero. L'errore mi è costato circa 40 minuti di cammino in più, tra andata e ritorno dalla zona della frana. In realtà, se non si sbaglia, in soli 5 minuti dal bivio si arriva al guado del Funtanìn, che si attraversa in corrispondenza ad un ramo tagliato con un segno giallo vicino al taglio . Si risale la sponda opposta (cartello indicatore) verso sinistra e si arriva in breve al prato di Sautì che, a dispetto del nome, più che un prato è un ripido boschetto rado dove si cammina su vaghe tracce nell'erba alta. Qui si alternano tratti dove i bollini gialli sui tronchi sono ben visibili e ravvicinati ad altri dove sono piuttosto distanti. Anche qui ad un certo punto non sono stato in grado di individuare il percorso corretto. Alla fine ho recuperato traversando verso destra e sono arrivato all'alpe Sautì in 19' dal Funtanìn (in effetti 15' dovrebbero essere più che sufficienti).
Dall'alpe Sautì si sale alla soprastante balma, dove si trovano ancora attrezzi da lavoro che richiamano un tempo perduto e segni di pernottamenti già collocabili nell’età della plastica. Si riprende il sentiero (cartello indicatore) e si traversa verso sinistra fino ad arrivare al limitare di una pietraia, dove il sentiero svolta e sinistra per poi traversare ancora a destra, sopra la pietraia. La traccia, qui meglio segnalata rispetto alle precedenti zone inerbite, prosegue superando alcuni canalini e risalti rocciosi e attraversando un ruscellamento su rocce. Il tipo di ambiente è simile a quello dei Prati di Ghina che si incontra salendo alle Strette del Casè da Cicogna. Si giunge infine alla bocchetta di Sautì al termine di un ultimo ripido pendio erboso (30 minuti dall'Alpe Sautì).

Dalla Bocchetta di Sautì al Pizzo Sautì (1677 m)
Dalla Bocchetta ho deciso di raggiungere il Pizzo Sautì (senza nome sulle mappe, quota 1677 m). Si tratta della punta, ben visibile dal fondovalle ossolano, che domina l’imbuto erboso dei Prati di Sautì, a sx del Pizzo delle Tre Croci. Sono salito sull’elevazione della cresta a nord della bocchetta (facile), per poi scendere alla sella successiva tenendomi sul lato della Valgrande per pochi metri. Arrivato alla sella, sono passato sul lato di Sautì abbassandomi leggermente per traversare a sinistra sotto una fascia rocciosa e quindi ho raggiunto la cima risalendo un canalino erboso (15 minuti dalla bocchetta di Sautì). Consiglio di salire fino qui perché il panorama è eccezionale.

Per chi vuole tentare la salita al pizzo del Lesino, punto culminante dei Corni di Nibbio, questo è un buon punto di osservazione per il prosieguo dell’itinerario.

Alla fine in totale la salita è durata 5:20 ma il tempo perso per le difficoltà di orientamento è stato di circa 1:20. Quindi un tempo netto di circa 4 ore totali per la bocchetta di Sautì dal fondovalle ossolano mi sembra ragionevole, se si cammina di buon passo usando le assicurazioni presenti nei tratti infidi. Al ritorno, al netto delle soste, ho impiegato 3 ore.

Verso Rodugno...
La bocchetta di Sautì, intesa come il punto della cresta raggiunto dal sentiero, non è il punto più basso tra la q.1677 ed il pizzo delle Tre Croci. Infatti, in direzione del pizzo delle Tre Croci il crinale si abbassa ancora per alcuni metri. Ad ogni modo, per prendere il sentiero che scende verso Rodugno e Orfalecchio, non bisogna portarsi in questo punto più basso: rimanendo sul crinale dove arriva il sentiero da Sautì, guardando verso la Valgrande, pochi metri più in basso si nota una traccia che traversa a sinistra (alla base dell'anticima sud della q.1677) e un tronco con un bollino giallo.
Prima o poi mi piacerebbe tornare da queste parti e provare a raggiungere Rodugno.

Tourengänger: atal


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