Pizzo Lacina - "via normale" da Prata di Vogogna - Valgrande
|
||||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Ritorno sul Pizzo Lacina ma questa volta salgo seguendo la "via normale" da Prata di Vogogna, indicata sulla carta dei sentieri del VCO con la sigla A28.
Il percorso
Mi incammino lungo la via a dx della chiesa e imbocco la strada - inizialmente asfaltata - che sale verso dx. Subito sulla sx si presenta un segno bianco e rosso, ad indicare verosimilmente una scorciatoia che evita parte del tratto asfaltato. Peccato che il sentiero si biforchi immediatamente... Sbagliando, vado a sx e finisco in mezzo all'erba bagnata. Questa sarà la caratteristica dell'escursione di oggi: l'acqua. Anche se non piove, ad ogni foglia e ad ogni stelo sono appese una grande quantità di gocce e il percorso costringe ad uno "struscio" continuo con erba e piante fradice di ogni sorta (in particolare le minute infiorescenze della Luzula Nivea - pianta erbacea abbondantissima nel sottobosco e oggi in piena fioritura - agiscono come delle vere e proprie spugne).
Recupero in breve l'errore fatto seguendo delle tracce di passaggio verso dx. Mi immetto nuovamente sul percorso asfaltato nei pressi di una cappella. Superati gli alpi Sella (320m) e Pianezzo (420m), arrivo ad un cartello indicatore nei pressi dell'Alpe La Quana (450 m). Poco dopo lascio il sentiero segnalato incuriosito da una serie di grossi ometti che portano a inoltrarsi (e inerpicarsi...) tra i terrazzamenti sulla dx, fino ad arrivare ad un pianoro con dei ruderi dove la traccia sembra perdersi. Supero un muretto e ritrovo il sentiero principale all'Alpe Sass Aut (620 m), dove ci sono altri cartelli indicatori. In pochi minuti sono all'Alpe Prasain (826 m), affacciata sulla valle del Rio di Prata. Peccato che oggi sembri di essere in qualche scena di "Gorilla nella nebbia"...
Incoraggiato da un ometto, salgo nell'erba alta a dx del nucleo di ruderi superiore, dove si trova una bella fontana ai piedi di un grande albero dal tronco ricoperto di licheni.
Dirimpetto alla fontana, superando un muretto attraverso un "varco" (poco intuibile perché invaso delle felci, vedere la penultima foto per capire...) e si prosegue diritti, incontrando subito degli ometti in equilibrio su un tronco caduto. In breve si giunge all'ampio pianoro dell'Alpe Pianun (940 m). Ringrazio Gio54 per avermi indicato il nome di questo alpeggio, decisamente interessante per la presenza di un edificio con un lato addossato ad una parete rocciosa e per due vasche (sempre che quella sia stata la loro funzione....) realizzate con 4 lastroni ciascuna (a Sass Aut e a Prasain avevo trovato solo vasche scavate in un unico blocco di roccia).
Questo alpeggio, indicato ma non nominato e non quotato sulla CNS, si presta ad essere confuso l'Alpe La Barca, posto circa 100 m più in basso in direzione O, lungo il sentiero (non segnato sulle carte ma segnalato in loco e documentato da diverse fonti in internet), che traversa da Prasain all'Alpe Marona.
Riprendo il cammino ma non è chiaro dove continui il sentiero. Salgo verso la dorsale e ben presto mi trovo nei pressi di una giavina che tengo alla mia dx.
Come scoprirò poi, durante la discesa, per riprendere il sentiero bisogna ritornare sui propri passi fino all'ultimo tratto in pendenza prima di accedere al pianoro e salire a dx (oppure, arrivando da Prasain, si deve salire sulla sx in corrispondenza ad un grosso ometto ma è difficile dire di quale si tratti, visto che ce ne sono diversi in questo tratto; cfr. terzultima foto...). Da qui in avanti ci si muove nell'erba alta, senza un vero e proprio sentiero, cercando i segni rossi sulle betulle, non sempre ben visibili per chi sale. Non penso sia un caso il fatto che sulla vecchia tavoletta IGM non sia segnato alcun sentiero in questo tratto. Probabilmente l'alpe Morgagno veniva caricata da Genestredo o direttamente da Vogogna e non da Prata.
Si arriva ad un poggio panoramico con un larice e quindi ad un successivo pianoro dove si trova una palina con cartelli indicatori (bivio per l'Alpe Marona). Da qui in avanti l'orientamento è più semplice perché la dorsale è sempre più definita mano a mano che si sale. Si arriva così all'Alpe Morgagno (Murgagn, 1471 m), dove vengo preso d'assedio dalle mosche. Con gli scarponi pieni d'acqua, proseguo lungo la dorsale fino ad un primo salto di roccia, che si supera sulla destra. Continuo mantenendomi più o meno sul filo della cresta (ma il sentiero traversa poco più basso, sempre sul versante Sud) fino ad arrivare alla base di un'altro risalto roccioso, che si supera sempre a dx, uscendo su un canalino erboso molto ripido. Dalla sommità del canalino, pochi passi in cresta e si arriva sulla cima Sud del Pizzo Lacina (1920 m circa secondo il mio altimetro, ma il cartello indica 1930 m, che dovrebbe essere la quota della cima Nord, di poco più alta).
Tempi
4:20 la salita al lordo delle soste per visitare gli alpeggi; 2:30 ore (sempre lorde) la discesa
Il percorso
Mi incammino lungo la via a dx della chiesa e imbocco la strada - inizialmente asfaltata - che sale verso dx. Subito sulla sx si presenta un segno bianco e rosso, ad indicare verosimilmente una scorciatoia che evita parte del tratto asfaltato. Peccato che il sentiero si biforchi immediatamente... Sbagliando, vado a sx e finisco in mezzo all'erba bagnata. Questa sarà la caratteristica dell'escursione di oggi: l'acqua. Anche se non piove, ad ogni foglia e ad ogni stelo sono appese una grande quantità di gocce e il percorso costringe ad uno "struscio" continuo con erba e piante fradice di ogni sorta (in particolare le minute infiorescenze della Luzula Nivea - pianta erbacea abbondantissima nel sottobosco e oggi in piena fioritura - agiscono come delle vere e proprie spugne).
Recupero in breve l'errore fatto seguendo delle tracce di passaggio verso dx. Mi immetto nuovamente sul percorso asfaltato nei pressi di una cappella. Superati gli alpi Sella (320m) e Pianezzo (420m), arrivo ad un cartello indicatore nei pressi dell'Alpe La Quana (450 m). Poco dopo lascio il sentiero segnalato incuriosito da una serie di grossi ometti che portano a inoltrarsi (e inerpicarsi...) tra i terrazzamenti sulla dx, fino ad arrivare ad un pianoro con dei ruderi dove la traccia sembra perdersi. Supero un muretto e ritrovo il sentiero principale all'Alpe Sass Aut (620 m), dove ci sono altri cartelli indicatori. In pochi minuti sono all'Alpe Prasain (826 m), affacciata sulla valle del Rio di Prata. Peccato che oggi sembri di essere in qualche scena di "Gorilla nella nebbia"...
Incoraggiato da un ometto, salgo nell'erba alta a dx del nucleo di ruderi superiore, dove si trova una bella fontana ai piedi di un grande albero dal tronco ricoperto di licheni.
Dirimpetto alla fontana, superando un muretto attraverso un "varco" (poco intuibile perché invaso delle felci, vedere la penultima foto per capire...) e si prosegue diritti, incontrando subito degli ometti in equilibrio su un tronco caduto. In breve si giunge all'ampio pianoro dell'Alpe Pianun (940 m). Ringrazio Gio54 per avermi indicato il nome di questo alpeggio, decisamente interessante per la presenza di un edificio con un lato addossato ad una parete rocciosa e per due vasche (sempre che quella sia stata la loro funzione....) realizzate con 4 lastroni ciascuna (a Sass Aut e a Prasain avevo trovato solo vasche scavate in un unico blocco di roccia).
Questo alpeggio, indicato ma non nominato e non quotato sulla CNS, si presta ad essere confuso l'Alpe La Barca, posto circa 100 m più in basso in direzione O, lungo il sentiero (non segnato sulle carte ma segnalato in loco e documentato da diverse fonti in internet), che traversa da Prasain all'Alpe Marona.
Riprendo il cammino ma non è chiaro dove continui il sentiero. Salgo verso la dorsale e ben presto mi trovo nei pressi di una giavina che tengo alla mia dx.
Come scoprirò poi, durante la discesa, per riprendere il sentiero bisogna ritornare sui propri passi fino all'ultimo tratto in pendenza prima di accedere al pianoro e salire a dx (oppure, arrivando da Prasain, si deve salire sulla sx in corrispondenza ad un grosso ometto ma è difficile dire di quale si tratti, visto che ce ne sono diversi in questo tratto; cfr. terzultima foto...). Da qui in avanti ci si muove nell'erba alta, senza un vero e proprio sentiero, cercando i segni rossi sulle betulle, non sempre ben visibili per chi sale. Non penso sia un caso il fatto che sulla vecchia tavoletta IGM non sia segnato alcun sentiero in questo tratto. Probabilmente l'alpe Morgagno veniva caricata da Genestredo o direttamente da Vogogna e non da Prata.
Si arriva ad un poggio panoramico con un larice e quindi ad un successivo pianoro dove si trova una palina con cartelli indicatori (bivio per l'Alpe Marona). Da qui in avanti l'orientamento è più semplice perché la dorsale è sempre più definita mano a mano che si sale. Si arriva così all'Alpe Morgagno (Murgagn, 1471 m), dove vengo preso d'assedio dalle mosche. Con gli scarponi pieni d'acqua, proseguo lungo la dorsale fino ad un primo salto di roccia, che si supera sulla destra. Continuo mantenendomi più o meno sul filo della cresta (ma il sentiero traversa poco più basso, sempre sul versante Sud) fino ad arrivare alla base di un'altro risalto roccioso, che si supera sempre a dx, uscendo su un canalino erboso molto ripido. Dalla sommità del canalino, pochi passi in cresta e si arriva sulla cima Sud del Pizzo Lacina (1920 m circa secondo il mio altimetro, ma il cartello indica 1930 m, che dovrebbe essere la quota della cima Nord, di poco più alta).
Il panorama dalla oggi è quasi nullo. Poi, appena ho iniziato a scendere il pizzo Lacina è sparito definitivamente nella nebbia...
Tempi
4:20 la salita al lordo delle soste per visitare gli alpeggi; 2:30 ore (sempre lorde) la discesa
Tourengänger:
atal

Minimap
0Km
Klicke um zu zeichnen. Klicke auf den letzten Punkt um das Zeichnen zu beenden
Kommentare (2)