Pizzo di Madéi / Pizzo Medaro (2551 m)
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Come ogni autunno, sento nascere il richiamo impetuoso della Valle Onsernone. Non ho fatto tante uscite da quelle parti, ma ognuna si è impressa a lettere scarlatte nei miei ricordi. Quella di oggi seguirà senz’altro la stessa sorte, sia per la bellezza della montagna salita e dell’ambiente circostante, sia per il freddo abbraccio dell’inverno che senza nessun preavviso mi è toccato ricevere. Ma così è la vita: dieci giorni fa facevo il bagno nel Lago Maggiore, oggi ho dovuto lottare con ghiaccio, brina e verglas.
Riguardo al Pizzo di Madéi, Giuseppe Brenna afferma: “Nodo orografico e corposa elevazione nel punto d’incontro delle Valli di Vergeletto, Onsernone e Agrasino. È un balcone eccellente su tali conche dalla variegata struttura: ma il panorama si spinge fino al Monte Rosa, alle Alpi Vallesane e al Bernina”.
Ed Ermes Borioli ribadisce: "Si erge alto e massiccio sulla cresta aguzza e dentellata".
È tanto tempo che desidero salire questa montagna: in particolare, vista da Nord (Rosso di Ribia, Pizzo Biela, Strahlbann) ha una forma che non si dimentica, con la sua cresta ESE, la “Cresta di Madéi” che sembra un archetto di violino in tensione. Tensione, naturalmente, verso la cupola di vetta.
Veniamo al percorso: parto più o meno a metà strada tra il Piano delle Cascine e l’Alpe del Casone, in prossimità del P. 1213. Il breve tratto sterrato, permesso al traffico veicolare, è però più adatto a veicoli fuoristrada: nel primo spiazzo possibile parcheggio l’auto e in pochi minuti arrivo al ponticello sul Ribo, dove comincia ufficialmente il sentiero per l’Alpe di Arena.
Salgo ed in breve raggiungo la Capanna Arena. Proseguo poi verso l’Alpe di Madéi passando dentro l’impressionante Buco di Madéi. Qui l’ingegneria alpestre dei nostri antenati ha lasciato una grande opera, perfettamente utilizzabile anche oggi. Già ben prima di raggiungere l’Alpe di Madéi trovo brina e verglas sulle grosse piode di cui è costituito il sentiero: l’attenzione è di rigore; il versante è esposto a Nord e la scivolata è sempre dietro l’angolo.
Subito dopo l’Alpe di Madéi devo prendere una decisione: o il canale a cui avevo originariamente pensato (it. 153 del Brenna “il secondo canale NE”) oppure una salita verso la Cata di Madéi. L’ambiente glaciale e verglassato mi fa temere che il canale non sia particolarmente in buone condizioni, così opto per la Cata di Madéi. La salita è un calvario: sono sempre alla ricerca dell’erba o dei rododendri, per evitare le pietre, sulle quali non si sta in piedi. Mi tengo il più possibile sotto la parete Nord della Goletta di Medaro, dove sfrutto delle cenge erbose leggermente meno brinate di ciò che si trova su terreno aperto. Verso l’alto attraverso il canalone perché dalla parte opposta trapelano alcuni raggi di sole, rendendo così il terreno meno pericoloso.
Arrivo alla Cata di Madéi intirizzito ed impressionato dall’ambiente glaciale appena percorso. Scendo quella cinquantina di metri verso la Loccia Carneria, finalmente baciato dal sole, ed intenzionato a raggiungere la mia meta dalla via più facile.
In realtà so che la Cresta di Madéi non è particolarmente impegnativa (lo si vede anche a occhio), salvo che in un punto, dove c’è un passaggio di III°.
A poco a poco riprendo fiducia (e calore) e mi avvicino alla cresta, restandone però sempre sotto il filo. Quando il muro di roccia sopra di me si spegne, salgo in cresta proprio nel punto in cui, dal versante opposto, sale il canale che avevo in mente di percorrere. Visto dall’alto non sembra niente di difficile: è nelle stesse condizioni della mia via di salita, per cui, eventualmente lo terrò presente per il ritorno. A pochi passi, in direzione opposta a quella della vetta, c’è il famoso passaggio di III° grado, che vado a visionare: non sembra impossibile, ma anche qui se ne parlerà eventualmente al ritorno.
Salgo sulla cresta ESE, la “Cresta di Madéi” (cioè, la sua rimanenza) e la percorro tutta fino alla vetta del Pizzo di Madéi, dove campeggiano una grossa croce ed un altrettanto grosso uomo di vetta di splendida fattura.
Doverosa pausa con magnifico panorama in tutte le direzioni e poi per il ritorno, esclusa la via più facile (la cresta SSW – T3 - che mi porterebbe a perdere troppo dislivello) e la più difficile (la cresta NNW – AD+ - che avrebbe il vantaggio di portarmi subito al sole, ma è fuori dalle mie possibilità); escluso anche il primo canale NE perché glaciale e con cengetta esposta, mi rimane la scelta tra ripercorrere la via dell’andata, restare in cresta con il passaggio di III°, oppure scendere dal secondo canale che, pur glaciale, sembra abbordabile.
Alla fine decido di provare la cresta: il passaggio di III°, andando dal Pizzo di Madéi verso la Cata risulta essere in salita anziché in discesa e questa via mi dà il vantaggio di restare più a lungo sotto i raggi del sole (e al contempo tenere d’occhio il pendio in ombra, per dopo), anziché infilarmi in quella ghiacciaia fin da subito (come sarebbe se scegliessi il canale).
Arrivo all’attacco del muretto. Provo subito la salita dal fianco destro, quello più soleggiato. Ho idea che qui sia un po’ più di III°: mancano gli appigli “decisivi” e verso l’alto è anche un po’ strapiombante. Provo allora direttamente sullo spigolo opposto, quello verso il versante Nord. Qui in effetti ci sono più appigli (per le mani) e più appoggi (per i piedi). In pochi secondi il muretto (“scalando il filo della cresta verticale, a scalini: 6 m circa, III”, Giuseppe Brenna) è superato. Un impegno di brevissima durata se paragonato alla discesa glaciale che mi aspetta dopo la Cata di Madéi.
Per farla breve, dopo aver percorso integralmente la Cresta di Madéi (cresta ESE del Pizzo di Madéi), con anche qualche bella e facile placca, ed aver raggiunto la Cata, scendo molto più a W rispetto alla via dell’andata (per capirci, verso la “d” di “Fornale di Madéi”) limitando al minimo le pietre verglassate. Sempre avendo presente l’obiettivo di evitare i massi, nella parte bassa del canalone mi infilo in un fitto alneto, così in caso di brina posso aiutarmi con i rami degli ontanelli. Grazie a questo percorso selvaggio raggiungo l’Alpe di Madéi con il minimo rischio possibile. Da qui proseguo su sentiero sempre brinato ma quasi pianeggiante, e dopo aver raggiunto la Capanna Arena (qui inclusa una breve pascolata in direzione del Sasso d’Arena), attraverso il sentiero del mattino torno all’auto dove mi aspetta una birra di segale onsernonese, prodotta artigianalmente con arte birraria sopraffina e con acqua di sorgente di Berzona (Onsernone).
Il Pizzo di Madéi si è fatto desiderare a lungo e ha frapposto ostacoli inaspettati (il gelo), ma da oggi, quando lo ammirerò da Nord, lo potrò guardare con altri occhi!
Tempi:
Piano delle Cascine – Pizzo di Madéi : 4 ore e 15’
Pizzo di Madéi – Piano delle Cascine: 3 ore e 30’

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