Punta dello Stambecco (3107 m)
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Dopo il Witenwasserenstock e l’intermezzo forzato sull’Alta Via della Valle Carassina ritengo doveroso provare anche la Punta dello Stambecco. Se non ci provo adesso, rischio che rimanga per sempre nel cassetto delle occasioni perdute. “L’inconfondibile piramide ardita ed elegante” che ha avuto il suo nome direttamente da Giuseppe Brenna è il tremila ticinese con la via normale più difficile sulla carta. Anzi, le due vie normali: l’originaria “Via dello Stambecco” e la brenniana “ Via per Chiara e Marco”; entrambe sono quotate PD+. Il motivo che mi fa inizialmente propendere per la via tracciata dal Maestro è semplice: è la via del Maestro (e già questo sarebbe motivo sufficiente...), ed il tratto alpinistico è più corto - sembrerebbe - rispetto alla via che passa sulla parete Nord. Delle tre relazioni pubblicate in Hikr (di Zaza, di
stellino/
Pippo76 e di
igor) le prime due presentano, come via di salita, la via “per Chiara e Marco”. La terza descrive con belle fotografie l’ascesa e la calata attraverso la cresta S, quotata AD.
Nonostante abbia potuto ammirare la bellezza della “Via dello Stambecco” durante la risalita della conca di Fornee (sia oggi che anche durante l’uscita allo Jut) opto per andare a visionare l’altra, il che mi dà anche l’occasione di transitare sull’ormai mitico Pianoro della Meditazione.
Per tutto quanto attiene all’avvicinamento, rimando alla mia recente relazione sul Piz Jut. Giunto nella conca di Fornee, punto direttamente alla cresta che dalla Cima del Casletto porta al predetto Pianoro. La parte alta di tale cresta è franosa e ripida, e va salita con cautela.
Al Pianoro guardo su; la cresta W della Punta dello Stambecco mette i brividi: rocciosa, esposta, a blocchi verticali. Comunque comincio la salita e poi vedremo…
Risalgo un tratto franoso rimanendo molto vicino alla parete verticale che scende dalla cresta W. La direzione è verso la sella posta a S della cima. Poco prima di arrivarci, mi immetto in un breve canalino sulla sinistra, che va a raggiungere il filo della cresta W.
Il Brenna ora dice (Via per Chiara e Marco): “Si segue poi sempre il filo di cresta, aggirando a sinistra un risalto e scalando un piccolo camino-diedro”.
A parte un infruttuoso tentativo di prendere la cresta W di petto, cioè provando a salire sopra il risalto, troppo verticale ed esposto, torno al punto di uscita in cresta e aggiro il risalto sulla sinistra. C’è un po’ di neve fresca e quindi il passaggio su questa cengetta va fatto con circospezione. Ormai però sono sulla parete N, e pur nella sua ombrosità, e con le sue placche scivolose (c’è anche un po’ di ghiaccio), mi sembra di intravedere un passaggio.
A proposito del versante N il Brenna afferma ancora (Via dello Stambecco): “si risale un pendio molto ripido e franoso, con una specie di canaletto che sbuca proprio a due passi dalla cima (alla sua destra)”.
Ecco, dopo la cengia proseguo ancora un po’ sul versante N e mi immetto successivamente in questo canaletto franoso, da percorrere con attenzione, particolarmente in discesa (gli appigli sono freddi e umidi).
Alla fine del canale c’è una pioda posizionata verticalmente. Se si guarda a sinistra si vede già la croce di vetta. Dal punto di uscita in cresta (W), passo una placca (soleggiata) sul filo – si potrebbe qui anche scendere di alcuni passi sul versante SW ed aggirare la placca – e dopo pochi metri sono sulla vetta della Punta dello Stambecco.
Da quanto descritto si può ben capire come la via che mi ha portato in cima sia una “via combinata”: prima il canalino S, poi un passo sulla cresta W, poi la cengia ed il canale N e poi gli ultimi metri di cresta W. Ritengo corretta la valutazione di PD+, in particolare per il fatto che il versante N rimane in ombra e quindi (indipendentemente dalla neve fresca che ho trovato io) è potenzialmente molto scivoloso. Ma il tutto si risolve in una manciata di minuti.
Naturalmente sono al settimo cielo: questa cima ed il Witenwasserenstock li consideravo degli ostacoli insormontabili ed invece eccomi qua, in vetta, a suggere il nettare di questa visuale indescrivibile. Ora mi appare – a differenza di quanto non era successo sulla cima dello Jut – “la memorabile visione sulla grande colata glaciale del versante settentrionale del Grauhorn”. Indimenticabile.
Sfoglio il libro di vetta: compresa la mia iscrizione e anche quelle di altri noti salitori, sono 33 ascese (alcune multiple; alcune ripetute…; ed alcune molto ripetute, da parte di chi ha messo la croce) a partire dal 2007. Meno di cinque all’anno.
Per il ritorno, ripercorro con prudenza “la via combinata” e, dopo adeguata nuova fermata al Pianoro della Meditazione, approfitto della cresta di discesa per andare a visitare anche – con breve risalita – la Cima del Casletto (bella visuale sulla parte finale della Carassina: la zona della Cappella di Termine e della Capanna Adula CAS).
Successivamente, con breve passaggio in cresta, vado a toccare anche la vetta del Monte Amianto. Scendo poi da un canalino verso Est e, passata una lunga pietraia, riguadagno la parte centrale del catino di Fornee. Da qui, seguendo la via mattutina, torno ai Prati di Compietto, dove mi aspetta l’agognata Weiß.
Non so davvero se la Punta dello Stambecco sia il tremila ticinese più difficile: di impegno ne richiede, certo; ma anche altri ne esigono. Quello che so è che la soddisfazione è senz’altro grande, indipendentemente dalle etichettature.
Tempi:
Prati di Compietto – Punta dello Stambecco, andata: 4 ore
Ritorno, via Cima del Casletto e Monte Amianto: 3 ore e 30’

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